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PIL USA: TROPPO PRESTO PER CANTARE VITTORIA

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Il dato sul Pil americano è sicuramente positivo e si inserisce in un quadro economico in miglioramento, ma pur sempre brutto.

La fiducia dei consumatori, secondo il sondaggio condotto, sia dal Conference Board, che dall’Università del Michingan, è in deciso rialzo negli ultimi mesi. Tuttavia, se si confrontano i due dati con il recente passato, si nota subito come i valori rimangano ancora piuttosto bassi.

Il Philadelphia Fed
ha messo a segno un importante balzo in gennaio, lasciando sperare in un recupero del comparto industriale.

Tali indicazioni potrebbero essere confermate anche dal Chicago PMI (previsto per domani alle 10:00, ora di New York, le 16:00 italiane), l’altro importante indice regionale che stima l’andamento del settore manifatturiero nel distretto di Chicago e che dovrebbe anticipare con buona approssimazione l’ISM relativo al mese di gennaio (Institute for Supply Management), ex NAPM.

Proprio l’ISM, pero’, pur essendo cresciuto in dicembre, battendo le aspettative degli analisti e portandosi a 48,2, continua a rimanere al di sotto della soglia dei 50 punti (indicando contrazione del comparto manifatturiero) da 17 mesi.

La produzione industriale è in calo da quindici mesi consecutivi (se si esclude luglio, in cui rimase praticamente invariata).

Inoltre sappiamo che è venuta meno la convenzione, che definiva una recessione come almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa del Pil.

Infatti, gli economisti hanno fissato all’unanimità l’inizio di questo periodo recessivo nel secondo trimestre 2001, quando la variazione del PIL fu del +0,3%.

Sul dato relativo al Prodotto Interno Lordo ci sono, inoltre, due importanti considerazioni da fare.

Prima di tutto, il Pil e’ stato particolarmente influenzato dai consumi, cresciuti del 5,4% nell’ultimo trimestre dell’anno quando il settore automobilistico, spinto dai finanziamenti a tasso “0”, ha registrato un incremento record delle vendite.

Questo potrebbe provcare una flessione della performance del settore auto per il 2002 e quindi pesare negativamente sul Pil americano di quest’anno che, ricordiamo, e’ composto per due terzi dai consumi.

Inoltre, e’importante sottolineare che molti dati macroeconomici sono sottoposti a revisioni successive e che il dato sul Pil è uno di quelli maggiormente soggetti a essere ritoccato.

Un esempio ci arriva dal recente passato: il primo dato relativo al secondo trimestre 2001 stimò una contrazione del Pil dello 0,4%.

La prima revisione portò il calo all’1,1%. Una seconda revisione all’1,3%.

In conclusione la recessione non può considerarsi conclusa dopo il dato odierno, anche se porta senza dubbio una ventata di ottimismo per il futuro.

*Simone Pierucci e’ analista finanziario per Wall Street Italia.