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PIAZZA AFFARI: LINEE GUIDA PER L’AUTUNNO

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Piazza Affari si fa trovare in una situazione molto delicata alla fine del periodo estivo e gli investitori hanno difficoltà nel comprendere il mercato, le sue prospettive e i settori nei quali investire.

Gli analisti e gli operatori interpellati da Wall Street Italia chiariscono che prima di vedere una svolta e la fine del rallentamento economico dovrà trascorrere almeno un anno; e anche loro ammettono che in questa fase è difficile individuare settori o titoli particolarmente appetibili o con spunti promettenti. Ciò è vero anche se il livello dei prezzi si è fatto invitante. Da gennaio scorso il Mib30 ha perso il 27%. E’ una delle maggiori perdite in Europa, insieme all’indice della borsa svedese, che ha ceduto il 30%.

L’incertezza emerge al momento di indirizzarsi su un titolo o l’altro. Telefonici come TIM o assicurativi come Mediolanum? Energetici come ENI o bancari come San Paolo Imi o BNL? E che dire del Nuovo Mercato?

“Il problema per Piazza Affari in questo momento è che si sono sovrapposti il rallentamento congiunturale e la ricapitalizzazione di Olivetti – dice a Wall Street Italia Attilio Piero Ferrari, amministratore delegato di Arca sgr – perciò ci vuole molta prudenza e la pazienza di attendere la fine del 2002, quando si ipotizza la fine del rallentamento economico. Ma bisogna muoversi con calma: ipotizziamo di avere 100 lire: 40 lire, cioè due quinti, le investirei entro la fine di quest’anno; il resto nel 2002″.

Dopo mesi di caduta, il mercato potrebbe ora aver raggiunto i primi livelli di equilibrio. “Non illudiamoci però – dice a Wall Street Italia Piero Rasini, analista di Banca Popolare di Vicenza – i primi segnali che ci indicheranno che siamo fuori da questa fase di deterioramento economico non arriveranno prima dei prossimi tre mesi”.

Bisogna infatti aspettare che i tagli fiscali e monetari operati negli Usa rispettivamente dall’amministrazione e dalla Federal Reserve diano i suoi frutti. E’ tempo di alcuni mesi. Poi, “se non sopraggiungeranno elementi di deterioramento – dice Rasini – l’economia USA riprenderà a girare, e quella europea a ruota”.

Un altro elemento che gioca a sfavore è il sentiment generale. Come nota Marco Picozzi, gestore di Banca Popolare di Lodi Fondicri, “in questa fase di incertezza è vero che ci sono elementi negativi, che sono già tutti nei prezzi, ma ci sono anche fattori positivi che non vengono ancora giudicati come tali”.

Un esempio? Il livello delle scorte che è molto basso. Ciò, secondo Picozzi e altri analisti, significa che presto, dopo dieci mesi consecutivi di calo della crescita economica USA, arriveranno i primi segnali distensivi, indicatori della ripresa della produzione.

Per ora, visto lo scenario interno e internazionale, alcuni analisti non abbandonerebbero le posizioni difensive: titoli come finanziari, assicurativi, banche, energia (“anche se la variabile del prezzo del petrolio è poco controllabile”, ammette Rasini) dovrebbero essere i più gettonati, alla pari dei bond con scadenza a 7 o a 10 anni.

Secondo l’analista di Popolare Vicenza gli investitori, così armati, dovrebbero attraversare questa fase di incertezza. Semmai, aggiunge Rasini, potrebbe presentarsi un intoppo nelle prime fasi di un futuro rimbalzo; “la gente potrebbe cominciare a vendere per portare a casa un po’ soldi, e l’avvio della ripresa potrebbe essere compromesso”.

Alberto Foà, amministratore delegato di Anima sgr, in qualche modo crede in una ripresa dei telefonici. Uno dei motivi del calo di Telecom Italia e TIM, dice a Wall Street Italia, sta nel fatto che “questi due titoli sono scesi meno di altri nel settore europeo, perchè sono meno indebitati. E ora tocca a loro perdere terreno”.

E’ vero, la vicenda di Pirelli in Olivetti ha gettato scompiglio, e il mercato attende di avere elementi migliori per capire la strategia di Marco Tronchetti Provera; ma è anche vero “che non mi sembra che una Telecom Italia di oggi sia poi così diversa da quella di 18 mesi fa, quando il titolo stava sui massimi”.

Di fatto se un anno e mezzo fa il titolo quotava all’incirca €16, ora quota all’incirca €8. Allo stesso modo, comunque, vanno anche gli altri telefonici europei che navigano peraltro in acque meno tranquille a causa dell’alto livello del loro debito. France Telecom che valeva €300, ora è finita sui €30; Deutsche Telekom da €100 ora è a €15; la stessa TIM ora vale un terzo dei €15 di marzo 2000.

“Oltre a Telecom Italia e TIM – aggiunge Foà – se dovessi costruire un portafoglio metterei sicuramente Pirelli, che ha raggiunto livelli di valutazione interessanti, ma anche Mediobanca e tutti i titoli legati a essa e alla ristrutturazione della sua galassia”.

Poi, riflette ancora Foà, “non dimenticherei Fiat, una società in fase di evoluzione verso un nuovo modello aziendale e che in futuro potrebbe non avere più l’auto nel suo core business. Del resto, mi pare che l’accordo con General Motors da una parte e l’ingresso in Montedison dall’altra lo confermino”.

E per finire, un tuffo nel Nuovo Mercato, dove il gestore individua eBiscom: “una società che ha raccolto capitali nel momento giusto, che si muove bene e che ha dalla sua la banda larga, terreno di sviluppo nel medio periodo. Tiscali? Secondo me è ancora un po’ troppo cara”.

Ancora un gestore: Massimo Trabattoni, responsabile azionario Italia per MPS sgr. “Nel breve – dice a Wall Street Italia – non vedo ancora grossi elementi di speranza, manca ancora una parte di correzione, uno scrollone finale, un po’ di vendite da panico e un’ondata di riscatti da parte dei fondi. Superata quella fase ci sarà un periodo di volatilità con una certa selezione sui titoli”. Per ora, riflette il gestore, il mercato “è ancora ostaggio degli hedge fund, che stiamo vedendo in azione in questo periodo proprio in Italia”.

Trabattoni non nasconde che l’aumento di capitale di Olivetti “peserà come un macigno” ma osserva comunque che tutto il settore delle tlc italiane è condizionato dall’andamento del comparto nel resto d’Europa”. Il problema, conviene con gli altri operatori, è che non si sa quando usciremo da questo momento di empasse, e in questa fase “grandi opportunità non esistono”.

Dovendo individuare qualche settore o qualche titolo, Trabattoni guarda a Mediolanum: “al di là di giornate negative – dice – il titolo ha margini di crescita validi; inoltre il settore assicurativo è in attesa della riforma delle pensioni e ha ancora qualche carta da giocare dopo aver sostanzialmente tenuto in questi mesi di bassa. Bisogna però essere molto selettivi”.

Anche Trabattoni, come Foà, non dimentica Mediobanca, la cui galassia deve ancora trovare un nuovo assetto, con Generali in prima battuta e Hdp a seguire, “ma si tratta di temi comunque speculativi”, dice.

Il comparto dei media, Mediaset in testa, è alle prese con il calo della raccolta pubblicitaria. I difensivi? Quelli italiani hanno prezzi ancora un po’ alti, afferma il gestore.

Picozzi concorda e fa l’esempio di Italgas, ammettendo però che “il titolo resta interessante”.

Tra gli energetici, ENI: “a livello europeo, insieme a Totalfina è il titolo che costa meno; anche se è salito è interessante”. In generale, i titoli petroliferi sono da tenere d’occhio, visto l’andamento medio del prezzo del petrolio”.

Tra i telefonici, in un’ottica di diversificazione del portafoglio, TIM. A questi livelli, nota il direttore investimenti di Popolare Lodi Fondicri, il titolo non è da sottovalutare: ha un debito basso, più basso dei competitor europei, e non ha lock-up in scandenza; inoltre, aggiunge, il titolo è meno esposto in America Latina di quanto non sia, per esempio, la concorrente spagnola.

Tra i bancari, nonostante le recenti bocciature del mercato, Unicredito “che ha ottimi fondamentali”, ma anche San Paolo Imi e BNL, “una banca molto attenta al contenimento dei costi”.

Tra gli assicurativi, Fondiaria, che sfrutta anche l’appeal speculativo sulle voci dell’atteso acquisto da parte di Sai.