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PETROLIO: MERCATO IMPAZZITO. MA E’ COSI’?

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*Michel Girardin è Direttore Investimenti di Union Bancaire Privée. I suoi commenti non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

(WSI) – Il mercato del petrolio è ormai “completamente impazzito”. Lo afferma il segretario generale dell’OPEC Abdullah al-Badri. Risulta però un pò difficile seguirlo quando afferma che l’impennata del prezzo dell’oro nero si spiega con la recessione degli Stati Uniti e il ribasso del dollaro. Una fase di recessione, infatti, vedrebbe piuttosto una riduzione del consumo di
greggio. Quanto alla correlazione negativa tra il petrolio e il dollaro, non è
certamente tanto marcata come quella che c’è tra l’oro e il biglietto verde.

Tuttavia, secondo il segretario generale dell’OPEC, sono soprattutto gli speculatori a contribuire al rialzo dei prezzi. Un’abile manovra del cartello per evitare l’ira dei governi occidentali che vogliono spingerli ad aumentare la produzione? Non solo. Non è necessario una laurea in economia per capire che c’è un problema quando il prezzo di un bene è in rialzo proprio quando l’offerta è superiore alla domanda e le scorte sono in aumento.

Una prima spiegazione viene fornita dalla curva dei prezzi futuri del petrolio.
Quando questi supereranno il prezzo corrente, i produttori possono essere tentati di ritardare la consegna.

Questa situazione chiamata in gergo “contango”, sarebbe quindi l’ideale per dare il via al valzer dei prezzi. Teoricamente fondato, questo timore trova poche conferme empiriche: che si tratti dei mercati dei cambi, di capitali o di materie prime, il valore predittivo dei contratti a termine per determinare il prezzo “spot” nel futuro resta debole. Di fronte a un’offerta relativamente stabile e prevedibile, è più opportuno analizzare la domanda al fine di misurare il grado di speculazione eccessiva. Se si tratta di trovare la domanda in sovrappiù di materie prime, gli occhi di tutti sono puntati sulla Cina. Il mese scorso, un gestore di un fondo alternativo americano ha sottoposto al Senato uno studio che dimostra come i fondi pensione avrebbero giocato un ruolo equivalente alla Cina in questi ultimi cinque anni.

Quelli che Michael Masters chiama gli “speculatori degli indici” bloccherebbero il mercato dei futures tramite l’acquisto di indici legati alle materie prime, per approfittare della loro debole correlazione con altre classi di attivi. Bisogna però sapere che un investitore sulle materie prime tramite indici o ETF ha un influenza solo sui prezzi a termine. Ci sarebbe un impatto sul prezzo “spot” solo nel caso di “physical delivery”, il che non è praticamente mai il caso per questo tipo di investitore.

C’è sicuramente una parte di speculazione nell’aumento del prezzo delle materie
prime legato all’importante peso di certi investitori in alcuni mercati limitati. Il calo, quando inevitabilmente si verificherà, potrà però essere spiegato con la stessa argomentazione.