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PERCHE’ VENDOLA E’ MEGLIO DI VECCHIE CARAMPANE COME BERSANI E PRODI

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(WSI) – Perché Nichi Vendola piace così tanto al popolo della sinistra? Proviamo a ragionare sulla base degli elementi che possediamo. Il primo elemento è la certezza della popolarità di Vendola, che va ben oltre il “piccolo popolo” della sinistra radicale. Lo abbiamo visto alle primarie pugliesi, dove ha sbaragliato il candidato ufficiale del Pd, e lo abbiamo visto a piazza del Popolo, sabato scorso, dove ha vinto largamente la gara dell’applausometro.

Il secondo elemento che abbiamo è l’oratoria di Nichi, che è molto poco tradizionale. Si fonda su uno slancio poetico, che è una sua caratteristica chiarissima e molto forte, e sulla ricchezza dei contenuti.

Nichi, cioè, non parla mai ripetendo in versi quello che il popolo dice in modo scurrile (ad esempio frasi fatte contro Berlusconi, o contro Tremonti, o contro la Lega) ma affronta i temi che ritiene cruciali, cercando anche di stupire, di provocare reazioni, interesse. A piazza del Popolo non ha parlato molto di decreto salvaliste (che era il cuore della manifestazione) ma di lavoro, di articolo 18, di acqua.

Realizzando l’operazione inversa a quella della politica media tradizionale: non accodarsi alla spinta populista, ma offrire al popolo una spinta politica, una idea, indicare una strada e delle cose sulle quali combattere. Non solo bandiere. Nichi non parla alla tifoseria ma al popolo vero. La sua oratoria è quella di un leader che rifiuta lo snobismo (cerca il popolo, le masse, cerca anche l’effetto) ma si tiene lontanissimo dal populismo.

Il terzo elemento che abbiamo è la sua immagine pubblica. Vendola è l’unico tra i leader di centrosinistra (oltre a Prodi, ma Prodi ormai è lontano dai giochi) a presentasi come un vincente, o comunque come qualcuno che aspira alla vittoria e che sa vincere. Lo ha fatto vedere cinque anni fa, quando – semisconosciuto – sfidò in Puglia prima l’alleanza Ds-Margherita, e poi il centrodestra (Berlusconi), e vinse tutte e due le volte; lo ha fatto vedere di nuovo alle recenti primarie; probabilmente lo dimostrerà definitivamente vincendo le elezioni regionali pugliesi tra poco più di dieci giorni.

Quarto elemento è il profilo politico di Nichi. Molto chiaro: è un leader nettamente di sinistra, fortemente critico verso il sistema politico-economico liberista, critico anche verso il mercato, fortemente orientato (istintivamente) a favore una società antiautoritaria, garantista, “liberissima” e addirittura libertaria (come nessun altro leader di sinistra che lo ha preceduto), desideroso di governare e capace di farlo (lo ha fatto, bene, in Puglia), non settario ma anzi molto aperto alla discussione con persone o gruppi assai lontani da lui, soprattutto con ogni tipo di formazione cattolica di qualunque orientamento.

Ecco, dopo aver descritto gli elementi in nostro possesso, probabilmente la risposta alla domanda iniziale è già chiara. La sinistra non dispone di altri leader con qualità così forti. E automaticamente vede in lui la speranza di futuro. Se mi permettete una battuta, Nichi incarna il perfetto superamento della contrapposizione tra Veltroni e D’Alema.

Del primo possiede la popolarità, la facilità ad offrirsi alle masse, a farsi amare, ma con una grande differenza: a Veltroni mancava il pensiero politico e soprattutto mancava una vision da offrire al popolo. Nel tentativo di cancellare il suo passato comunista e di assumere un profilo kennediano, Walter aveva cancellato qualunque identità politica propria, qualunque progetto di società. Era anonimo. Nichi invece possiede un forte pensiero politico e una vision, e li mostra continuamente. Di D’Alema, Nichi ha ereditato l’autorevolezza e la credibilità, senza però quella supponenza e quella oceanica freddezza, glacialità, che sono state un limite insuperabile per l’ex premier e ne hanno condizionato e limitato il successo politico.

Ma se Nichi è il nuovo leader della sinistra, vuol dire che è definitivamente finita la distinzione tra sinistra riformista e sinistra radicale? Certo che è finita. È morta e sepolta. Di questo tutti dovranno prendere atto. Dopo le elezioni regionali bisognerà lavorare partendo da qui: dalla certezza che la sinistra torna ad essere una sola, e necessariamente con una enorme capacità di egemonia sul centro.

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