Il Financial Times ha lanciato, contro l’economia di Bush, un attacco furibondo. Secondo il quotidiano inglese, la ragione per cui Bush ha cambiato la sua squadra economica è che si trattava di soggetti troppo ideologicizzati, o inetti politicamente o incompetenti e, in un caso, di un Tizio (di cui il giornale non ha il coraggio di fare il nome) con tutti e tre i difetti.
La politica fiscale di Bush sarebbe irresponsabile, quella economica caotica, quella commerciale una vaga appendice. In realtà Bush, con gli sgravi dalle imposte e il dollaro basso cerca di rilanciare una economia che era stata drogata dalla bolla speculativa di Wall Street ai tempi di Clinton, un’indimenticabile bonanza per specialisti e arrivisti finanziari.
(L’Economist, invece, riconosce a Bush prudenza nei rapporti con i “social conservatives”. E secondo il Fondo monetario due paesi rischiano la deflazione alla giapponese: Hong Kong, a causa della Sars, e la Germania, non gli Usa).
Lo spunto dell’attacco del Financial Times è che Stanley Fischer, già numero due del Fondo monetario e Peter Fisher, attuale vicesegretario al Tesoro, hanno declinato l’invito ad assumere la presidenza della Banca centrale dello Stato di New York. Il motivo sarebbe che gestire la politica economica di Bush è squalificante.
Peccato che la Banca centrale di New York non abbia niente a che fare con il governo federale. Ha invece legami con la Federal Reserve, il cui presidente Greenspan, però, ha volentieri accettato la riconferma di Bush. Stanley Fischer è stato il candidato americano a capo del Fondo monetario (la carica è poi andata a un tedesco) e ora ha una posizione prestigiosa e ben remunerata al Citigroup, la maggiore banca degli Usa; e la presidenza della Banca centrale di New York, doverosamente offertagli, per lui è troppo poco.
Quanto a Peter Fisher, il suo ruolo nel governo federale gli appare preferibile a quello di capo di una banca statale. La matrice ideologica del Financial è l’economia di mercato, soprattutto quando si identifica con gli interessi dei banchieri. I team economici di Bush invece puntano sull’economia dell’industria. Un peccato che, per questo giornale, è (forse) imperdonabile.
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