Economia

Pensioni precoci, nel 2023 una data di uscita in più

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Continua lo studio del Governo Meloni di nuove forme di flessibilità in uscita per le pensioni che siano sostenibili economicamente dalle casse dello Stato. L’obiettivo dell’esecutivo è continuare il percorso iniziato l’anno scorso con Quota 103 e migliorarlo ma i sindacati pressano sulle tempistiche. Il dibattito sulle misure di pensione anticipata da introdurre nel 2024 continua a ritardare la riforma delle pensioni, che è al palo dopo l’interruzione dei tavoli tecnici al ministero del Lavoro e il rimando della materia alla legge di Bilancio del prossimo autunno.

Ma, in materia di pensioni precoci 2023, una novità è già applicabile: i “lavoratori precoci”, ovvero i soggetti che hanno cominciato a lavorare prima del diciannovesimo anno d’età per almeno 12 mesi anche in modo non continuativo, potranno presentare la richiesta di pensionamento, con 41 anni di contributi a prescindere dall’anzianità anagrafica, in corrispondenza delle tre scadenze fissate per l’Ape sociale: 31 marzo, 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre. È infatti in arrivo il decreto del governo di Giorgia Meloni che fisserà il numero delle finestre di uscita a tre all’anno, rispetto alle attuali due. Le nuove regole entreranno in vigore in tempo per garantire le uscite già a partire dai pensionamenti anticipati del 2023.

Non si tratta dell’unica novità in arrivo dal Consiglio dei ministri in materia previdenziale: ci sono, infatti, dei cambiamenti nel calcolo di contributi per chi rientri nel meccanismo retributivo (anche in parte) e per i mancati versamenti effettuati dai datori di lavoro.

Tuttavia, vi sono vari paletti ai quali bisognerà prestare attenzione.

Quota 41, quali sono i requisiti 2023?

Il primo è costituito dall’aver versato almeno 12 mesi di contributi fino a tutta l’età dei 18 anni. Inoltre è necessario rientrare in una delle situazioni di disagio economico o sociale previste per l’Ape sociale. Ovvero, essere disoccupati (e da almeno tre mesi non percepire più assegni di disoccupazione), prendersi cura di un familiare o parente fino al secondo grado convivente con handicap in situazione di gravità, avere una ridotta capacità lavorativa di almeno il 74% o rientrare in una delle categorie di lavoratori che svolgano mansioni gravose.

Pensioni precoci 2023, chi può uscire quest’anno con quota 41?

I lavoratori precoci avranno a disposizione tre uscite per la quota 41 con date coincidenti con quelle di chi presenti domanda per l’Ape sociale. Pertanto, per il 2023, oltre all’uscita ormai persa del 31 marzo scorso, le prossime due sono previste il 15 luglio e il 30 novembre, anche se quest’ultima scadenza è presa in considerazione solo se residuano delle risorse finanziarie stanziate dal governo nella legge di Bilancio. I requisiti per poter andare in pensione con la quota 41 dei precoci devono maturare entro il 31 dicembre prossimo. Tra le altre misure in arrivo con il nuovo decreto “Lavoro” del governo, figura la riduzione delle sanzioni per i datori di lavoro che non versino i contributi dei lavoratori. Fino a 10mila euro di omessi contributi, è prevista la sanzione di ammontare fino a una volta e mezzo rispetto all’importo omesso. La sanzione attuale varia da 10mila a 50mila euro.

Pensioni lavoratori retributivo, cambia la percentuale di rivalutazione dei contributi

Ulteriore novità in arrivo con il decreto “Lavoro” è quella che riguarda il meccanismo delle ricongiunzioni dei contributi che saranno rivalutate a un nuovo tasso. Infatti, per i lavoratori del sistema contributivo (dal 1° gennaio 1996), il tasso di rendimento annuo dei contributi viene riconosciuto sulla media degli ultimi cinque anni del Prodotto interno lordo (Pil). I lavoratori che dovessero avere ancora contributi versati prima del 1996 (e dunque chi rientra nel sistema retributivo o misto) si vedrà allineare il calcolo del rendimento al metodo utilizzato per i lavoratori del contributivo. Scompare, dunque, la rivalutazione fissa del 4,5 per cento.

I nuovi conteggi

Poiché il nodo della sostenibilità economica rimane il fronte più sensibile, nella relazione tecnica allegata alla “bozza” si sottolinea che questo ritocco non comporta nuovi oneri per il bilancio ma, anzi, “assicura la neutralità rispetto agli equilibri interni a ciascuna gestione, che vede aumentare o ridurre il valore attuale dei benefici pensionistici riconosciuti dello stesso aumentare delle somme trasferite”.