Economia

Pensioni, passo indietro del governo su Opzione donna

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Su Opzione donna, il Governo fa un passo indietro. Sembra destinata a saltare la modifica introdotta dall’esecutivo in manovra che avrebbe legato la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici in base al numero dei figli.  In attesa di novità, che dovrebbero essere comunicate in settimana, sembra probabile una conferma della norma originaria, prorogata fino alle fine del 2023.

Il dietrofront potrebbe essere stato determinato dai rischi di incostituzionalità sollevati da giuristi secondo i quali una distinzione di questo tipo avrebbe potuto portare a sollevare la violazione del principio di uguaglianza. Dubbi che si vanno ad aggiungere alle perplessità sulle coperture: la modifica sarebbe nata originariamente per ottenere dei risparmi restringendo la platea. ma poi si sarebbe visto che i risparmi non erano così determinanti. .

Una norma “discriminatoria”, dice il Pd, che plaude al passo indietro, pur rimarcando “le criticità di opzione donna”. Opposizioni che prendono la palla al balzo anche per accusare l’esecutivo di “pressapochismo”. Sulla formulazione di Opzione donna, la ministra alla Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità, Eugenia Roccella, crede invece che  andrebbe legata ai figli:

“Su Opzione donna ci sono molte cose da dire sul legame con il numero dei figli. Si tratta semplicemente di un riconoscimento del valore sociale della maternità. Anche nella nostra Costituzione questo è previsto. Quando le donne hanno un figlio, non fanno solo una scelta personale ma svolgono un lavoro di cura, un lavoro domestico, di attenzione all’educazione dei figli. C’è un lavoro che vale ed è svolto per tutta la comunità, che implica la continuità e la solidarietà generazionale, implica la vita di un popolo e di una nazione. Quindi questo lavoro e la conseguente attenzione alla maternità dovrebbe essere un dato scontato”.

Opzione donna: che cosa prevede

La cosiddetta “Opzione donna”, una forma di pensione anticipata, è stata introdotta dal decreto legge n. 4 del 2019 e calcolato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo ed erogato, a domanda, in favore delle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno maturato i requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2018 poi prorogato.

Il decreto legge 4/2019 aveva previsto infatti la possibilità di ricorrere all’opzione donna alle lavoratrici che avessero maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018. Inoltre si prevedeva che a tale trattamento si applicassero le decorrenze (cosiddette “finestre”) pari, rispettivamente, a:

  • 12 mesi per le lavoratrici dipendenti;
  • 18 mesi per le lavoratrici autonome.

Ai fini del conseguimento della pensione è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non è invece richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratrice autonoma.