Società

Pd nel caos, stremato da lotte intestine. Renzi: cambiamo

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ROMA (WSI) – A tre giorni dalla bocciatura della sua candidatura al Quirinale l’ex presidente del Senato Franco Marini si lancia in un duro j’accuse contro il Pd.

Ospite di ‘In mezz’ora’ di Lucia Annunziata, Marini, che pure rivendica di voler stare all’interno del partito, non risparmia critiche a trecentosessanta gradi e alla gestione di tutta la partita pur ritenendo Pier Luigi Bersani “meno colpevole di altri” per quanto accaduto.

Il partito, attacca, “deve recuperare credibilita’ perche’ l’ha persa tutta”. Tra i dem, accusa, “dilaga l’opportunismo” e si sono “rafforzati i potentati piu’ che l’idea larga di partito”.

E ce n’e’ anche per il sindaco ‘rottamatore’ Matteo Renzi che, pur avendo i numeri, ha una “ambizione smodata” che “va frenata altrimenti va fuori strada”. “Quando fa dichiarazioni a volte dice cosa senza senso, pensa solo a finire sui giornali e le Tv”.

In un’intervista concessa a La Repubblica lui risponde spiegando come intende rifondare il Pd”, prima che si materializzi una scissione che al momento appare inevitabile. “Basta inseguire Grillo, dettiamo noi l’agenda a partire dall’emergenza lavoro”.

Nella parole pronunciate ieri dal ‘lupo marsicano’, che si ritiene “vittima dello sbando” all’interno del partito, c’e’ amarezza nelle. E di una gestione che, dice da ex sindacalista, ha scelto di non affrontare le divisioni interne con un voto “come avviene in tutte le grandi organizzazioni democratiche”. Si e’ arrivati a un voto sulla sua candidatura, recrimina, ma troppo tardivo. Invece “quando una dirigenza avverte un dissenso politico c’e’ un modo solo per uscirne: votare. Cosi’ si forma una maggioranza e un’opposizione”.

Ma la scelta, raggiunta a maggioranza, viene salvaguardata. A farne le spese e’ stato anche Romano Prodi.

“Il dramma – accusa – non e’ nato quando Marini ha avuto 521 voti, ma quando Bersani, per questo non governo del partito, ha deciso di cambiare strategia e ha chiamato Prodi dall’Africa e lui e’ stato bruciato”.

Il tutto, per altro, accusa, per tornare al punto di partenza. Ovvero le “larghe o medie intese, come le si vogliano chiamare” in nome delle quali dovrebbe nascere il prossimo governo.

La sua candidatura, puntualizza, non e’ stata frutto di una scelta di Silvio Berlusconi (“e’ falso che il mio nome l’abbia indicato lui”) ma e’ una stata “costruita dal partito” in chiave di dialogo con quella parte politica. Ed e’ li’ che si dovra’, di fatto, tornare. La mia candidatura, dice Marini, “era legata a una strategia che torna ora”, visto che “Napolitano non ha spazi per dire cose diverse dal fare intese anche con il Pdl”.

Tutto questo per un esecutivo al quale, secondo Marini, il Pd, che ha gia’ “perso credibilita”‘, non potra’ che dare il proprio sostegno e, se richiesti, propri uomini.

Per questo Marini ritiene un “errore” la presa di posizione di Rosy Bindi, che ha stoppato l’ipotesi di Enrico Letta a palazzo Chigi. Se Napolitano lo chiamera’, dice, “Letta puo’ essere uno di quelli che fa un lavoro positivo”. (Rainews)

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