Economia

Partite IVA apri e chiudi, il fenomeno dilaga. Attenzione alla stretta del Governo

Il fenomeno delle Partite IVA apri e chiudi continua anche quest’anno, al punto che da inizio anno oltre 1.221 attività sono state già fatte chiudere dall’Agenzia delle Entrate. Parliamo di società o anche solo micro-imprese che aprono una Partita IVA per emettere fatture e incassare denaro, per poi provvedere alla chiusura così da evitare il pagamento dei tributi nell’anno successivo.

Una mossa che ha portato nuove strette da parte del Governo Meloni. Con le nuove disposizioni, l’Agenzia delle Entrate sta provvedendo a chiudere d’ufficio tutte queste partite IVA apri e chiudi, in modo da evitare che possano danneggiare la libera concorrenza e le entrate fiscali. E proprio sull’aspetto tributario, si parla di transazioni di denaro non fiscalizzato che ormai ha superato i 2 miliardi di euro.

Partite IVA apri e chiudi in aumento nel 2023

È un fenomeno che è cresciuto in maniera costante negli ultimi anni, quello delle Partite IVA apri e chiudi. In pratica sono soggetti giuridici (società, liberi professionisti…) che autorizzano l’apertura di una Partita IVA per poter emettere fatture e incassare così denaro in maniera sicura e perfettamente legale. Come tutte le P.IVA. Senonché, poco prima di provvedere al pagamento dei tributi, richiedono all’Agenzia delle Entrare la chiusura della P.IVA. Un’azione lecita, a patto di rientrare nelle procedure previste dalla stessa Agenzia. Il problema è che questo fenomeno dovrebbe rimanere marginale, limitato ai casi di poveri sfortunati che non hanno guadagnato a sufficienza per poter mantenere in piedi l’attività. Non soggetti che chiudono immediatamente perché hanno commesso attività truffaldine.

Il rischio è che dietro queste Partite IVA apri e chiudi ci siano attività che emettano fatture su attività “presunte” lecite, ma in realtà truffaldine ai danni di consumatori o addirittura dell’economia stessa. Ben 800.000 sono le P.IVA che risultano “chiuse”, ovvero senza più alcuna attività, e tra queste oltre 500 che sono rimaste aperte tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022. Oltre alle 1.221 fatte chiudere da inizio anni, se ne sospettano ulteriori 348 in merito alla loro presunta attività di “cartiere”, ovvero produttrici di “carta straccia”, fatture false utili per eludere il Fisco e l’Antiriciclaggio. Solo queste contano una quantità tale di fatture false da aver quasi raggiunto il tetto dei 3 miliardi di euro.

La mossa del Governo Meloni contro le Partite IVA apri e chiudi

Il Governo Meloni s’è subito impuntato sulla questione delle Partite IVA apri e chiudi. Oltre alle misure previste nella delega fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a seguire quanto disposto nella Legge di Bilancio 2023, relative alle nuove misure di prevenzione e contrasto all’evasione. In caso di “profili di grave e/o sistematica evasione e di inadempimento degli obblighi fiscali nell’esercizio di attività che si esauriscono dopo un breve ciclo di vita”, l’AdE dovrà agire d’ufficio e provvedere alla chiusura della P.IVA.

Oltre alle disposizioni sulla chiusura d’ufficio, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto anche ulteriori azioni a contrasto del fenomeno, quali l’introduzione di una sanzione di 3.000 euro nel caso in cui viene dimostrato che abbia violato la legge. Il soggetto dovrà presentarsi in ufficio, come recita il comma 15-bis 1, “per esibire la documentazione [e] consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività [e] per dimostrare, sulla base di documentazione idonea, l’assenza dei profili di rischio individuati.” Per “elementi di rischio” si intendono quelli riconducibili al titolare della P.IVA, alla tipologia e modalità di svolgimento dell’attività, e alla sua posizione fiscale.

Se dovesse risultare positivo agli accertamento, o non si presenta in caso di richiesta di documentazione aggiuntiva, la P.IVA viene chiusa definitivamente. E per evitare che il soggetto provveda ad aprirne una nuova, e perpetuare le sue attività, sarà richiesta la stipula di una fideiussione di tre anni di importo non inferiore a 50.000 euro. Potrà essere superiore ai 50.000 euro se sono state riscontrate ulteriori violazioni fiscali precedenti la chiusura della prima P.IVA. 

L’Agenzia delle Entrate ordina la cessazione d’ufficio

Come comunicato dalla stessa Agenzia delle Entrate nel comunicato stampa del 18 agosto 2023, a fine luglio l’AdE è riuscita a provvedere alla cessazione di ben 1.221 Partite IVA apri e chiudi. Senza contare le 800.000 citate poco sopra, che rischiano di venire chiuse per il fatto di essere ferme da ormai 3 anni. Come indicato nel TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), la cessazione d’ufficio sarà prevista per chi in ben 3 esercizi non hanno presentato né dichiarazione IVA, né redditi di impresa o lavoro autonomo. Ovviamente non per motivi fiscali, ma solo per semplice inattività.

A preoccupare sono appunto le 500 partite IVA aperte tra il 2021 e il 2022, su cui l’AdE sta verificando l’idoneità delle loro fatture, per un totale di 2 miliardi di euro, con un importo medio di circa 4 milioni di euro ciascuna. Se per il provvedimento precedente c’è una (magra) possibilità di opporsi, non si potrà fare nulla se la cessazione d’ufficio avviene per l’individuazione di un profilo di “grave e/o sistematica evasione e inadempimento fiscale”. A livello nazionale, la maggior parte dei provvedimenti di cessazione ha colpito la Lombardia (pari al 29% dei provvedimenti), Lazio (pari al 21%) e Campania (pari al 14%). A seguire ci sono gli interventi in Toscana e Veneto, con 105 chiusure in tutto. Un numero che fa ben sperare, anche se l’evasione fiscale per mancato versamento dell’IVA risulta ancora notevolmente alta, pari a quasi 28 miliardi di euro.