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PARMALAT, TANZI ALL’ ESTERO, IL FIGLIO A MILANO

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Ore convulse per la vicenda Parmalat. L’ex braccio destro del patron della società, Fausto Tonna, è di nuovo sotto interrogatorio. Come Luciano Silingardi, ex membro del cda. Perquisizione nella casa di Calisto Tanzi, a Collecchio. Avvisi di garanzia per lo stesso Calisto e per il figlio Stefano. Che si dichiara “reperibile” in Italia. Mentre il presidente della Parmalat, che si trova all’estero, si è fatto vivo con gli inquirenti spiegando che rientrerà in Italia “quanto prima”.

A Calisto Tanzi era destinato, oltre all’avviso di garanzia, un mandato di comparizione per questa mattina in procura a Parma, dove però non si è presentato prendendo appunto contato con gli inquirenti e assicurando che rientrerà a breve.

Ma fin dal mattino, intorno ai nomi dei due Tanzi, c’è stata grande confusione. Prima si è sparsa la voce di un imminente interrogatorio per entrambi, poi si è diffusa la voce che i due si trovavano all’estero per “un momento di riflessione”, infine è arrivata la smentita di Stefano Tanzi, direttore commerciale e amministrativo della società che ha detto di essere a Milano “a disposizione della autorità giudiziaria”.

Confermata, invece, la notizia che Calisto Tanzi non è in Italia. Secondo il ministro delle Politiche Agricole Gianni Alemanno, “un segnale bruttissimo”, anche se poi il ministro aggiunge: “Non sta a me esprimere giudizi, lo farà la magistratura”.

Intanto la Procura di Parma ha disposto una
perquisizione in casa di Calisto Tanzi, a Collecchio. Il provvedimento è stato adottato perché i magistrati, con i quali sta lavorando oggi il pm milanese Francesco Greco, stanno cercando riscontri relativi a quanto affermato da Tonna e Silingardi nel corso degli interrogatori ancora in corso.

L’inchiesta giudiziaria. Nel primo mattino, i magistrati delle diverse procure si sono riuniti a consulto. Il pubblico ministero Francesco Greco è arrivato da Milano per il vertice tra le Procure e per consegnare gli atti degli interrogatori degli ultimi giorni a Milano. Poi, a sorpresa, si è unito ai pm emiliani Antonella Ioffredi e Silvia Cavallari che stanno interrogando l’ex direttore finanziario di Parmalat Fausto Tonna. L’uomo che ha raccontato ai magistrati come e da quanto tempo il gruppo praticasse contraffazioni nei bilanci, era già stato sentito ieri.

Ma oggi, nell’inchiesta, entra in scena un altro personaggio importante. E’ sotto interrogatorio il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Parma, Luciano Silingardi, già membro del cda di Parmalat.

Chiesta la Prodi-ter, Bondi commissario. La Parmalat ha presentato in tarda mattinata presso la cancelleria del Tribunale fallimentare di Parma (l’atto è già stato inoltrato anche al Ministero delle Attività produttive), l’istanza di adesione alla “Prodi-Ter”, ossia al decreto varato ieri dal consiglio dei ministri per la crisi delle imprese con oltre mille dipendenti. Il deposito dell’atto è avvenuto ad opera dell’avvocato Dario Picone, legale della Parmalat. Il governo ha intanto pubblicato il decreto che nomina Enrico Bondi commissario straordinario.

Un “buco” da 10 miliardi di euro. La vicenda della Parmalat è ben presente anche oggi sulla stampa britannica. Il Financial Times in particolare vi dedica il titolo principale di prima pagina, nel quale sostiene che il buco potrebbe anche arrivare a 10 miliardi di euro. FT si chiede inoltre se il sistema legale italiano sarà in grado di affrontare l’intera vicenda mentre arrivano distinguo su ruolo e presunte responsabilità delle agenzie di rating.

La precisazione di Grant Thornton International. La società (che tra l’altro si occupa di certificazione e revisione dei conti) prende le distanze dall’omonima società italiana che ha certificato i conti di alcune società Parmalat, tra cui la famigerata Bonlat delle isole Cayman. “Ogni impresa corrispondente della Grant Thornton International – precisa la casa madre della società – è un’impresa nazionale, separata e indipendente”. “Dette imprese – continua la nota – non sono parte di una alleanza internazionale o associate l’una con l’altra, né alcuna delle imprese è responsabile per i servizi o le attività svolte dalle altre”.

Gli allevatori sul piede di guerra. I produttori di latte – che si sono costituiti in un comitato spontaneo – hanno deciso di sospendere le forniture di latte alla Parmalat. “Gli allevatori – si legge in un comunicato – si rendono conto delle difficoltà in cui versano migliaia di lavoratori, ma non possono fare altro. Far mancare il latte a Parmalat potrebbe essere la sua fine, tuttavia si ha la sensazione che la società non si renda ancora conto che il latte è una materia prima talmente integrata nell’azienda stessa da dover essere considerata una risorsa critica e strategica”. Gli allevatori, che producono 300.000 chili di latte al giorno, si definiscono “stremati da mesi in attesa di pagamenti, senza certezze sui crediti pregressi e sui pagamenti per eventuali forniture future”, e annunciano di aver deciso di “mettere in mora l’azienda e le sue consociate affinchè una sospensione delle forniture non venga assunta come inadempienza”.