Storie di ordinaria follia. Solo cosi’ si possono descrivere i movimenti che hanno interessato questi giorni il titolo Parmalat. Dopo aver segnato un massimo di €1,895 martedi’ 25 febbraio, le azioni hanno perso oltre il 30% in due giorni, toccando un minimo intraday di €1,32. Esagerati anche i volumi di contrattazione: Tra mercoledi’ 26 e giovedi’ 27 febbraio sono stati scambiati un numero di pezzi pari a quello dell’ultimo mese di contrattazioni.
Di fronte a movimenti del genere le smentite della societa’ hanno faticato a farsi spazio. I gestori e i fondi di mezzo mondo, preoccupati di assistere a un nuovo caso Royal Ahold, o peggio ancora Cirio, hanno venduto il titolo a piene mani.
Ma a rimanere spiazzati non sono stati solo gli investitori. Anche i media non hanno reagito con la consueta velocita’. Il commento generale e’ stato: “Mancano gli elementi per giustificare un calo di queste proporzioni”. Dopo un primo momento di sbandamento, tutti hanno comunque fatto la stessa osservazione:
PERCHE’ LA CONSOB NON FA IL SUO MESTIERE?
Certo, abbiamo assistito alla consueta domanda di chiarimento inoltrata alla societa’ e alla sospensione del titolo in borsa quando si sono superati i limiti consentiti. Tuttavia, ancora una volta i piccoli investitori hanno dovuto subire le speculazioni, senza che l’autorita’ che dovrebbe garantire condizioni uguali per tutti sul mercato facesse il suo dovere fino in fondo.
Ma torniamo alla cronaca odierna (giovedi’ 27 febbraio). Dopo l’apertura a quota €1,63 e il minimo di €1,32, a Wall Street Italia abbiamo cominciato a raccogliere le prime indiscrezioni quando mancavano circa tre ore alla chiusura della seduta. “Questa mattina abbiamo notato massicci ordini di vendita da parte di nomi del calibro di Julius Bear”, ci hanno detto dalla sala operativa di Uniprof. La stessa fonte ha poi riferito di ordini di acquisto da parte di Deutsche Bank una volta cominciato il rimbalzo.
Il titolo, dal minimo di €1,32, e’ rimbalzato fino a €1,52, per poi ritracciare nuovamente quando mancava poco piu’ di un’ora alla fine delle contrattazioni.
Insomma, quanto basta per dare ragione a quanti dicono che la borsa si e’ trasformata in un gioco d’azzardo e che non e’ piu’ in grado di svolgere il suo ruolo di incontro tra domanda e offerta d’investimento.
Il mercato dei corporate bond non ha reagito molto meglio. Tutta la vicenda e’ partita infatti dal lancio di una nuova emissione da €300-500 milioni su cui si sono rincorse smentite, conferme, ipotesi di scadenza e condizioni accessorie diverse. “Il prestito serve per tappare buchi che la societa’ non vuole ancora rivelare”. Oppure: “Il prestito migliora ulteriormente le condizioni finanziarie”.
Fra l’altro, a questi livelli sul titolo Parmalat non avra’ problemi di diluizione del capitale per quanto riguarda il prestito convertibile in circolazione. Anche in questo caso si e’ sentito di tutto. Da parte nostra, telefonando a un gestore che preferisce rimanere anonimo, ci siamo sentiti dire: “Stamattina chi telefonava per piazzare il nuovo bond Parmalat faceva parte della stessa organizzazione che ci aveva rifilato Cirio. Quando ti scotti con l’acqua bollente hai paura anche dell’acqua tiepida”. Tutte le scadenze delle obbligazioni Parmalat hanno perso dal 3% al 6%, con un bid-ask spread (differenziale tra prezzo in acquisto e prezzo in vendita) che si e’ allargato a livelli di “junk bond”. Da Standard & Poor’s, che pure ha assegnato un rating di BBB- alla societa’ di Calisto Tanzi, per ora non sono pervenuti commenti.
Anche in questo caso, gli investitori che fanno parte del cosiddetto “parco buoi” sono rimasti all’oscuro di tutto. Difficile a questo punto dare un parere obiettivo sulla vicenda. Parmalat rimane una storia di successo: fare paragoni con Ahold o Cirio fino a quando non ci sono prove certe e’ non solo ingeneroso, ma anche sbagliato. E’ vero tuttavia che il livello di indebitamento della societa’ continua a destare preoccupazione. Ma soprattutto cio’ che lascia sbalorditi e’ la cura della comunicazione societaria, assolutamente non all’altezza di un’azienda quotata nel Mib30.
I prossimi giorni saranno preziosi per capire quanto le violente oscillazioni siano il frutto di semplici speculazioni e quanto invece ci sia di vero sulle difficolta’ finanziarie del gruppo Parmalat. Nel frattempo, forse, vale la pena constatare che all’investitore finale non resta altra scelta che fare un passo indietro di fronte a una situazione confusa dove viene lasciato senza certezze e senza punti di riferimento. A questo punto perdiamo tutti: operatori di borsa, giornalisti finanziari, societa’ quotate e organi istituzionali.
AGGIORNAMENTO – ORE 19:50
Di fronte alla reazione del mercato, che ha bocciato l’emissione del bond da €300-500 milioni, Parmalat ha cambiato i propri piani.
Secondo il comunicato della societa’, nonostante fossero stati gia’ raccolti ordini per una cifra molto vicina ai €300 milioni, la speculazione dei mercati e le richieste di rinegoziare a termini piu’ onerosi del prestito hanno spinto a rinviare il collocamento dell’obbligazione.
La notizia ha risollevato le sorti del titolo. Dopo aver segnato un minimo a €1,32 nella regular session, nell’after-hour Parmalat passa di mano a €1,56, in recupero di oltre il 18% dai minimi toccati in mattinata.
Il nuovo colpo di scena non toglie nulla alla perplessita’ sulla gestione dell’intera vicenda.