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Papa innovatore: risponde a Scalfari sulla fede

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ROMA (WSI) – “Pregiatissimo Dottor Scalfari”. Inizia così la lettera che Papa Francesco ha scritto al fondatore di La Repubblica e che il quotidiano mette in apertura di giornale con il titolo “Il Papa: la mia lettera a chi non crede”.

“E’ con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia di rispondere – ricorda Bergoglio – alla lettera che, dalle pagine di Repubblica, mi ha voluto indirizzare il 7 luglio con una serie di sue personali riflessioni, che poi ha arricchito sulle pagine dello stesso quotidiano il 7 agosto. La ringrazio, innanzi tutto, per l`attenzione con cui ha voluto leggere l`Enciclica Lumen fidei”.

Il tempo del dialogo

Il Papa prende le mosse da due “circostanze”: la prima “deriva dal fatto che, lungo i secoli della modernità, si è assistito a un paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell`uomo sin dall`inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d`ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d`impronta illuminista, dall`altra, si è giunti all`incomunicabilità. E’ venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro”.

Il credente non può ignorare il non credente

La seconda circostanza, “per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della fede, deriva dal fatto che questo dialogo non è un accessorio secondario dell`esistenza del credente: ne è invece un`espressione intima e indispensabile”.

Dopo aver ripercorso alcuni elementi di fondo della lettera “concepita e in larga misura redatta” da Benedetto XVI “e dal quale, con gratitudine, l`ho ereditata”, Francesco risponde, puntualmente, a tre questioni che Scalfari gli aveva posto nel secondo dei due articoli citati.

Il perdono di Dio

“Innanzi tutto – ricapitola Papa Francesco – mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che – ed è la cosa fondamentale – la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell`obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”.

Il relativismo è peccato?

In secondo luogo, “mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità ‘assoluta’, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l`amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione!

Tant`è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt`altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: ‘Io sono la via, la verità, la vita’? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt`uno con l`amore, richiede l`umiltà e l`apertura per essere cercata, accolta ed espressa.

Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione… assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all`inizio di questo mio dire”.

La grandezza di Dio

Nell`ultima domanda “mi chiede se, con la scomparsa dell`uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. Certo, la grandezza dell`uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui.

Ma il rapporto è tra due realtà. Dio, e questo è il mio pensiero e questa la mia esperienza, ma quanti, ieri e oggi, li condividono! non è un`idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell`uomo. Dio è realtà con la ‘R’ maiuscola”.

Parolin: il celibato sacerdotale non è un dogma

Il celibato sacerdotale “non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica”. Sono parole dell’arcivescovo Pietro Parolin, neo Segretario di Stato vaticano in carica dal 15 ottobre, riportate oggi dal Corriere della Sera che riprende un’intervista del nunzio a Caracas al quotidiano venezuelano El Universal. Parolin difende il valore di quella tradizione che “risale ai primi secoli”, ma parla di “una grande sfida per il Papa”, poiché “egli possiede il ministero dell’unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla”.

“E’ possibile – dice – parlare e riflettere e approfondire quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio”. L’arcivescovo dice dunque che si tratta di seguire “la volontà di Dio e la storia della Chiesa” così come “l’apertura ai segni dei tempi”, ad esempio “la scarsezza del clero”.
(RaiNews 24)