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NUOVI CORTEGGIAMENTI PER GLI OBBLIGAZIONISTI CIRIO

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Cirio è all’ultimo appello. Doppio. Il destino immediato della società dipende dai risparmiatori che devono pronunciarsi nelle assemblee del 28 luglio. Un’impresa ardua allo stato della cose, ma qualora si superi questo importantissimo scoglio si lavorerà per trovare da subito un assetto stabile alla nuova società.

Giunto alla stretta finale il management che sta cercando di evitare il fallimento del gruppo agroalimentare ha deciso di percorrere queste due strade. La prima e la più urgente, per questo si prova a far chiarezza con gli obbligazionisti: «Il piano di salvataggio è l’unica possibilità concreta di recuperare, da subito, una parte dei vostri risparmi», si legge in una lettera aperta diffusa ieri con e firmata del presidente Giovanni Fontana e dagli ad Gianfranco Cianci e Roberto Colavolpe.

Una lettera che sottolinea come tutto quello di cui si è letto e scritto nei giorni precedenti – il ventilato ritorno di Cragnotti, o anche un miglioramento delle condizioni del piano studiato dalle banche creditrici – non sono altro che chiacchiere, o al massimo ipotesi da verificare solo dopo l’esito delle sette assemblee degli obbligazionisti in cui verrà deciso il destino della Cirio.

Anche per ridurre al minimo le interferenze la Cirio ha ottenuto dal Trustee londinese di spostare la seconda convocazione delle assemblee decisive dal 23 al 28 luglio, e i detentori di obbligazioni potranno votare presso le proprie banche fino a 48 ore prima.

Sulla questione c’è ora un primo riscontro delle votazioni della prima convocazione: ha votato il 40% degli obbligazionisti (il quorum necessario era del 75% e quindi la votazione è nulla) e complessivamente la maggioranza è stata favorevole. Ma ugualmente l’approvazione del piano è pericolosamente in bilico: sia perché è necessaria una maggioranza qualificata del 75% sul totale dei votanti, sia perché basta che una sola delle sette assemblee, una per ogni obbligazione emessa e non rimborsata, voti contro per vanificare le altre. Ed infatti i possessori di bond della Cirio Holding hanno votato in contro. Non a caso sono loro i più penalizzati dal piano di conversione, dovendo rinunciare al 86% del capitale investito e ottenendo il resto in azioni Cirio.

Per ribaltare questo risultato, la società di Fontana ha ottenuto dalle banche anche l’opportunità che chi ha già votato possa rivedere la propria scelta, e naturalmente spera che gli obbligazionisti che voteranno solo in seconda convocazione propendano per il sì e ribaltino il risultato. «Altrimenti si apriranno le procedure concorsuali in diversi paesi – ha spiegato l’ad Colavolpe -. Non c’è nessuna possibilità che la messa in liquidazione della società permetta che i creditori, soprattutto i singoli risparmiatori, ottengano rimborsi più consistenti di quelli previsti dal piano. Con ulteriori complicazioni derivanti dal fatto che la maggior parte degli asset della società sono all’estero».

«Votare contro il piano può essere solo dettato dalla rabbia e dal disorientamento», aggiunge l’altro ad, Cianci. Insomma nei prossimi dodici giorni si deciderà il destino della Cirio, e l’unico criterio sarà il gradimento dei risparmiatori al piano. «Non ci sono i tempi tecnici per nessuna modifica o miglioria», ha spiegato Ublado Livolsi, che con la sua banca d’affari è advisor dell’attuale management. E, facendo professione di ottimismo, il management si sta muovendo come se il 28 luglio non fosse l’ultimo giorno della Cirio. Per esempio continuano le trattative per le società da dismettere: «Molte si potrebbero concludere entro l’anno», assicura Colavolpe. Ma si batte anche una seconda strada, Fontana ieri ha fatto un appello al «sistema nel senso più ampio possibile» perché aiuti la società dalla crisi.

Ovvio il suo riferimento alle banche – responsabili aver venduto i bond ai risparmiatori – e alla possibilità una rinuncia ad una quota maggiore dei crediti vantati potrebbe trasformarsi in un miglioramento delle condizioni per i bondholder. Ma si guarda anche alle istituzioni: oggi il management Cirio sarà al ministero delle Attività produttive. Un intervento pubblico è un’ipotesi remota, considerata e tramontata quasi subito all’inizio della crisi, ma non è l’unica soluzione possibile. Ci si guarda intorno in cerca di investitori affidabili in grado di garantire il futuro e la continuità della nuova Cirio, che nascerebbe come un public company detenuta al 96% dagli oltre 30 mila risparmiatori che di fatto se la sono comprata ad un prezzo salatissimo (oltre un miliardo di euro di obbligazioni non rimborsate). Meglio di niente? Cosa ne pensa la maggioranza lo sapremo solo tra due settimane.

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