Società

NON POSSIAMO NON DIRCI ITALIANI

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Non è mai stato così penoso essere italiano in Europa, come in questi giorni. Non è mai stato tanto difficile mantenere il proprio giudizio critico sulla figura di Berlusconi e sulla situazione italiana, e insieme respingere i toni e i modi francamente eccessivi di taluni attacchi della stampa europea. Come può infatti essere diversamente considerata la copertina del maggiore settimanale tedesco (Der Spiegel) che raffigura senza mezze misure Berlusconi come «il padrino» d’Italia?

Certo, durante la crisi alla guerra in Iraq, abbiamo visto illustrazioni e vignette altrettanto feroci e aggressive. Ma allora l’occasione era un fatto eccezionale e traumatico come la guerra, oggi è un evento politico di routine. Un evento normale, domestico quasi, come l’inizio del semestre della presidenza italiana in Europa. In realtà è proprio la prospettiva di questa vicinanza, di questa familiarità europea, che ha scatenato reazioni esasperate e la paura che quello che è considerato il bubbone italiano possa infettare in qualche modo l’Europa.

I fatti e gli elementi contestati nel caso Berlusconi sono noti da tempo e sono oggetti di discussione da anni. Accuse brucianti e altrettanto accese difese. L’ultima legge sull’immunità dei massimi vertici istituzionali rappresenta tuttavia agli occhi dei critici europei di Berlusconi il tassello finale di una situazione diventata insostenibile proprio per il motivo che ha giustificato la legge. La legittimazione della legge – consentire a Berlusconi di realizzare uno splendido promesso semestre italiano – si rovescia nel motivo opposto della prova della sua illegittimità a rappresentare l’Europa. Come si vede si è creato un circolo vizioso.

Di fronte ad esso i governi europei stanno zitti. I politici più responsabili sono imbarazzati, ma pubblicamente si esprimono in modo cauto e convenzionale. Questo rende ancora più stridente il contrasto con la stampa che considera invece la vicenda italiana non trattabile in termini di diplomazia convenzionale.

A questo punto compare l’elemento più problematico: in molte analisi sono messe sotto accusa l’intera politica italiana, il suo sistema istituzionale, il suo apparato di giustizia, persino strati della società civile. Impercettibilmente le patologie associate al caso Berlusconi vengono identificate semplicemente e puramente come «patologie italiane». Come la loro ultima variante.

E’ difficile contrastare questa impostazione, ma occorre farlo. Non per ingenuo patriottismo, ma nella convinzione che una conoscenza più complessa e critica della vita italiana è assai più istruttiva per gli stessi amici europei. Ferme restando ovviamente le proprie convinzioni e differenze politiche.

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