Boom dell’inflazione nel Regno Unito. Il rialzo, pari a +1% su base annua nel mese di settembre, al di sopra del +0,9% atteso dal consensus, è stato il più forte dal giugno del 2014, e ha portato il tasso di inflazione al record dal novembre del 2014.
Boom anche per l’inflazione core che, su base annua, è schizzata dell’1,5%, più dell’1,4% atteso.
A salire sono stati in particolare i prezzi dell’abbigliamento, degli hotel, e i prezzi della benzina.
Immediato il balzo della sterlina, reduce da una flessione di oltre -17% dal referendum della Brexit dello scorso 23 giugno, che ha certificato la decisione del Regno Unito di divorziare dall’Unione europea. Dopo il dato, la valuta britannica sale dello 0,41%, a $1,2231.

Il problema, affermano gli analisti, non è tanto relativo all’impatto che il calo della sterlina abbia avuto sull’inflazione, quanto piuttosto riguarda l’elevata possibilità che tali numeri non riflettano ancora a pieno il deprezzamento della valuta.
Sebbene il dato sull’inflazione sia ancora inferiore in modo significativo rispetto al target annuale della Bank of England, pari al 2%, il forte rialzo delle pressioni inflazionistiche e l’outlook di un loro ulteriore rafforzamento invita la banca centrale a trovare un equilibrio tra la necessità di centrare i suoi obiettivi e quella di evitare che un eccessivo rialzo del tasso finisca con lo strozzare la crescita del Pil.
A conferma dei timori sull’inflazione nel paese, balzano anche i rendimenti dei titoli di stato UK.

Sale anche il Ftse 100 della borsa di Londra (come si evince dal grafico), ma dopo un po’ l’indice smorza i guadagni.
