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NASDAQ: TITOLI ANCORA SOPRAVVALUTATI, ANALISTI

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L’indice Nasdaq Composite – dopo la flessione del 6,3% di lunedi’ – e’ in calo del 62% rispetto ai massimi del 10 marzo dell’anno scorso e anche lo Standard & Poor’s 500 e’ ufficialmente sotto il segno dell’orso a -22,71%.

Sulla base, pero’, dei dati storici c’e’ ancora spazio per un ulteriore calo del mercato e nonostante il recente crollo, le valutazioni dei titoli – rispetto agli utili aziendali – rimangono a livelli particolarmente elevati.

Il rallentamento economico, poi, non promette una ripresa a breve termine di vendite e utili.

Gli analisti infatti prevedono per quest’anno -secondo First Call/Thomson Financial – una crescita del 2,7% degli utili delle societa’ dello S&P 500, mentre all’inizio dell’anno le aspettative erano di una crescita del 9% e a ottobre si parlava di un aumento del 14,8%.

I multipli prezzo-utili, o i prezzi azionari come proporzione degli utili degli ultimi 12 mesi, sono scesi sul Nasdaq dal 400 di un anno fa al 154 corrente, ma secondo Birinyi Associates sono comunque ancora troppo elevati rispetto alla media di 52 registrata dal 1985. Per ritornare ai livelli medi degli ultimi 15 anni il Nasdaq dovrebbe pertanto scendere di almeno tre volte.

Di solito il calo dei prezzi azionari rende i titoli piu’ abbordabili, ma poiche’ gli utili sono scesi anche piu’ velocemente dei prezzi, la proporzione p/e e’ in realta’ cresciuta.

Sempre secondo la societa’ di ricerca Birinyi Associates il multiplo prezzo/utili sul Nasdaq la scorsa settimana era di 121 – contro il 154 corrente – sottolineando quindi che l’investitore sta pagando piu’ oggi di soli sette giorni fa.

Analizzando il rapporto p/e al di fuori del contesto Nasdaq, persino i titoli in perdita, con un multiplo di 35 rimangono a livelli storicamente elevati.

Alla fine del 1988 – dopo cioe’ l’ultimo mercato orso – il Nasdaq mostrava un multiplo p/e di appena 19.

I titoli azionari rimangono costosi anche in base al rendimento medio dei dividendi – il dividendo cioe’ in rapporto al prezzo delle azioni; dal 1957 questa misura sullo S&P 500 e’ del 3,4% mentre venerdi’ scorso il rendimento era di appena l’1,1%.

Alcuni investitori, quindi, stanno muovendo parte del loro portafoglio verso strumenti meno rischiosi, quali le obbligazioni del Tesoro e molti gestori di hedge fund si stanno astenendo dagli acquisti.

“E’ ora di preparare una lista di titoli high-tech, ma non e’ ancora ora di pescare sul fondo”, ha commentato Neil Weisman di Chilmark 21st Century Capital.

Nonostante lunedi’ siano andati persi sul mercato $500 miliardi – la perdita peggiore dallo scorso aprile – e rispetto ai livelli massimi del Nasdaq gli investitori abbiano ora sprecato $3.900 miliardi – piu’ della produzione economica congiunta di Regno Unito, Francia, Australia e Belgio – molti gestori di hedge fund continuano a prevedere un calo del mercato.

Un sondaggio di Hennessee Hedge Fund Advisory Group ha infatti rilevato mediamente il loro portafoglio e’ esposto a titoli azionari per il 10% del capitale, conto il 40% di inizio gennaio.