Società

Mr. presidente del consiglio Silvio Berlusconi, e’ giunta l’ora di gettare la spugna

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Luca Ciarrocca e’ il direttore e fondatore di Wall Street Italia. Gianni Perrelli, autore di molti libri, e’ stato per anni inviato speciale del settimanale L’espresso.

(WSI) – Silvio Berlusconi deve farsi urgentemente da parte perché i suoi comportamenti violano la dignità dell’istituzione che rappresenta e in sede internazionale hanno fatto diventare il nostro paese lo zimbello del mondo intero. Non c’è italiano che, in qualsiasi angolo del pianeta, non sia ormai esposto a ironie e sarcasmi inerenti alla vita disordinata del premier e ai suoi abusi di potere.

Questo non avviene purtroppo più soltanto nelle nazioni del primo mondo, in cui ti senti chiedere dieci volte al giorno perché un paese di così antica civiltà e “culla del diritto” continui a dargli credito. A noi, personalmente, è capitato di litigare in difesa dell’onor patrio in molti paesi lontani e perfino con un tassista dello Yemen. Recentemente a Damasco un ministro ci ha invitato a spiegare a una platea di direttori di giornali come fosse possibile mantenere come capo del governo un leader dall’immagine così compromessa. In una cena al Mandarin Hotel di Miami alcuni manager di hedge funds Usa con miliardi in gestione paragonavano il nostro premier ai ras africani ossessionati dal potere e che e’ impossibile spazzar via democraticamente. E uno dei più diffusi quotidiani di Atene ci ha chiesto di illustrare le ragioni di un fenomeno che, volendo usare un termine riduttivo, all’estero è considerato perlomeno un mistero buffo.

Ma sull’altro fronte – è la risposta che i sostenitori di Berlusconi danno sempre in Italia – c’è il vuoto. A parte il fatto che nessuno al mondo è insostituibile (gli Stati Uniti sono andati avanti senza Roosevelt e Kennedy, l’Inghilterra senza Churchill e la Francia senza De Gaulle) non sfugge più a nessuno che Berlusconi è franato proprio sul fronte di quella rivoluzione liberale strombazzata da 16 anni. Il cavaliere è un formidabile raccoglitore di consensi, ma un mediocre governante. Più preso dalla strenua difesa del “particolare” (i processi a cui vuol sfuggire, la sua “roba”) che dal benessere nazionale. E con una visione personale della politica (pensiero unico, torsioni della costituzione, mai un congresso del partito) che lo avvicina più al leninismo (e ovviamente a Putin e Gheddafi) che alla democrazia o alla “libertà” che sbandiera nel logo della sua formazione.

Berlusconi avrebbe potuto essere il Ronald Reagan italiano, un campione di liberismo e benessere in economia. Invece, niente: sono anni che il paese arretra e sprofonda dal punto di vista sociale, culturale ed economico. A fare le spese del degrado italiano sono soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni il cui tasso di disoccupazione, secondo l’Istat, continua a essere oltre tre volte piu’ alto della media europea: nel secondo trimestre del 2010 ha raggiunto il 27,9%.

L’Italia e’ ormai a tempo pieno sorvegliata speciale del Fondo Monetario Internazionale e dell’Ocse, insieme alla disastrata Grecia. Con Berlusconi al governo, a luglio il debito pubblico dell’Italia ha toccato un nuovo massimo storico a quota 1.838 miliardi di euro, al 118% del Pil quest’anno e con una stima al 124,7% nel 2015. E’ di gran lunga il piu’ alto debito pubblico tra i 27 paesi Ue che hanno in media il 73,6% del pil, e il terzo piu’ alto del mondo. Nulla e’ cambiato dai tempi di Andreotti e Craxi, anzi il declassamento accelera.

Rispetto all’anno scorso il debito italiano e’ aumentato di varie decine miliardi, cioe’ almeno 3 volte la “manovra” da 25 miliardi approvata in mezzo a grandi polemiche pochi mesi fa dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti per far quadrare il deficit di bilancio (manovra di cui oggi nessuno ricorda nulla se non i tagli a scuola, sanita’ e cultura). E il Pil dell’Italia – secondo l’Ocse – e’ destinato a registrare nel terzo trimestre una variazione negativa pari a -0,3% su base annua, unico sottozero tra il gruppo del G7 e il peggiore in Europa.

Abbiamo sprecato anni nella lotta all’evasione fiscale aiutando, al contrario, chi aveva esportato illegalmente capitali all`estero. Ma sentite mai qualcuno del governo parlare in tv di economia reale, produzione, sviluppo, stimoli, occupazione… al di la’ del caso Ruby, del Lodo Alfano, di scudo, leggi ad personam, e di come imbavagliare la magistratura? L’Italia poi e’ ferma al palo anche sul piano della competitività internazionale, secondo il World Economic Forum ci siamo piazzati al 48esimo posto su 139 paesi, ultimi tra tutte le economie avanzate e distanziatissimi dai nostri partner europei (precedono l’Italia stati con cui ci si vergogna a paragonarsi, come le isole Barbados, 43esime, o Porto Rico 41esimo). E nella penisola nessuno vuole investire piu’, dall’estero.

E vogliamo toccare l’argomento tasse, slogan n.1 nelle formidabili campagne elettorali di “per fortuna che Silvio c’e'”? Il prelievo fiscale in Italia e’ al massimo storico assoluto essendo passato dal 42,9% del 2008 al 43,2% del 2009 a dispetto delle chiacchiere a slogan della destra piu’ retriva che ancora definisce “sanguisuga” il governo Prodi. Su ciascun italiano grava un peso tributario annuo, fatto di sole tasse, imposte e tributi, pari 7.359 euro, mentre in Germania la quota pro capite tocca i 6.919 euro. Pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, da noi non vengano destinate risorse adeguate per i servizi pubblici (che invece vengono tagliati) per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani e chi vive ai margini della società per via della recessione. Un italiano su quattro e’ povero, statisticamente e in termini di stili di vita.

Infine con Berlusconi al governo (per la maggior parte degli ultimi anni) l’Italia e’ crollata nella classifica di Transparency International sulla corruzione nella pubblica amministrazione, che quest’anno ci vede al 67esimo posto a livello mondiale, dopo il Ruanda (66esimo). Il punteggio dell’Italia scivola “in considerazione degli ultimi dodici mesi caratterizzati dal riemergere di fatti corruttivi a vari livelli di governo (locale, regionale, nazionale) e che ha visto coinvolti sia funzionari che esponenti politici”. E non parliamo della criminalita’ dilagante e dei furti nelle case, ennesimo top storico e obbrobrio sociale.

Con questa sequela di dati ultra-negativi – ammesso e non concesso che Berlusconi, pugile gran combattente ma ormai alle corde, getti la spugna – la domanda e’: che fare dopo? Ebbene, una strategia politica di puro buon senso suggerirebbe di costituire con l’avallo del Presidente della Repubblica una coalizione di emergenza, una sorta di CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, che comprenda tutti i gruppi politici interessati al ripristino della grammatica democratica elementare, a partire dalla destra, cioe’ il nuovo partito di Fini, la Lega e quegli esponenti ancora sani nelle file del Pdl al governo e al Parlamento.

Il primo passo è il cambio della legge elettorale definita “porcata” dal suo stesso autore, che consenta agli italiani di tornare ad esprimere le preferenze e impedisca a chi vince di avere una schiacciante maggioranza in Parlamento anche se rappresenta a stento un italiano su quattro (è il caso del Popolo della Libertà) magari un uninominale con doppio turno di ballottaggio. Un governo a tempo per riportare a una corretta dialettica le regole del gioco per spersonalizzare la lotta politica e ovviamente per affrontare le emergenze dell’economia (nel marasma attuale completamente ignorate se non fosse che Giulio Tremonti sta a guardia del bidone).

Un esecutivo tecnico di emergenza nazionale, un “governo di guerra” per evitare la guerra civile di un’Italia lacerata, guidato possibilmente da un conservatore illuminato (Mario Monti, tanto per citare un nome o un super-gran commis come il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi) il tutto nel rispetto dell’ultimo responso delle urne. Il Presidente della Repubblica come dice la Costituzione, puo’ dare l’incarico ad un altro premier presentando un nuovo programma al Parlamento senza che si parli di golpe, come sostengono i piu’ faziosi fan del cavaliere. Dopo, si tornera’ a votare. Con una destra non più populista contro una sinistra riformista. Come avviene in tutti i paesi di democrazia avanzata.