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Mps: esplode l’affare Enigma. Siena non sarà più la sede?

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ROMA (WSI) – Una «associazione criminale» annidata nell’area Finanza di Mps, dedita a «reiterate condotte fraudolente appropriative» gestita «con lo stabile contributo dei sodali che garantivano loro adeguato supporto e connivenze».

Dopo il filone Antonveneta, scoppia il bubbone della «banda delle stecche» attiva tra Londra, Siena e Milano. Cinque i decreti di sequestro che congelano i patrimoni «scudati» proprio tramite Mps tra 2009 e 2010 degli ex vertici dell’area Finanza della banca toscana Gianluca Baldassarri e il vice Alessandro Toccafondi, e di tre soci della finanziaria londinese (con sede a Milano) «Enigma Securities»: Fabrizio Cerasani, David Ionni e Luca Borroni.

CACCIA AL TESORO

La cifra complessiva sequestrata è di oltre 40 milioni di euro, tra liquidi e titoli. Di questi, quasi 18 milioni di euro sono riferibili a Baldassari, tramite due fiduciarie (Galvani di Bologna e Compagnia fiduciaria nazionale di Milano), 10 milioni fanno capo a Toccafondi, mentre a Cerasani e Ionni sono stati sequestrati 7 milioni di euro, e a Borroni 210mila euro: i soldi dei broker erano depositati su conti correnti aperti presso la Allianz Bank advisors.

Il reato ipotizzato è associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata e continuata. Per tutti e cinque gli indagati – ma il numero delle persone coinvolte è superiore come si evince dagli omissis – nel filone sulle «stecche» (quello della «banda del 5%») i pm senesi rimarcano la «sproporzione degli importi scudati rispetto alle entrate ufficiali degli indagati e alle fonti di reddito a loro riconducibili».

L’SOS DI BANKITALIA

Tant’è che la genesi del sequestro si deve a segnalazioni fatte dall’Uif (Unità di informazione finanziaria) di Bankitalia. Insomma, per i pm quei soldi sono di «sicura provenienza illecita», e serviranno a provare i «reati ipotizzati», commessi per mezzo di «operazioni illecite condotte all’interno dell’area finanza di Mps attraverso riconoscimenti illegali (le stecche, ndr) e paralleli, veicolati nell’ambito di operazioni diversamente denominate e intrattenute con collaterali».

Il nuovo filone ha origine a Milano con due inchieste che hanno scavato nei rapporti tra l’ufficio milanese di Mps-Finanza proprietaria e due finanziarie: la svizzera «Lutifin» (su cui ha lavorato il pm Pellicano) e, appunto, «Enigma», il cui fascicolo (pm Baggio e Civardi) è stato trasferito ai pm senesi a fine del 2012.

IL LINK MILANESE

Proprio su Lutifin ha parlato Antonio Rizzo, il superteste ex dirigente di Dresdner Bank: nel 2008, Rizzo si accorge che il rientro da Mps di un derivato basato alle Cayman, da ristrutturare, di 120 milioni di euro prevede una «consulenza» da 600mila euro per la Lutifin. Sospetta una «cresta», ma sbatte su un muro di gomma. Finché un collega, Michele Cortese, a cena (mentre Rizzo registra), gli spiega che con la stecca la banca tedesca non c’entra. I destinatari via Lutifin – sarebbero stati Baldassari e Pontone, il responsabile Mps a Londra, noti secondo Cortese come «banda del 5 per cento».

Meccanismi simili, secondo gli inquirenti, sarebbero stati messi in piedi tra i vertici dell’area finanza di Mps ed «Enigma», che anche grazie al sodalizio finanziario con la banca toscana negli ultimi anni ha fatto registrare ricavi interessanti distribuendo ricchi utili ai soci.

INTERMEDIAZIONI D’ORO

Il direttore di «Enigma», Cerasani, è stato indagato a Milano a giugno 2012 per appropriazione indebita. L’ipotesi era che «Enigma Securities» si occupasse della compravendita di titoli per conto di Mps sui mercati over the counter, ossia non regolamentati, operando però «a condizioni predeterminate e diverse da quelle realizzabili sul mercato, per conseguire un profitto» da destinarsi a produrre un «nero», da spartirsi poi con i vertici di Mps.

Sarebbero questi i «riconoscimenti illegali o paralleli» nascosti in operazioni «intrattenute con collaterali» a cui accenna oggi la magistratura senese. Che, nel decreto, indica la via su cui proseguire gli accertamenti, «finalizzati a stabilire la provenienza, la destinazione, i relativi flussi di reimpiego e le eventuali retrocessioni delle somme». Lo scopo, fare luce su anni di intermediazioni e consulenze tra Mps e le società, tra cui «Enigma», che potrebbe non essere l’unica.

IL TERZO LIVELLO

Intermediazioni e consulenze – sospettano gli inquirenti – finalizzate a creare provviste illecite non registrate nella contabilità di Mps. E capire se gli strani ritardi nella registrazione di operazioni da parte degli uffici dell’area Finanza fossero sempre «pilotati» per poi intascarseli. L’indagine dovrà poi accertare se i vertici dell’area Finanza (Baldassarri, Toccafondi, eccetera) rispondevano solo a se stessi oppure a qualcuno più in alto.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Giornale – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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ROMA (WSI) – Dal 1472. Non è solo la data di nascita del Monte dei Paschi, ma qualcosa di più. Uno slogan che indica una storia in divenire. Siena e la sua banca, «insieme da cinque secoli» come si legge nei cartelloni pubblicitari all’ingresso di ogni filiale cittadina. Adesso qualcosa potrebbe cambiare. Il connubio potrebbe sciogliersi.

Nello scenario peggiore, per i senesi, addio al quartier generale di Palazzo Sansedoni, addio anche alla quota del 20% in mano alla Fondazione Mps, considerata la soglia minima per esercitare il controllo sulla banca. A questo arrivano i danni prodotti da una gestione avventurosa.

La Fondazione, depositaria del legame con il territorio ha da sempre tra gli scopi il mantenimento della sede legale e della direzione generale della banca in città. Ma nella bozza del nuovo statuto elaborata dall’avvocato torinese Angelo Benessia, legale storico dell’ente e fino a pochi mesi fa presidente della Fondazione San Paolo, è stato eliminato un paragrafo del terzo articolo, dove sono elencati gli obiettivi dell’ente. «Il mantenimento nella città di Siena della sede della direzione generale della Banca».

Non c’è più. Cancellato. La deputazione, come qui si chiama il consiglio d’amministrazione della Fondazione, ne ha discusso con toni piuttosto accesi nell’adunanza del 10 gennaio 2013. Non è solo questione di campanile. L’assenza di quel paragrafo che vincola la sede legale al territorio consente molto più facilmente la possibilità di sposare la banca con un altro istituto.

La bozza è pronta. E c’è poco tempo per approvarla. Lo statuto rivisto e corretto deve avere l’ok della deputazione entro la fine di febbraio, così da poter ottenere entro aprile il via libera dal Tesoro, che ha 60 giorni per dire la sua e chiedere correzioni o integrazioni. Agli inizi di maggio infatti parte il complesso iter delle nomine in vista dell’elezione della nuova deputazione prevista tra fine luglio e inizio agosto.

Quel paragrafo di una riga e mezzo contiene il nodo politico alla base di questa storia. E proprio per questo sta suscitando mal di pancia e tentativi di recupero. La partita si gioca sullo stretto controllo esercitato sulla Fondazione Mps dagli enti locali, con otto membri su 17 nominati dal Comune, cinque dalla Provincia, uno dalla Regione.

Una anomalia, segnalata da molti addetti ai lavori. Dai verbali di gennaio è evidente come all’interno dell’ente siano della stessa opinione, seppur formulata con toni più morbidi: «Occorre qui valutare la possibilità di rimeditare la disciplina statutaria, al fine di superare il corrente disallineamento rispetto alla vigente normativa».

Il passaggio successivo rivela una certa urgenza. Il ministero del Tesoro ha già fatto sapere in via informale al presidente uscente, Gabriello Mancini, che non tollererà una deputazione nominata con i vecchi criteri. Nel verbale dell’adunanza la mettono così: «Non si può escludere» che la stagione delle revisioni degli statuti delle Fondazioni secondo la «Carta» decisa dall’Acri (l’associazione delle Fondazioni) induca il ministero «a un intervento d’autorità in assenza di una iniziativa della Fondazione sul tema in questione, probabilmente troppo “sensibile” per confidare su tacita tolleranza».

La bozza Benessia prevede un intervento drastico sul numero dei membri nominati dagli enti locali. Da 14 che erano dovrebbero scendere a otto. La scelta degli altri sei andrebbe affidata alle associazioni e alle camere di commercio. La Fondazione non ha preso bene le novità, a cominciare dal paragrafo mancante. La bozza è stata rimandata al mittente.

Tra l’incudine di Benessia e il martello del Tesoro, la Fondazione ha poco margine di manovra. Anche perché è consapevole di vivere il momento peggiore della sua storia. Viene messa per iscritto anche la «necessità di procedere ad ulteriori dismissioni» per evitare le casse vuote entro la seconda metà del 2013.

Ma siccome da vendere resta ormai poco, anche un altro tabù sembra destinato a infrangersi. Per quanto ammaccata, Banca Mps rappresenta l’asset con le maggiori potenzialità e dunque non resta che cedere le quote. «Uno scenario che determinerà sicuramente una discesa al di sotto del livello del 20%».
Dal 1472. Ma è ben difficile che possa rimanere uguale a se stessa per altri cinque secoli.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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