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Montezemolo: peccato che i suoi, di investimenti off-shore, siano tutti in profondo rosso

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(WSI) – “Treni in partenza! Treni in partenza!”, annunciano da mesi Luca Cordero di Montezemolo e soci, tra cui l’inseparabile amico Diego Della Valle. E poi via all’attacco di Trenitalia, con polemiche e dispetti all’indirizzo del monopolista pubblico dei binari, il tutto opportunamente amplificato da tv e giornali.

Ma mentre si prepara all’esordio in ferrovia con la sua Ntv, l’ex presidente di Confindustria è inseguito dalle grane del passato. Sono affari targati Charme, il fondo con base in Lussemburgo lanciato sei anni fa da Montezemolo e affidato al figlio Matteo. Da poco Charme è stato affiancato da un altro fondo omonimo, questa volta con base in Italia.

Il fatto è che gli investimenti di Charme, quello lussemburghese, hanno lasciato una coda di perdite e debiti che si stanno rivelando più difficili del previsto da gestire. Anche a causa di una pesante crisi del lusso innescata dalla recessione. Ci sono i traghetti della Grandi Navi Veloci (Gnv), il cashmere griffato Ballantyne e gli arredi di lusso Poltrona Frau. Tutte queste aziende viaggiano con i conti in rosso. Stesso discorso per il fondo Charme, che da quando è nato, nel 2004, ha chiuso un solo bilancio in utile, quello del 2006, grazie al collocamento in Borsa delle azioni Poltrona Frau.

Questa operazione, come raccontato due giorni fa dal Fatto Quotidiano, ha fruttato a Montezemolo e soci 30 milioni di profitti, e per di più esentasse, grazie alla proverbiale generosità del fisco lussemburghese. Ma a parte quel favoloso 2006, quando ancora i mercati tiravano alla grande, Charme ha accumulato perdite: 9,7 milioni nel 2007, 8,2 nel 2008, 1,4 l’anno scorso.

Va detto che il fondo può contare su oltre 100 milioni di riserve. Ma questa non dev’essere una grande consolazione per la lunga lista di soci sostenitori chiamati a raccolta dal presidente della Ferrari. Per esempio, oltre all’amico Della Valle, anche Unicredit, Monte dei Paschi, gli imprenditori Merloni e Seragnoli e molti altri ancora.

Tutti investitori che, almeno in teoria, dovrebbero aver dato credito a Montezemolo nella speranza di guadagnarci. Invece quei soldi restano nelle casse del fondo perché non si sa bene come spenderli. E allora serve una soluzione. Un modo per raddrizzare i bilanci oppure per sfilarsi elegantemente da operazioni non proprio brillanti.

Le grandi manovre sono in pieno svolgimento. E riguardano almeno un paio di partecipazioni importanti di Charme. Per Gnv, in cui Charme vanta una partecipazione vicina al 10 per cento, è in arrivo una scialuppa di salvataggio lanciata dall’armatore Gianluigi Aponte, quello della Msc crociere e della Snav. Ballantyne ha invece da poco trovato un misterioso cavaliere bianco che arriva nientemeno che dal paradiso off shore delle British Virgin islands. Ma vediamo nel dettaglio com’è andata.

La Gulgong inc è la classica società schermo nata al sole dei Caraibi e ha già versato una ventina di milioni di euro nelle casse della Charme fashion, la holding controllata dall’omonimo fondo a cui fa capo Ballantyne. Chi si nasconde dietro Gulgong? Mistero. Ma c’è una pista che porta in Russia. L’anno scorso infatti nel consiglio di Charme fashion presieduto da Montezemolo è stata nominata l’avvocato di Mosca Elena Arinushkina. E’ possibile, quindi, che la quota intestata alla finanziaria Gulgong, oltre il 20 per cento del capitale, sia in realtà riconducibile a investitori russi.

Di certo Ballantyne ha bisogno urgente di capitali freschi per puntellare un bilancio messo a dura prova dal crollo delle vendite innescato dalla recessione. Nel giro di tre esercizi, dal 2007 al 2009, il fatturato dell’azienda è crollato da 24 a 14 milioni di euro e l’anno scorso le perdite hanno superato quota 11 milioni. Per scongiurare il dissesto, Charme non ha potuto fare altro che rifornire di capitali freschi la controllato. Con l’aiuto del socio off-shore, quello mascherato dietro le insegne della Gulgong caraibica.

A ben guardare anche Grandi navi veloci ha chiesto aiuto all’estero per riportare i conti in linea di galleggiamento. La società di traghetti è controllata dal fondo Investitori associati (67 per cento) insieme a Idea Capital del gruppo De Agostini (20,1 per cento), mentre Charme possiede una quota del 9,2. Entro qualche settimana tutti questi soci aggiungeranno un posto a tavola per Aponte, napoletano di origine ma ormai da anni residente in Svizzera, a Ginevra, da dove dirige uno dei maggiori gruppi armatoriali del mondo.

Lo stesso Aponte si è candidato di recente a comprare anche Tirrenia, la scalcinata compagnia di navigazione pubblica, mentre un paio di anni fa si era schierato in prima fila nella cordata Alitalia per poi sfilarsi all’ultimo momento. Adesso invece l’armatore con base a Ginevra marcia dritto su Gnv. L’obiettivo finale è quello di rilevare almeno il 50 per cento del capitale della società un tempo controllata dalla famiglia Grimaldi. Gli altri soci vedrebbero le loro quote ridursi di conseguenza. Compreso Charme, che potrebbe scendere sotto il 5 per cento riducendo quindi di molto il suo impegno.

Aponte pagherebbe per così dire in natura, cedendo a Gnv tre navi della sua flotta. E’ già stata siglata una lettera d’intenti e se l’affare dovesse davvero concludersi sarebbe l’ennesimo ribaltone per un’azienda che negli ultimi anni ha più volte cambiato azionisti di riferimento. Dalla famiglia Grimaldi è passata a una cordata di fondi guidata da Permira, poi è arrivata la quotazione in Borsa da cui nel 2004 è stata cancellata con un’offerta pubblica. Nel 2006 il testimone è passato a Investitori associati e Montezemolo. E adesso tocca ad Aponte.

Tra un passaggio e l’altro, con un’operazione di ingegneria finanziaria, i fondi hanno scaricato sull’azienda i debiti a suo tempo accesi per comprarla. E così, quando nel 2008 sono calati i ricavi per via della crisi mondiale Gnv si è trovata con un fardello in più, quello degli interessi da pagare alle banche creditrici. Così nel 2008 Grandi navi veloci ha perso quasi 10 milioni e nel 2009 circa 19 milioni. Pochi mesi fa, per evitare il peggio, è stato raggiunto un accordo con le banche per riformulare le condizioni dei prestiti e i vecchi soci hanno versato capitali freschi (circa 30 milioni). In attesa dell’arrivo di Aponte. Montezemolo invece si preparava a scendere dai traghetti. Ora viaggia in treno.

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