Società

Ministro teme scoppio “rabbia popolare”

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ROMA (WSI) – Nella eterna querelle su Imu e Iva si inserisce a gamba tesa il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, che dà ragione a Casaleggio, il guru del Movimento 5 Stelle, sul fatto che la persistente crisi e la mancanza di soluzioni politiche drastiche potrebbe provocare esplosioni di rabbia popolare questo autunno.

Sempre a sorprsa il ministro si smarca dal braccio di ferro sul fisco dicendo quello che pensano molti economisti e cioè che lo slittamento dell’aumento dell’Iva e l’eventuale eliminazione dell’Imu (o un suo ridimensionamento) “non muoveranno di una virgola il Pil del paese”.

I problemi sono ben altri, tra cui il saldo dei debiti della Pubblica Amministrazione con le imprese e lo sblocco del patto di stabilità almeno per le opere strategiche. La defiscalizzazione passa in secondo piano.

All’Italia non rimane molto tempo. Il debito pubblico ha toccato nuovi record, l’economia e’ entrata nel suo sesto trimestre consecutivo di recessione e le imprese non hanno più accesso ai prestiti, con le banche che nonostante gli aiuti della Bce hanno chiuso i rubinetti, anche alle famiglie.

Come sottolinea Andrea Colombo sull’edizione odierna del ‘Manifesto’, il governo Letta è finito in un “vicolo cieco”.


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ROMA (WSI) – Nella partita infinita dell’Imu gli uomini di Saccomanni provano a calare il jolly: far pagare di più le finte case popolari, rustici in versione extra-lusso compresi, per esonerare tutti gli altri dalla tassa. Che dopo il vertice tecnico tra maggioranza e governo di ieri sembra dividere un po’ meno i partiti. Una partita che non appassiona per niente il Ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio. Il quale vede «una situazione al limite della rabbia», dice di condividere l’allarme lanciato dall’ideologo del M5S Casaleggio e si tira fuori dalla disputa su Imu e Iva ammettendo: «non sposteranno di uno zero virgola il Pil del Paese».

Fatto è che ieri il tira e molla sull’Imu è andato avanti con i tecnici dell’economia impegnati a passare i rassegna tutte le soluzioni a Matteo Colaninno (Pd), Renato Brunetta (Pdl) e Linda Lanzillotta (Scelta civica). Un incontro ancora una volta interlocutorio ma dal quale è emersa una novità: l’Imu si pagherebbe indipendentemente dalla classe catastale di appartenenza quando l’immobile supera i 10 vani, almeno 150 metri quadri. Dimensioni maxi che si trovano solo in palazzine di lusso ma che spesso il nostro vecchio e logoro catasto classifica come di tipo economico se non popolare. Quelle nella categoria A2 delle più comuni abitazioni civili sarebbero quasi 700mila (il 9,7% del totale) e quelle in A3, ossia di tipo economico, altre 329mila, pari al 4,5%, dicono i dati elaborati all’impronta dalla Uil servizio politiche territoriali. Ma l’operazione non finisce qui. Nel mirino ci sarebbero anche le abitazioni, spesso costosissime, dei centri storici delle città, che sono accatastate come popolari o ultrapopolari. Il censimento per il loro reale valore di mercato lo ha già fatto l’ex agenzia del territorio ed anche loro potrebbero finire insieme alle case extra-large nella nuova classe «super A2» dove l’Imu continuerebbe a colpire le prime case e mazzolerebbe di più anche sulle seconde o terze con aliquote più alte delle attuali.

Conti ben più severi degli attuali finirebbero per saldarli anche i proprietari di ville e villoni classificati come rustici e case rurali ma ristrutturati di tutto punto. Oggi pagano una inezia anche se seconde case, domani potrebbero sborsare quanto i proprietari di immobili extra-lusso. Censirli non è difficile perché, salvo chi ha fatto lavori abusivi, tutti gli altri hanno dovuto segnalare le ristrutturazioni all’agenzia del territorio in quanto sotto vincolo paesaggistico. L’idea non è nuova ma fino ad ora è stata alla fine sempre rimessa nel cassetto perché il giochino di trasformare in super-dimore rustici e casali è particolarmente di moda nell’establishment.

Questo per quanto riguarda la tassa sul mattone, che anche se riveduta e corretta per salvare le prime case non di lusso, finirebbe comunque per essere convogliata nella nuova «tassa Ics», l’Imposta casa e servizi, che assorbirebbe anche la Tares sui rifiuti e l’addizionale Irpef. La nuova imposta conterrebbe inoltre sconti per le famiglie più numerose nella sua componente di possesso immobiliare, mentre quella che si paga per i servizi, rifiuti in testa, sarebbe commisurata ai metri quadri e al numero dei familiari. Nel senso che più si è e più si paga. Soluzione in vista anche per capannoni industriali e negozi, che dovrebbero poter dedurre l’Imu dalla base imponibile dell’Ires.

Resta il problema delle coperture. Ma anche qui il traguardo sembra meno lontano. Qualcosa, circa 400 milioni, arriverà dalla nuova «Imposta municipale secondaria» che accorpa canoni di pubblicità e occupazione suolo pubblico. Molto di più si otterrà dallo spostamento di alcuni prodotti dall’Iva agevolata del 4 e del 10% verso quella ordinaria del 21. Ma il grosso del contributo arriverà dalla oramai imminente spending review tarata sui costi standard di tutta la pubblica amministrazione, ovvero da tagli alla spesa. Ora i partiti diranno la loro, poi sarà il governo a fare la sintesi.

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