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MILLE EURO AL MESE

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(WSI) – Dieci a uno. È questo il rapporto tra l’assenteismo storico dei parlamentari italiani e quello dei loro colleghi americani: 31,4% la media di scranni vuoti negli ultimi tre decenni nelle nostre aule, 3,1% la media di assenze dei senatori di Washington. Che senso ha, davanti a numeri così, l’autodifesa imbarazzata o infastidita di quanti hanno spiegato ieri al Corriere come mai avevano esposto la straripante maggioranza di destra a una figuraccia sul primo voto che contava? «Ero un attimo al bagno… », «Ci siamo presi tre minuti di pausa…», «Ho scompensi di pressione dal caldo…».

Anche a Washington, in certi periodi, il clima è torrido. Eppure, dice uno studio di Antonio Merlo della University of Pennsylvania, la Camera dei rappresentanti ha lavorato nel 2007 per 164 giorni, il Senato per 180 e le aule erano sempre piene. Il tasso di assenteismo nell’arco dell’intera carriera dei 435 deputati (uno ogni 689 mila abitanti: da noi ogni 93 mila) è del 3,9%. Quelli che hanno marinato più del 10% delle votazioni sono il 4,4%. Quelli che ne hanno bigiate più 20% sono l’1,1.

Quanto al Senato, i membri che saltano più di un decimo delle votazioni scendono addirittura al 4% e l’unico che ha marcato visita più di una volta su cinque (20,8%) è stato Barack Obama. Ma perché corre per la Casa Bianca. Come solo la campagna presidenziale ha costretto John McCain e Hillary Clinton a rovinare il loro virtuoso «statino» con il 16% e con il 9% di assenze. Altrimenti, è sicuro, la loro media non sarebbe diversa da quella di un senatore celebre e pieno di impegni come Ted Kennedy. Che prima dei problemi fisici di questi giorni aveva «bucato» dal 1993 solo 206 voti su 4.044. Uno su venti.

Numeri umilianti, per noi. Basti ricordare che molti leader arrivano a prender parte a una seduta su cento. Che alla prima convocazione dopo le ferie estive, anni fa, si presentarono al Senato in 14 con 252 assenti ingiustificati e molti «in missione in località turistiche italiane ed estere». Che un ministro, Carlo Giovanardi, si spinse a definire «qualunquista e miserabile» la consegna a Striscia la notizia di un filmato che mostrava 26 «pianisti» che votavano per colleghi assenti.

E come scordare che il governo Berlusconi II, nei primi quattro anni dopo il trionfo del 2001 che gli aveva dato 89 deputati e 49 senatori di vantaggio, riuscì ad andare sotto addirittura 65 volte? Dicono che la politica è complessa, che c’è il partito da seguire, che il collegio va accudito… Anche in America hanno il partito, il collegio, gli elettori… Ma sono stati eletti per andare in Parlamento e ci vanno. Per questo, visti gli scarsi risultati ottenuti con la regola che Montecitorio taglia di 206 euro la diaria «per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni », forse è il caso di rovesciare tutto.

E di dare al parlamentare una busta paga iniziale di mille euro, da arricchire con aumenti e benefit e integrazioni generosi via via che venga accertata la sua solerzia, la sua partecipazione, la sua assiduità in aula e nelle commissioni. Alcuni, magari, arriveranno a prendere perfino più di oggi. Ma siamo sicuri che i cittadini, in quel caso, non tireranno affatto le monetine.

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