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Milano: arrestato assessore, a ‘ndrangheta 50 euro per voto

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Milano – Domenico Zambetti, assessore regionale della Lombardia alla Casa della giunta Formigoni, è stato arrestato con l’accusa di voto di scambio.

Soldi alla ‘ndrangheta in cambio di voti

L’uomo politico è accusato di voto di scambio per aver comperato 4.000 preferenze, in vista delle elezioni del 2010, pagando 200.000 euro a due esponenti della ‘ndrangheta.

Concorso esterno in associazione mafiosa dal 2009

Nei confronti dell’assessore lombardo, Domenico Zambetti è stato ipotizzato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Dalle indagini è emerso che l’assessore avrebbe pagato 50 euro per ogni voto garantitogli dai due esponenti della ‘ndrangheta.

All’assessore regionale lombardo, viene contestato di essere stato concorrente esterno nell’associazione mafiosa calabrese dal 2009 sino ad oggi.

Intercettazioni telefoniche

A suo carico vi sarebbero intercettazioni telefoniche che documentano le fasi del pagamento. L’arresto è stato chiesto dal pm della Dda Giuseppe D’Amico ed è stato disposto dal gip Alessandro Santangelo.

In carcere anche Ambrogio Crespi fratello minore dell’ex sondaggista
L’ordinanza firmata dal gip Alessandro Santangelo che viene eseguita in queste ore riguarda oltre all’assessore regionale Zambetti anche Ambrogio Crespi, fratello minore di Luigi, ex sondaggista preferito di Silvio Berlusconi. Era Crespi, secondo l’accusa, a rastrellare i voti nei quartieri periferici di Milano, grazie ai suoi numerosi contatti con la malavita organizzata.

20 arresti e due obblighi di dimora nell’operazione di oggi
Sono 20 le persone arrestate (una ai domiciliari e 19 in carcere) nell’operazione che ha coinvolto l’assessore regionale alla casa Domenico Zambetti.

Nel comunicato emesso dal capo della procura Edmondo Bruti Liberati c’è anche l’indicazione di due obblighi di dimora.

I reati contestati sono oltre al voto di scambio, il concorso esterno in associazione mafiosa (‘ndrangheta) e la corruzione.

Indagati a quota 13

Con l’arresto di Domenico Zambetti, assessore alla Casa della Giunta Formigoni, sale a 13 il numero di esponenti politici – fra Giunta e Consiglio – indagati dal 2010, inizio della legislatura al Pirellone.

Gli ultimi casi

Proprio l’altro ieri, è stato condannato in primo grado a due anni e mezzo per falso e truffa il consigliere del Pdl Gianluca Rinaldin mentre la scorsa settimana è stato chiesto il rinvio a giudizio per varie ipotesi di reato, fra cui corruzione, per l’ex vice presidente dell’Aula, Filippo Penati, ex Pd.

Tutti gli indagati

Questa sorta di ‘elenco’ stilato dai media per raccontare, in questi mesi, le vicende che intrecciano politica e giustizia in Regione Lombardia comprende il presidente Roberto Formigoni (Pdl), accusato di corruzione aggravata nella inchiesta sulla Fondazione Maugeri; l’ex presidente del Consiglio regionale, Davide Boni (Lega), accusato di corruzione; i due suoi ex vicepresidenti Penati appunto e Franco Nicoli Cristiani (Pdl, che, arrestato, si è dimesso dal Consiglio regionale), accusati a loro volta di corruzione; l’ex consigliere segretario Massimo Ponzoni (Pdl), arrestato a gennaio con varie accuse fra cui la corruzione e la bancarotta fraudolenta.

Sia Boni sia Nicoli sia Ponzoni, fra l’altro, sono stati assessori regionali nelle Giunte precedenti.

Indagati, al Pirellone, anche il consigliere del Pdl Angelo Giammario, ex sottosegretario di Formigoni, per corruzione; l’attuale assessore alla Sicurezza, Romano La Russa, accusato di finanziamento illecito; la consigliera Pdl Nicole Minetti, a processo per induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile nell’ambito del caso Ruby.

In un’inchiesta per tifo violento è, invece, stato coinvolto l’assessore leghista Daniele Belotti. Fuori ormai dalla politica, dunque senza alcun incarico, ma dentro questo ‘elenco’ ci sono l’ex consigliere leghista Renzo Bossi (dimessosi per l’inchiesta sull’uso dei rimborsi elettorali del Carroccio nella quale è accusato di appropriazione indebita) e l’ex assessore sempre leghista, Monica Rizzi, sospettata in passato di aver prodotto dossier proprio per screditare avversari interni di Bossi Jr.