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MERCATI USA: IMMUNIZZATI CONTRO DISOCCUPAZIONE

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Per molti la decisiva debolezza del rapporto sulla disoccupazione e’ probabilmente uno ‘shock’.

Dopotutto, la perdita di 223.000 posti di lavoro e’ stata ben al di sotto delle previsioni del mercato – compresa la mia a -75.000.

Si trarra’ naturalmente la conclusione che l’economia possa dirigersi verso la recessione. Si invertira’ probabilmente la tendenza a breve termine di titoli azionari e obbligazionari.

Ma si ritiene generalmente che il tasso di disoccupazione, al 4,5% in aprile, contro il 4,3% a marzo (consenso 4,4%), sia un indicatore che si muove con il mercato.

Mentre questa idea non dovrebbe ottenere oggi troppi seguaci, la storia ci dice che i mercati alla fine si comportano in modo da sostenere la credenza quasi universale che i dati sulla disoccupazione rappresentano un indicatore che si segue il mercato.

Infatti, durante e dopo l’ultima recessione del 1990-1991, il mercato azionario e’ salito, come pure e’ accaduto al tasso di disoccupazione.

Lo S&P 500, che ha toccato il fondo nel mezzo della recessione nell’ottobre 1990, ha ad esempio guadagnato il 45%, mentre il tasso di disoccupazione e’ salito dal 5,9% dell’ottobre 1990 al 7,8% del giugno 1992.

Un simile atteggiamento del mercato si e’ verificato nella recessione precedente del 1981-1982.

In un certo modo, la debolezza del rapporto sul mercato del lavoro USA puo’ in realta’ piantare il seme per un rafforzamento dei mercati azionari abbassando le aspettative sulle condizioni del mercato del Lavoro.

Inoltre, se il mercato azionario alla fine si riprendera’ dal colpo iniziale sul rapporto della disoccupazione, questo l’aiutera’ ad immunizzarsi dai deboli dati sull’occupazione dei mesi prossimi, come nel caso delle ultime due recessioni.

Il mercato dei bond seguira’ un simile destino, invertendo ad un certo punto il suo ottimismo iniziale.

Per la Fed, il taglio di 50 punti base sembra una conclusione scontata e i mercati obbligazionari sembrano d’accordo – i future sui fondi Fed comprendono ora il 90% di probabilita’ di un taglio di 50 punti base all’incontro del FOMC del 15 maggio.

Non sarebbe uno shock se la Fed rispondesse sin da oggi, dati i precedenti storici, ma avendo gia’ abbassato i tassi al di fuori degli incontri del FOMC il 18 aprile, la probabilita’ di un secondo taglio a sorpresa e’ ridotta.

Cio’ nonostante, si puo’ scommettere su una riduzione di 50 punti base a meno che la Fed non dia segnali opposti.

Nel fragile quadro attuale, la Fed non puo’ permettersi di dare sorprese negative e quindi probabilmente mettera’ in guardia i mercati se crede che i mercati stiano andando nella direzione sbagliata.

*Anthony Crescenzi e’capo analista della divisione Capital Markets presso la boutique finanziaria newyorkese Miller, Tabak & Co. E’ anche amministratore delegato del sito Bondtalk.com.