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MERCATI: POCHE NOVITA’, A PARTE GLI HEDGE FUNDS

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*Michele Pezzinga e’ lo strategist di CentroSim. I suoi commenti non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

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(WSI) – Mercati ancora poco mossi, con l’obbligazionario sempre ben impostato,
pronto a cogliere ogni spunto positivo per mettere a segno ulteriori
progressi nonostante i livelli già raggiunti, e l’azionario
sostanzialmente fermo attorno ai livelli attuali.

Wall Street alterna ad
una debolezza di fondo qualche sporadico recupero (tipico il +1% di ieri
per l’S&P 500) e le Piazze europee, pur meglio intonate, seguono comunque
a ruota; quanto al Nikkei, stamani è sceso ancora (-1,1%) per la settima
seduta consecutiva, nonostante l’atteso balzo del PIL giapponese nel 1°
trimestre 2005 (+1,3% sul precedente, pari ad un +5,3% annualizzato).

Le
novità sul fronte dell’economia e degli utili sono scarse, e proprio per
questo l’attenzione, oltre che le voci, è focalizzata attorno al mondo
hedge, i cui movimenti, di riflesso alle difficoltà incontrate da alcuni
di essi, sono ritenuti all’origine di molte “stranezze” dei mercati. Per
la maggior parte degli osservatori la concomitanza di bond ai massimi e
Borse deboli sarebbe una palese assurdità, alla luce degli attuali scenari
per l’economia e gli utili; scontata dunque la caccia al colpevole,
ovviamente dal lato dei bond, individuato prima negli indebiti interventi
delle Banche Centrali asiatiche, poi nella “esuberanza irrazionale” del
mercato, incapace di cogliere gli inviti alla cautela da parte della FED,
e ora nell’instabilità provocata dagli hedge fund, che come conseguenza
ripropone il fenomeno della “fuga verso la qualità”, a favore, tra gli
altri, di Bund e Treasuries.

Che tutto ciò sia invece, come anche noi
crediamo, il semplice riflesso di attese di crescita in decelerazione per
fine anno e oltre, con un’inflazione destinata a rientrare e utili in
frenata, non è stranamente contemplato. In ogni caso, anche ieri l’unico
dato macro in programma, l’indice di attività dello Stato di New York, è
apparso di gran lunga inferiore alle attese, scendendo a quota -11,1,
rispetto al +2 registrato in aprile e al miglioramento a quota +10
mediamente atteso dal consenso; numeri che ai più dicono poco, salvo
mostrare, con una lettura in territorio negativo e ai minimi degli ultimi
due anni, di nuovo una sottostante contrazione di attività.

Segnali
negativi anche dai dati sugli afflussi di capitale USA, che hanno mostrato
per marzo livelli molto bassi, inferiori sia alle attese, sia allo stesso
deficit commerciale (45,7 mld, contro i 55 mld del disavanzo e gli 84,1
mld di afflussi registrati in febbraio). Il dato dovrebbe suonare un
allarme per lo stato di salute del dollaro, ma al contrario la valuta USA
sembra in migliore forma rispetto ai mesi scorsi, tra l’altro proprio
quando le voci sull’auspicata rivalutazione del cambio cinese sono più
intense che mai. Anche qui effetto hedge funds?

Dopo le sorprese positive giunte la settimana scorsa da occupazione e vendite
al dettaglio USA, oggi potrebbe giungere qualche nuovo segnale di
debolezza dalla produzione industriale, vista salire solo di un modesto
+0,2% in aprile (alle 15:15). Attenzione, comunque, anche al fronte dei
prezzi USA, con in programma oggi quelli alla produzione e domani quelli
al consumo. I producer prices odierni (14:30) sono visti salire di uno
0,4% a livello complessivo, ma di un modesto 0,2% escluse le componenti
più volatili. Anche per domani si preannuncia un risultato analogo (+0,4 e
+0,2% “core”), segno che, ovviamente in caso di conferma dei pronostici, i
timori di inflazione non dovrebbero avere per il momento particolare
seguito.

Il greggio intanto si conferma ancora debole, anche se più per
effetto della contestuale ascesa del dollaro (un fenomeno che si sta
verificando anche sul mercato di tutte le principali materie prime), che
non per il peso di ulteriori pressioni in vendita; un’ulteriore flessioni
non è comunque da escludere, almeno in questa fase, a fronte di regolari
flussi in offerta, da un lato, e scorte commerciali su livelli già
particolarmente elevati con una domanda finale in temporanea
decelerazione, dall’altro. Non a caso proprio l’indice degli oil, con un
-0,9%, ancora una volta ha contribuito ieri a frenare la performance
dell’indice Eurostoxx, in calo di un più contenuto 0,15%.

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