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MERCATI FINANZIARI: L’ OUTLOOK (01/3/05)

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USA: i redditi personali hanno segnato a gennaio un calo del 2,3% in termini nominali e dello 0,2% in termini reali. I dati di dicembre e gennaio sono però stati influenzati dall’elevato dividendo distribuito a fine dello scorso anno da Microsoft (circa 33Mld$). Al netto di tale flusso, le variazioni nominali di dicembre e gennaio sono state pari a +0,6 e +0,5%, evidenziando pertanto una buona tenuta dei consumi. Il dato più atteso era comunque rappresentato dal deflatore della spesa personale al netto di energia ed alimentari. In termini tendenziali la variazione è stata pari a 1,6%, un valore collocatosi a metà del range stimato dalla Fed (1,5-1,75%) sia per quest’anno che per il prossimo. Il dato è risultato in rialzo rispetto all’1,5% di dicembre, impattando negativamente sui bond: sul tratto decennale è stato raggiunto il livello massimo di tasso dagli inizi di dicembre.

Olson, membro votante della Fed, in un discorso successivo alla pubblicazione del dato, ha però riconfermato la view di Greenspan sui prezzi, secondo cui al momento le spinte inflative sono ben contenute. Il Chicago Pmi del mese di febbraio è risultato in rialzo grazie soprattutto ad una buona performance della componente ordinativi e soprattutto di quella occupazionale (da 52,8 a 57,7). Oggi è attesa l’indice Ism manifatturiero: in vista dei dati sul mercato del lavoro di venerdì assume una rilevanza maggiore soprattutto a sottocomponente occupazionale.

Europa: stabile all’1,9% il tasso di inflazione italiano di febbraio. I capitoli di spesa che hanno maggiormente risentito dell’incremento sono risultati gli alimentari, la casa, trasporti, alberghi e ristoranti. Il dato armonizzato ha registrato un tendenziale al 2,1% in rialzo dal 2% di gennaio. Scende invece l’inflazione europea di gennaio che ha visto un tendenziale in crescita dell’1,9% dal 2,4% di dicembre e dal 2% atteso.

Relativamente al mese di febbraio quindi, considerato il dato di Italia e Germania (il dato francese sarà pubblicato nei prossimi giorni), potremmo attenderci un cpi armonizzato compreso tra il 2-2,1%. Peggiore delle attese gli indici di fiducia della Commissione Europea. L’indice complessivo è sceso a 98,8, da 100,8 di gennaio, riportandosi su livelli che non si vedevano da marzo 2004. La fiducia del settore industriale è scesa a –7 da –5, mentre quella delle imprese è passata 0,20 da 0,40 con il calo principale registrato dalle esportazioni, libro ordini e trend di produzione.

Il deterioramento degli indicatori anticipatori avvalora l’ipotesi di un nulla di fatto in occasione della riunione delle autorità monetarie di giovedì. Secondo quanto riportato da FT Deutschland il 3 marzo la Bce taglierà le stime di inflazione del 2005 portandole sotto al 2% attuale e ridurrà quelle di crescita (al momento all’1,9%).

Asia-Pacifico:mentre l’indice azionario Hang Seng ha perso l’1% ad Hong Kong, anche sotto il peso della delusione per i dati di bilancio di HSBC (-2,25%), l’indice Nikkei 225 ha messo a segno il quarto rialzo consecutivo a Tokio, con i titoli del comparto del ferro ed acciaio che hanno proseguito il forte rally iniziato nell’ultimo terzo di febbraio, ed i titoli della distribuzione commerciale che, dopo i buoni dati preliminari pubblicati ieri circa le vendite al dettaglio nel mese di gennaio, hanno beneficiato delle ulteriori buone notizie sul fronte macroeconomico per l’arcipelago.

La spesa per consumi delle famiglie di lavoratori dipendenti è cresciuta in gennaio dell’8,2%, su base destagionalizzata, il maggiore incremento da sei mesi a questa parte, con la variazione tendenziale annua a +2,6% (contro un’attesa mediana di -1,2% a/a) con un buon contributo degli acquisti di automobili e di beni durevoli, come televisori e frigoriferi.

Superiore alle attese, invece, il tasso di disoccupazione, che nello stesso mese si è comunque mantenuto al 4,5%, su base destagionalizzata, livello minimo degli ultimi sei anni, con un job-offerings-to-applicants ratio rimasto a livelli elevati.

Commodity: raggiungono i 52 $/b i prezzi del petrolio dopo che una nuova ondata di freddo ha investito la parte Nord Est degli Usa, che consuma l’80% dell’heating oil dell’intera area, portando a pensare ad un aumento della sua domanda. Secondo la weather Derivatives Inc. nella settimana tra il 1° e 7 marzo le temperature potrebbero scendere ampiamente sotto la media. L’incremento è inoltre da attribuire ad alcune dichiarazioni del presidente Opec, secondo cui l’Organizzazione potrebbe mantenere invariata l’attuale quota produttiva nella riunione di marzo.

A cura di A. Cesarano (Responsabile desk Market Research), L. Lorenzoni (Economista), C.Pace (Research Assistant)