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Manovra: per il governo PDL Visco e Prodi erano ‘Dracula’. Ma adesso e’ peggio

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(WSI) – In questi giorni il tema che appassiona maggiormente analisti ed editorialisti politici è l’immagine di un Berlusconi ormai commissariato dal suo ministro dell’Economia, per qualità e quantità della manovra correttiva che Tremonti ha svelato (forse) al mondo.

L’originale e la copia

Il premier, che ha passato gli ultimi anni a promettere che con lui l’Italia cesserà di essere uno “Stato di polizia tributaria”, deve gestire l’ormai palese inclinazione tremontiana a fregarsenealtamentedelprimatodelcittadino, sovraordinandogli la Pubblica amministrazione, in quella che potrebbe essere ribattezzata l’operazione “asservire il popolo”. Dopo il sostanziale congelamento della riforma della Pubblica amministrazione, che rischiava nientemeno di far sorgere diritti in capo ai sudditi, la prima formulazione della manovra parla di inversione dell’onere della prova nei rapporti tra contribuenti e fisco, con i primi costretti a dimostrare al secondo di aver pagato le tasse, e non viceversa.

Già questo basterebbe per invocare il ritorno di Vincenzo Visco, perché è comunque meglio l’originale dell’imitazione; ma è l’ipotesi di reintrodurre misure di tracciabilità dei pagamenti, secondo l’idea dell’ex ministro delle Finanze, che metterebbe una bella pietra tombale sul sedicente liberalismo fiscale di Berlusconi. L’obbligo di tracciabilità per transazioni in contanti superiori a 3 mila euro, rispetto alla soglia draconiana di 100 euro prevista dall’ultimo governo Prodi, se confermato, sarebbe un limite pressoché simbolico e del tutto inefficace per contrastare l’evasione, soprattutto se non affiancato da obblighi quali la gestione telematica dell’elenco di clienti e fornitori.

Inefficacia a fini del gettito, ma massimo danno al simbolismo da Tea Party fuori tempo massimo del premier. Vi ricordate le campagne di Libero e del Giornale, tre anni addietro, a difesa delle vecchiette costrette a pagare il pane con un bancomat di cui non ricordano il codice? È interessante questa nemesi storica e questo percorso di risveglio alla realtà di una coalizione che è partita dal poujadismo e sta arrivando al redditometro due-punto-zero.

Regioni e dispersioni

Altra ipotesi prodiana è poi la mega-fusione tra enti previdenziali, che sta rapidamente diventando un evergreen della nostra classe politica, un po’ come gli asili nido e la soppressione dei mitologici enti inutili , che alla fine non risulteranno tali. Il blocco dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego metterà una pietra tombale sul principio di incentivazione di produttività e meritocrazia, e una spruzzata di demagogia populistica verrà con il taglio delle retribuzioni dei dirigenti pubblici più “ricchi”. Al momento manca ogni ipotesi di razionalizzazione dei centri di spesa e procurement della Pubblica amministrazione, che restano frantumati e frammentati, e dietro ai quali si nasconde l’”idra” della spesa pubblica, al netto delle varie cricche.

Bisognerebbe chiedersi perché sono lustri che si favoleggia di creare centrali d’acquisto regionali per la Sanità, la cui spesa evidenzia indici di dispersione territoriale del tutto patologici (rectius: delinquenziali),eppurenullaè mai stato fatto al riguardo, mentre bisognerebbe che qualcuno spiegasse a Bossi e Calderoli che tutto quello che è stato fatto finora dal governo va in direzione diametralmente opposta alla creazione di un federalismo fiscale.

Le riforme strutturali

Indipendentemente dal dettaglio della manovra – che muta di ora in ora e continuerà a cambiare nonostante la firma di Berlusconi – e tra documenti rimossi dal portale del ministero dell’Economia e procedure inusuali, quello che appare evidente è che anche a questo giro il Paese non potrà contare su riforme di struttura, capaci di stimolare la crescita. Nella migliore delle ipotesi avremo un remake sbilenco delle misure di Prodi e Visco, con abituale diluvio retorico capezzoniano sulla “sinistra che rema contro”.

Chissà quando a Palazzo Chigi-Grazioli ci si renderà conto che è cambiato il mondo, nel senso che la crisi ha lasciato come cicatrice profonda una riduzione permanente del potenziale di crescita. Non è un caso che i mercati stiano prezzando l’ennesimo gradino nel differenziale tra Btp e Bund, giunto ormai a 1,4 punti percentuali sulla scadenza decennale. Aggiungiamo l’inevitabile diluizione dei provvedimenti e il risultato sarà qualcosa più di un’alzata di sopracciglio da parte dei mercati.

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