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Manovra Monti: non e’ che l’inizio, ne seguiranno altre

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Roma – Tra tagli e misure di austerita’ negli ultimi tre anni l’Europa non ha fatto che aggravare i suoi guai. Ma per uscire dalla crisi in cui si trova inguaiata, l’Italia non ha altra scelta: e’ la sola strada da percorrere per tranquillizzare mercati ed Europa. Per dimostrare al piu’ presto di essere in grado di sfatare l’annoso tabu’ della riforma delle pensioni e di raggiungere il pareggio di bilancio. Entrambi traguardi alla portata per come si presenta il “decreto Salva-Italia”, come l’ha chiamato Monti, che oltre all’innalzamento dell’eta’ pensionabile prevede reintroduzione dell’Ici, patrimoniale e aumento dell’Iva. Per alimentare veramente crescita e occupazione ci si pensera’ piu’ avanti.

Questo il concetto espresso in un’intervista concessa a Wall Street Italia da Maria Teresa Salvemini, docente di economia alla Sapienza di Roma. “Se non si riescono a fare queste misure non so chi ci puo’ salvare. Immaginatevi lo scenario apocalittico in cui si tengono elezioni a febbraio mentre i dipendenti del settore pubblico sono rimasti senza stipendio”. Sarebbe il caos totale. Ecco perche’ il governo non puo’ fallire. Di manovre ne seguiranno altre – di cui una quasi certa sul lavoro previa concertazione – e quelle dovranno osare di piu’ di uno sgravio Irap alle imprese.

Se invece la manovra d’emergenza 2012-2014 da 20 miliardi netti dovesse imbattersi in qualche ostacolo di troppo – vedi la possibile ostruzione politica nelle aule di Parlamento (il PdL che ha ancora la maggioranza relativa la votera’?) o la bocciatura dei mercati – e non dovesse entrare in vigore cosi’ “pesante” come si presenta, allora per l’Italia sarebbero guai. Anche perche’ nel frattempo le tensioni sul mercato secondario non mollano la presa, con tassi di interesse intorno al 6,7% (sul primario secondo Salvemini rischiamo meno perche’ potrebbe intervenire la Bce). In caso di approvazione del decreto, i cittadini si dovranno rassegnare a un “Annus Horribilis” di recessione e stenti, ma per lo meno non vedranno depauperati i loro risparmi in uno scenario post default.

La tassa sugli immobili e’ gradita all’ex capo di gabinetto del ministro del Bilancio Andreatta dal 1996 al 2002, perche’ e’ piu’ difficile da evadere rispetto a quella del reddito: “Bisogna capire che la reintroduzione dell’Ici e’ fondamentale, ridurra’ l’area di evasione, ma va fatta in modo equo”. Obiettivo: rendere proporzionato il carico sui piu’ e meno abbienti. La famosa “equita’”, che insieme a rigore e crescita costituisce sulla carta le tre regole d’oro del nuovo corso della politica “d’emergenza” italiana.

“Bisogna aumentare il prelievo in rapporto molto stretto con la riduzione del debito”, sottolinea l’economista. “Una parte delle tasse sul patrimonio dovranno essere destinate a ridurre il debito e non soltanto a ridurre il deficit“. L’anomalia del caso italiano non aiuta: “Abbiamo un avanzo primario che nessun altro paese ha”, ovvero preleviamo molte piu’ risorse di quanto spendiamo. Un disequilibrio che secondo la professoressa universitaria “ci costringera’ a politiche recessive, finche’ non avremo ridotto le spese per interessi“. La mancata riduzione delle spese che secondo molti analisti e’ il punto dolente della manovra.

Oltre al ritorno dell’Ici, definita “un buon inizio”, essendo una sorta di patrimoniale sulla casa, l’esperta di debito e conti pubblici si augura che venga fatta una patrimoniale sul modello francese, che non sia dunque solo una tantum. L’innalzamento dell’Iva, invece, e’ condivisibile solo se non colpisce la classe media e i piu’ deboli, perche’ “tanto chi se lo puo’ permettere i beni di lusso continuera’ a comprarli”. Per l’imposta generale sui consumi, e’ previsto un incremento del 2%, per 16 miliardi di euro, a partire dal secondo semestre 2012, il che aumenta il rischio di recessione l’anno prossimo. Il gettito andra’ in interventi per le famiglie. Le misure che vanno a punire i piu’ ricchi saranno il prelievo “una tantum” dell’1,5% per i capitali fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale, tassa su auto di lusso, aerei, elicotteri e sulle rendite finanziarie.

Resta da vedere se in futuro misure coraggiose e veramente piu’ eque sono nelle corde di un esecutivo di “tecnici” e banchieri, vicini ai cosiddetti “poteri forti”. Monti ha fatto sapere che nessuna parte sociale “deve essere soddisfatta dalle nostre azioni, perchè tutti debbono partecipare allo sforzo del paese”. Come a dire: si illudeva chi pensava sarebbero stati risparmiati i soliti, classe media e piu’ deboli. Le critiche non si sono fatte attendere. I sindacati, secondo cui la manovra grava solo su pensioni e lavoro, sono gia’ sul piede di guerra, mentre gli industriali si sono lamentati per la mancata riduzione delle spese e per l’innalzamento delle tasse, che in Italia sono gia’ sopra la media.

IL VERO PROBLEMA SONO LE BANCHE NON I GOVERNI SOVRANI

Per quanto riguarda il rischio che l’Italia non riesca a ripianare il suo debito – solo a febbraio ci sono 25 miliardi di euro in scadenza – Salvemini invita a distinguere tra mercato primario e secondario. Se nel primo il nervosismo e le pressioni sono innegabili, con le banche che non si fidano piu’ di comprare titoli che “fino a sei mesi fa compravano senza problemi”, costringendo la Bce a intervenire, sul secondo “abbiamo aste che restano dentro certe forchette di prezzo. La domanda a febbraio e’ possibile che si collochi su quei valori”.

Sul primario banche e governi in qualche modo ce la faranno a trovare finanziamenti. Anche se dovranno sfidarsi in questo campo. Lo dice la storia. “E’ dal 2007 che c’e’ una crisi del debito in tutto il mondo. Gia’ ci si domandava come far fronte a banche e governi sovrani a caccia di prestiti sul primario. Una delle strade classiche e’ quella di usare l’inflazione per ridurre il debito pubblico e privato”.
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Pur riconoscendo i problemi strutturali del sistema Italia (un circolo vizioso di crescita anemica e debito da 1.800 miliardi), per il crollo del valore dei Btp, Salvemini punta il dito sulla modifica delle regole di Basilea, che “hanno imposto di valutare i titoli pubblici al prezzo di mercato e non di rimborso. Secondo un report di Bankitalia risalente a dicembre 2010, un anno fa le banche estere avevano il 52% di titoli nostrani. Ora quella percentuale si e’ pressoche’ dimezzata. “Queste banche, per via di Basilea, vedendo che i tassi salivano, hanno preferito vendere prima che dopo”. E’ li’ che la tensione ‘e montata.

Salvemini e’ piu’ preoccupata per le banche, che per i governi sovrani. “Bisogna vedere se il rendimento sia giunto al punto di non ritorno“, difficilmente lasceranno fallire l’Italia. I default nell’aerea euro sono molto rari. “Il problema delle banche, invece, e’ complesso. La Bce deve continuare a sostenere i bilanci degli istituti di credito se si comportano meglio (redditivita’ e solidita’ di bilancio) e provvedono agli aumenti richiesti. Nelle settimane scorse i titoli di stato italiani a dieci anni hanno superato il 7%, la soglia oltre la quale Grecia, Portogallo e Irlanda sono state costrette a chiedere aiuti esterni. Ma negli ultimi due giorni spread e rendimenti sono calati.

“Via via che la febbre diminuisce, il fondo salva stati e il Fondo Monetario Internazionale ce la faranno a intervenire con le loro medicine”. L’Fmi non ha l’obbligo di comprare tutto il debito italiano. Deve intervenire sul mercato primario, non sul secondario. Chi perde li’, si e’ preso i suoi rischi di mercato consapevolmente. Per le aste, invece, e’ piu’ importante”.

EUROBOND UTOPIA, PRIMA VA RIFORMATA L’EUROPA

La soluzione degli Eurobond e’ suggestiva, ma e’ prematuro parlarne ora. Non verra’ mai approvata e non e’ nemmeno giusto adottarla, senza prima raggiungere un’armonizzazione dei bilanci. Al momento e’ impossibile paragonare i vari bilanci e non c’e’ interazione di intenti. “Vanno pareggiati e confrontati i bilanci. Devono fare regole che valgano per tutti e arrivare a una supervisione incrociata”.

A decidere il destino dell’aerea euro saranno dunque i francesi e i tedeschi. Il crollo della moneta unica sarebbe una calamita’ maggiore di qualsiasi default. “Il debito spagnolo e’ piccolo, i francesi non si faranno portare sulla stada del default, quindi dipendera’ molto da noi”.

Cio’ che deve far paura ai cittadini italiani, piu’ che il rischio di default, e’ invece la recessione che li attende l’anno prossimo. “Il vero problema e’ la crisi economica, quella si, che deve preoccupare. Il 2012 sara’ un anno orribile, in particolare per classe media e piccoli risparmiatori. Tuttavia, non sara’ come il 2010 in Grecia”.

“La situazione critica riflette gli umori del momento. Se passa la riforma delle pensioni si da’ una dimostrazione importante del fatto che l’Italia e’ in grado di sfatare il tabu’”. E si allontanera’ lo spauracchio default. Per quanto riguarda invece la vita reale di tutti i giorni, molti dovranno tirare a campare.

Maria Teresa Salvemini e’ docente di Politica Economica e Finanziaria alla Sapienza. Ha ricoperto molti incarichi nel settore pubblico e ha lavorato a lungo come esperto e consigliere economico presso il Tesoro. Ha fatto anche parte del Comitato consultivo del debito pubblico, del Consiglio Tecnico Scientifico della Programmazione Economica e della Commissione Tecnica per la spesa pubblica. E’ stata Capo di Gabinetto del ministro del Bilancio Andreatta. Dal 1996 al 2002. Vanta pubblicazioni in materia di moneta, debito pubblico e politica di bilancio