ROMA (WSI) – Il periodo no dell’industria manifatturiera italiana è (quasi) finito, ma l’Eurozona nel suo complesso è ancora pericolosamente vicina a una fase di stagnazione.
A giudicare dal sondaggio dei direttori di acquisto, il mese scorso l’indice Pmi è infatti salito ai massimi di quattro mesi, sfiorando i 50 punti.
Il risultato di 49,9 è superiore ai 48,4 registrati in dicembre.
I 50 punti sono la soglia di demarcazione tra una fase di espansione e una di contrazione.
Secondo Markit, che ha diffuso i dati, si tratta del primo incremento da quattro mesi con cui l’indice Pmi sull’Italia è salito ai massimi sempre da quattro mesi.
Al tempo stesso si è registrato un nuovo calo sugli ordini. Infine, altre note positive sono giunte dall’occupazione, con un leggero aumento che ha interrotto la precedente fase di tagli durata tre mesi.
Anche la fase di contrazione in Francia sta per volgere al termine. Il Pmi è cresciuto a 49,2 da 47,5. In miglioramento anche Spagna e Olanda, dove l’attività è in fase di espansione, sui massimi di 2 mesi.
Il settore industriale greco invece non può dire lo stesso: l’attività si è contratta al ritmo più accelerato degli ultimi 15 mesi in gennaio.
I dati di Markit delineano una situazione molto critica. I nuovi ordini provenienti dall’estero e anche dai consumatori greci sono entrambi scesi, in un segnale di indebolimento in vista delle elezioni che hanno sancito la vittoria del partito anti austerity di Syriza.
La deflazione continua a farsi sentire, con i costi alla produzione che sono calati al tasso più alto degli ultimi 69 mesi.
Il Pmi è scivolato ai minimi di 15 mesi di 48,3 punti il mese scorso.
Secondo Phil Smith, economista di Markit “a prima vista i risultati di gennaio appaiono moderatamente positivi” per l’Italia. “Ad ogni modo rimane evidente la debolezza della domanda interna che trascina in basso i prezzi di vendita e continua a erodere la redditività.
“A gennaio, alleviando alcune pressioni sui margini, si contraggono i costi di acquisto. Nonostante ciò, previsioni di prezzi del petrolio più stabili e il recente crollo dell’euro potrebbero arrestare questo declino”. Inoltre, conclude Smith “la debolezza dell’euro favorirà le esportazioni, area questa in cui le imprese manifatturiere italiane registrano già risultati positivi”.
Per quanto riguarda invece il quadro complessivo di tutta l’area euro, il capo economista Chris Williamson parla di “segnali di uscita dalla crisi nel settore manifatturiero”. Ora “il ‘bazooka’ del quantitative easing su larga scala introdotto dalla Bce dovrebbe incoraggiare l’economia miglioramento della fiducia, sia tra i consumatori che tra le aziende, oltre che un indebolimento dell’euro”.
(DaC)