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Macron: “tasse più basse ma francesi lavorino di più”. La ricetta non convince i gilet gialli

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Tasse più basse sul lavoro, eliminando le esenzioni fiscali per le imprese e riducendo la spesa pubblica; indicizzazione delle pensioni; abolizione della scuola delle elite, l’Ena; ma anche lavorare di più e più a lungo.

È questa la ricetta del presidente francese Emmanuel Macron presentata ieri alla stampa per fermare le proteste dei gilet gialli, alla vigilia di un nuovo sabato di proteste.

Una ricetta che non è stata presa bene dai presa bene dai protestanti. Perchè se Macron promette di abbassare le tasse tagliando la spesa pubblica e alzando l’orario di lavoro, il movimento dei Gilet gialli ha sempre puntato in un’altra direzione.

“Sono deluso, non ha capito davvero nulla e ci spingerà tutti in un pantano senza nemmeno rendersene conto” ha detto a Euronews una donna del movimento. “Non ha fatto nulla se non gettare benzina sul fuoco, e questo è tutto” le fa eco un compagno. “Noi manterremo le nostre proteste, i nostri incontri e tutto ciò che abbiamo pianificato. Purtroppo, credo che le proteste in programma per il 1 maggio, oltre che molto partecipate, saranno violente, molto violente”

Macron ha riconosciuto che i ‘gilet gialli’ sono portatori di giuste pretese, ma ha invocato il ritorno dell’ordine.

Il capo dell’Eliseo stima in circa “5 miliardi di euro” il calo delle tasse sul reddito, anche se ha precisato che toccherà al governo “definire il quantum”. Per finanziare il taglio delle tasse occorrerà però lavorare di più: un sistema che incoraggi a “versare contributi per più tempo” e ritardi quindi l’uscita dal lavoro ma “su base volontaria” e con un meccanismo di incentivi.

Per quanto riguarda le pensioni, l’intenzione di Macron è che il minimo per le pensioni contributive sia al di sopra dei mille euro. Macron si è detto pronto ad “abbandonare” il suo piano di tagliare 120 mila funzionari pubblici (dei 5.5 milioni), una della sue riforme più impopolari.

Quando alla patrimoniale, la tassa abolita subito dopo l’arrivo all’Eliseo nel 2017 per migliorare l’appeal del Paese, ha difeso la scelta (“Non è stato un regalo ai ricchi”) ma si è detto pronto a riesaminare la scelta nel 2020.