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M5S nel caos dopo documento post elezioni, Grillo e Casaleggio furiosi

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ROMA (WSI) – “Grillo può dare le dimissioni solo all’anagrafe da se stesso”. Risponde così Luigi Di Maio in merito alle ipotesi di addio di Grillo dopo le Europee. “Io – ha spiegato Di Maio – non immagino un Movimento Cinque Stelle diverso da quello che è. Certo si evolve sempre, ora nel Parlamento europeo emergeranno nuove figure, come già avvenuto con i parlamentari. Ma restiamo una comunità fatto da consiglieri regionali, parlamentari, attivisti, Beppe Grillo, Casaleggio e i parlamentari europei”. (ANSA)

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Alle critiche per l’alleanza con Nigel Farage, ora si aggiungono quelle sulla gestione dell’intera campagna elettorale del Movimento 5 Stelle, così come l’hanno voluta Beppe Grillo e Giandomenico Casaleggio.

Ad alzare la tensione alle stelle, ieri mattina, una fuga di notizie da Montecitorio, con cui sono stati resi pubblici i contenuti di un documento che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere riservatissimo, elaborato dallo staff comunicazione del gruppo penta stellato alla Camera. In cui, sostanzialmente, si propone un radicale cambio di marcia rispetto alla linea imposta dal gotha milanese, immaginando invece un massiccio investimento, in termini di comunicazione, sulla televisione, un cambio di strategia nella selezione dei parlamentari, la presentazione chiara di una squadra di governo.

«Il voto del 25 maggio non è stato tanto pro-Renzi o pro-Pd, nonostante le percentuali bulgare, quanto contro il MoVimento 5 Stelle e lo spettro della paura costruito finemente ed efficacemente per portare, quindi, tutti gli elettori in un alveo di sicurezza, rappresentata da Renzi», è l’analisi contenuta nel report, secondo cui «la chiamata alle armi contro la forza del male (riproduzione del modello anti berlusconiano) è riuscita, tanto è vero che a sinistra, invece di esultare per un risultato mai ottenuto, hanno invece tirato un sospiro di sollievo (la Repubblica è salva) o inveito contro il grillino sconfitto». Perché? «Non siamo da governo. Ciò che i parlamentari hanno percepito è stato l’atteggiamento di sfiducia nei loro confronti. Seppur elogiati per il loro impegno, i parlamentari del M5S non sono ancora percepiti come affidabili.

Si ritengono poco concreti (la battaglia sul 138 l’hanno capita ben poche persone). Mancano di umiltà e a volte sono percepiti come saccenti», è la spiegazione proposta dall’analisi. Il documento, presentato ai deputati martedì sera, è andato ad aggiungersi alla relazione di Silvia Virgulti, tv coach dei parlamentari, in cui avrebbe attribuito la responsabilità del fallimento elettorale a Grillo e Casaleggio, e all’uso disinvolto di temi come quello della vivisezione o dei tribunali del popolo. Critiche che hanno fatto andare su tutte le furie i fedelissimi del vertice penta stellato, e il responsabile comunicazione di Palazzo Madama, Rocco Casalino, avrebbe fatto capire che Grillo e Casaleggio, non l’hanno presa bene: quelle tesi sono all’antitesi del pensiero grillino sull’uso della tv e poi farebbe fare una figuraccia al Movimento.

E mentre Grillo si trasferiva a Bivona, «per una vacanza», i suoi parlamentari si confrontavano a muso dure in due distinte assemblee alla Camera e al Senato. Benzina sul fuoco delle polemiche per il dialogo con l’Ukip: se ieri il professor Aldo Giannulli, dal blog di Grillo ne escludeva le dimissioni, auspicando per il movimento «una immagine più ricca e collegiale», alle critiche di Giulia Sarti, si sono aggiunti i tweet di Aris Prodani, «l’alleanza con Farage è #dabrivido», e di Eleonora Bechis secondo cui il populista britannico è «uno speculatore finanziario». Aria da espulsioni, insomma, come confermato da Roberta Lombardi. Anche se il secondo round è stato rinviato a dopo i ballottaggi.

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“Abbiamo trasmesso energia sì, ma ansiosa e fatta percepire dai media e dagli altri competitor come distruttiva”. E’ il passaggio più duro, quello che riassume il senso del documento “di autoanalisi” prodotto dallo staff comunicazione del Movimento 5 Stelle dopo il risultato elettorale. “Intro”, “Fuori”, “Dentro” e “Possibili soluzioni” sono i titoli dei quattro capitoli del dossier. Un testo molto duro e sorprendente, che prova sostanzialmente a rispondere a due quesiti: dove abbiamo sbagliato e come possiamo rimediare”. Il testo mette in discussione scelte di comunicazione, a partire dall’hashtag #vinciamonoi: “E’ stata una scelta paradossale che ha prodotto un effetto perverso”. Il dossier, a quanto si apprende, avrebbe mandato su tutte le furie Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Il documento va infatti in direzione opposta a quella indicata dai due co-fondatori del movimento. Anche perché durante la riunione, c’è stato anche chi ha attaccato direttamente i due leader.

Ma sotto la lente di ingrandimento è andata soprattutto l’immagine dei parlamentari stessi: “Ciò che i parlamentari hanno percepito – si legge – è stato l’atteggiamento di sfiducia nei loro confronti. Seppur elogiati per il loro impegno, i parlamentari M5s non sono ancora percepiti come affidabili. Mancano di umiltà e a volte sono percepiti come saccenti”. Un altro elemento critico interno – scrive lo staff – riguarda il “non-lavoro sulle preferenze”. I candidati degli altri partiti “hanno agito coi metodi della vecchia politica raccogliendo consensi personali anche col porta a porta. I nostri candidati erano sconosciuti e non averli esposti mediaticamente ha fatto sì di creare un’onta di incertezza (quando non di sospetto) su di loro”. Non solo, lo staff consiglia “di rafforzare quantitativamente e qualitativamente l’attività legislativa” con l’assunzione di “consulenti preparati” per rafforzare gli uffici.

Ma non solo. Il problema degli italiani è che hanno bisogno di un punto di riferimento forte. “Gli italiani in questa fase difficile hanno dimostrato di aver bisogno di affidarsi a un uomo forte (fattore che ciclicamente torna nella storia, da Mussolini a Berlusconi) e hanno bisogno di serenità. Renzi ha saputo trasmettere serenità costruttiva, mentre noi abbiamo trasmesso energia sì, ma ansiosa e fatta percepire dai media e dagli altri competitor come distruttiva”. “Renzi – si legge nel documento – è stato capace di lasciare il segno con un messaggio di novità, grazie al suo linguaggio e ai suoi toni. Renzi, volutamente, è apparso diverso dal suo stesso partito, un partito che non trascina, che non ha mai toccato le emozioni del paese. E Renzi lo sapeva pure. Noi abbiamo cercato di sovrapporre l’immagine del premier a quella del suo partito, il messaggio del ‘burocrate’, lui ha sempre giocato a disallinearsi, a discostarsi dal suo partito. Ciò – secondo l’analisi dello staff – ha permesso a Renzi di non subire le dirette conseguenze degli scandali giudiziari (vedi Expo), la gente ha pensato: ‘Ok, il Pd fa schifo, ma Renzi è un’altra cosa e sta cambiando pure il partito’”.

Il Movimento, comunque, “non è crollato” – si legge nel documento pubblicato da Public Policy -, ma Matteo Renzi ha stravinto, con percentuali senza precedenti”. Tra le criticità esterne che hanno portato i 5 stelle al 21% secondo il documento ci sono i mercati finanziari, le cancellerie europee, la comunicazione e i sondaggi dopati. “Una spia sempre importante da tenere sott’occhio sono i mercati finanziari”. Con la “preannunciata avantata del M5s nei sondaggi, è scattata la fuga dai mercati e l’innalzamento dello spread. Oggi, i ben informati, parlano di speculazione”. Inoltre, secondo lo staff “i leader europei” avrebbero fatto “pressione nei confronti di Renzi” in vista di una possibile vittoria dei 5 stelle. Infine, “l’elemento che più salta agli occhi è la voluta polarizzazione emotiva dell’elettorato”. Gli italiani “hanno dimostrato di aver bisogno di affidarsi a un uomo forte e hanno ancora bisogno di serenità. Renzi ha saputo trasmettere serenità costruttiva.

Il dossier parte proprio dalla strategia. “Perché l’hashtag #vinciamonoi – secondo lo staff guidato Nicola Biondo – ha avuto un effetto perverso. Si è creduto così tanto alla vittoria da aver spinto gli altri partiti a crederci e quindi a reagire con la chiamata alle armi. Generalmente le elezioni europee non hanno avuto un’importanza primaria. Sostenendo che si trattasse di un voto politico, sono stati spinti a dare il massimo”. Inoltre, “una vittoria percepita come sicura potrebbe aver demotivato qualcuno dei nostri che non è andato a votare”.

L’ufficio comunicazione M5s, nella sua analisi, propone anche una serie di soluzioni. “Uscire fuori” è il primo obiettivo: “Organizzare stati generali tematici, entrare nelle università, nei luoghi di lavoro e lasciar perdere le agorà”. Parole che arrivano nel giorno in cui il deputato Alessandro Di Battista rivendica proprio il ruolo delle agorà per l’impegno nella controinformazione. “Andare a presentare denunce – continua il documento – e proposte direttamente ai destinatari. Aprirsi, prendersi le piazze mediatiche degli altri”. Secondo lo staff comunicazione per far percepire l’affidabilità del gruppo “non si possono più fare solo denunce senza affiancare proposte e soluzioni”.

I parlamentari quindi “devono tornare a confrontarsi sui temi pratici e concreti” e farlo “in streaming” con gli elettori. Non solo, lo staff consiglia “di rafforzare quantitativamente e qualitativamente l’attività legislativa” con l’assunzione di “consulenti preparati” per rafforzare gli uffici. Lo stesso vale per la comunicazione. Il gruppo parlamentare della Camera – ricordano – “non ha speso ancora circa 1 milioni e 700 mila euro del budget destinato per il primo anno. Sarebbe il caso di impegnarlo proficuamente”. Se il Movimento punta al 51% “allora bisogna adeguare il messaggio” facendo ricorso “a strumenti appropriati (tv in prima istanza) e declinare il messaggio”. Infine, secondo l’ufficio comunicazione, “abbiamo dato un numero eccessivo di input, soffrendo la mancanza di coordinamento fra i vari produttori di notizie, ovvero la comunicazione della Camera, quella del Senato, il blog e Beppe Grillo. Paghiamo il fatto che spesso i compartimenti restano isolati l’uno dall’altro”.

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Investire sulla tv, cambio nel metodo di selezione dei parlamentari, presentare una squadra di governo. Sono queste le soluzioni che lo staff comunicazione del M5S in Parlamento suggerisce per uscire dalla fase di stallo dopo la sconfitta alle Europee. Le proposte sono contenute in un documento interno e riservato dei 5Stelle di analisi del voto.

“Il voto del 25 maggio non è stato tanto pro-Renzi o pro-Pd, nonostante le percentuali bulgare, quanto contro il MoVimento 5 Stelle e lo spettro della “paura” costruito finemente ed efficacemente per portare, quindi, tutti gli elettori in un alveo di “sicurezza”, rappresentata da Renzi”. E’ quanto si legge in un documento riservato del M5S che analizza il voto delle Europee.

[ARTICLEIMAGE] Jacopo Fo, onore al Movimento, ringraziare Grillo – Nel giorno dell’entrata in scena del ‘figlio’ di Gianroberto Casaleggio, arriva l’endorsement al M5s di un altro figlio di un sostenitore pentastellato come Dario Fo.

Nel suo blog ospitato dall’edizione on line de ‘il Fatto quotidiano’ Jacopo Fo scrive un post dal titolo eloquente,”onore al Movimento 5 Stelle”, e dall’incipit chiarificatore, “perché dobbiamo ringraziare Grillo”.

“Il web è pieno di ironie sui pentastellati: vinciamo poi. Ma se usciamo dalla miopia del momento e guardiamo a quel che sarà scritto sui libri di storia dobbiamo innanzitutto essere grati a questo gruppo di persone appassionate” scrive Fo.

Nel suo articolo traccia un’analisi anche di quello che è stato il risultato elettorale ma si invita anche il Movimento a “sviluppare l’arte della trattativa”. Oppure, argomenta, “può continuare a scegliere la via dell’intransigenza nell’attesa della vittoria finale. Gli resterà il merito di essere la forza che costringe la Casta a cambiare. Ma l’Italia che ne uscirà sarà peggiore di quella che potremmo avere se il M5S usasse il suo potere di mediazione. Perché, è triste ma è così, la politica non è l’arte delle azioni perfette, è l’arte del possibile”. (ANSA)