Società

LO SCANDALO
DELLA RC AUTO
ALLE STELLE

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C’e’ un governo; anzi, da quando l’assicurazione della responsabilità civile
per la circolazione dei veicoli è stata resa obbligatoria, di governi ce ne
sono stati molti e di diverse colorazioni politiche.

C’è poi una Autorità,
l’Isvap, che, figlia di quella obbligatorietà, dovrebbe controllare il
mercato della Rc-auto e tutelare gli «obbligati». E ancora, c’è l’Ania,
ossia l’associazione delle imprese di assicurazione, ossia aziende che si
trovano nella singolare posizione di essere fornitrici, in regime di autonomia
di impresa, di una copertura obbligatoria.

Eppure l’analisi più approfondita
e documentata che sia stata fatta finora sul mercato della Rc-auto in Italia
l’ha fatta l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Antitrust,
fornendo una base di approfondimento e di discussione sulla quale, finalmente,
questa annosa e intricatissima questione potrà essere avviata a soluzione.

Il problema non è semplice, tanto che neppure il documento dell’Antitrust,
pur essendosi guadagnato il primato della completezza e della chiarezza, è
giunto ad esplorarne tutti i meandri. Non è semplice perché il mercato della
Rc-auto è fatto da un’offerta che tutte le compagnie di assicurazione sono
libere di fare, a condizioni anch’esse libere, e da una domanda di fatto
obbligata, perché imposta dalla legge come condizione perché ogni veicolo a
motore possa circolare.

Ne discende che la dimensione del mercato non dipende
dal prezzo dell’assicurazione (se non molto indirettamente come componente di
costo generale per il mantenimento di un veicolo) per cui, non dipendendovi,
non c’è un interesse specifico della compagnia di assicurazione a mantenere
ridotto il premio per la copertura, né a diversificare l’offerta affinché
ciascuno possa trovarvi la formula più adeguata alle proprie esigenze (per
intenderci, chi fa pochi chilometri paga quanto chi ne fa tanti, chi usa
l’auto solo d’estate paga quanto chi la usa tutto l’anno, chi ha quattro
automobili paga per ciascuna come se avesse solo quella).

Su questa peculiarità del mercato – il prezzo può aumentare senza che la
domanda si riduca – ha speculato una catena di categorie: non solo le
compagnie di assicurazione, ma i loro agenti, i carrozzieri e le officine di
riparazione. E la concorrenza, dirà qualcuno? Perché una compagnia non
abbassa le proprie tariffe per portar via clienti a un’altra?

La risposta, per
quanto possa sembrare paradossale, è che sulla Rc-auto le compagnie
mediamente non guadagnano. I premi sono elevati a causa della catena che
abbiamo detto, delle truffe che nessuno ha interesse a perseguire con
determinazione, di indici di risarcimento delle invalidità più elevati che
altrove; insomma a causa di un sistema distorto alimentato, appunto, dalla
obbligatorietà dell’assicurazione dei veicoli.

L’interesse delle compagnie per la Rc-auto non è dato dalla profittabilità,
ma è indiretto, nel senso che l’obbligatorietà porta nelle loro agenzie la
quasi totalità della potenziale clientela di altri più liberi e più
remunerativi servizi: dalle polizze antinfortuni a quelle sanitarie, dalle
assicurazioni vita ai fondi comuni, con una integrazione tra copertura dai
rischi e servizi finanziari sempre più stretta.

Al punto che alcune compagnie
presenti sul mercato della Rc-auto giungono alla scelta strategica di uscirne
per concentrarsi su settori specializzati, e realizzano questa strategia
aumentando all’inverosimile i premi. Al risultato voluto di indurre i clienti
a disdire le polizze si aggiunge quello, forse voluto anch’esso, di accrescere
la confusione attirando l’attenzione su questi picchi anomali e facendo
apparire meno eclatanti di quanto non siano i rincari imposti sul vero mercato
della Rc-auto.

Sul piano propositivo, le indicazioni dell’Antitrust – per lo più mutuate da
Francia e Germania – potrebbero essere integrate da altre, volte a rafforzare
il legame tra la compagnia e i suoi clienti e ad ampliare la tipologia delle
coperture offerte.

In questa direzione merita considerazione anche l’ipotesi
di assicurare i conducenti (le patenti) anziché i veicoli, al fine di
ripartire più equamente il monte dei premi sugli assicurati in funzione della
loro effettiva rischiosità, e di favorire tipologie più differenziate e
personalizzate.

Si potrebbe pensare anche di responsabilizzare i titolari di
assicurazione di fronte ai danneggiati (con la compagnia che copre l’onere
dell’assicurato, anziché risarcire il danneggiato) in modo da ridurre le
truffe e stabilire, tra assicuratore e assicurato, una migliore e sinergica
conoscenza nell’interesse di entrambi, un po’ come avviene tra le banche e la
loro clientela.

Si può e si deve discutere perché i dati offerti dall’Antitrust confermano
una situazione non più accettabile, escludono ogni possibile scusante e
reclamano una sollecita risposta soprattutto da parte del governo e del
Parlamento per una seria riforma della legge sulla Rc-auto.

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