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L’illusione della bravura e la consulenza finanziaria

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L’articolo fa parte di un lungo dossier sulle competenze nella consulenza finanziaria pubblicato sul numero di aprile del magazine Wall Street Italia

di Paolo Legrenzi

Recentemente ho avuto a che fare con la progettazione di un museo dell’economia che possa avviare anche le giovani scolaresche, del tutto vergini di queste conoscenze, ai rudimenti della materia.
Ogni volta mi colpisce una cosa, e cioè il fatto che i musei dell’economia sono diversi dagli altri (ricordo quando ho visitato il museo del risparmio di Torino, unico in Italia). Credo d’aver frequentato tutti i musei della città dove sono nato e risiedo: sono più di trenta. Differenti tra loro, hanno tutti una cosa in comune: nel corso della visita ci si aspetta di imparare qualcosa, di capire meglio un aspetto della storia dell’arte, della cultura, della storia naturale, o anche della marina militare.

Questo non vale per un museo di economia perché tutti, anche i più giovani, si sono già fatti un’idea rudimentale di come funzionano i soldi. E molte di queste idee, consolidate poi dal senso comune, permangono stabili presso gli adulti.
Qui tratterò una di queste idee, quella più collegata all’ambito delle attività di consulenza finanziaria.
Più che di un’idea si tratta, se volete, di un pregiudizio, nel senso letterale di “un giudizio formato prima dei dati”, o forse anche di un’illusione di cui siamo inconsapevoli.
Si tratta dell’illusione della bravura (è collegata all’illusione della previsione che tratterò a fondo più avanti).

Consulenza finanziaria: l’illusione della bravura

L’illusione della bravura è basata sul credere che ci sia un esperto più bravo degli altri per risolvere un dato problema e che, quindi, sia meglio affidarsi a lui.  Normalmente non è un’illusione perché ci sono effettivamente idraulici, elettricisti, avvocati, architetti, sarti, e tanti altri tipi di esperti: alcuni sono più bravi di altri, anche se non sempre è facile scovarli e riuscire a rivolgersi proprio a loro. Più facile è dire quali siano gli sciatori e i tennisti più bravi: qui vengono redatte delle statistiche dettagliate delle gare vinte o delle posizioni raggiunte nei vari tornei. Se guardate queste classifiche non solo scoprite quali sono i più bravi. Vi accorgerete facilmente che in un intervallo di tempo anche lungo sono più o meno sempre le stesse o gli stessi: Gisin, Shiffrin e Vlhova, in futuro forse anche Liensberger, tra le sciatrici;  Djokovic, Nadal, Federer nel tennis. Magari questa mia classifica, fatta a memoria, non è proprio aggiornata. Comunque in cima alla classifica ci sono sempre le stesse campionesse o gli stessi campioni, quelli di cui tutti ricordano i nomi se appassionati di uno sport. Si possono contare sulle dita di una mano, e continuano a primeggiare per lungo tempo.

Nel campo dei risparmi e degli investimenti ci sono due classifiche analoghe. La prima è quella dei consulenti, ed è ai più ignota. Il criterio per posizionarsi in questa classifica è semplice, anche se per solito la graduatoria è riservata: il totale delle masse, cioè dei risparmi, affidati dai clienti a un consulente.
Tante più sono le masse affidate, tanto più un consulente ha avuto successo: è una graduatoria semplice che spesso non è nota ai clienti finali ma lo è sempre ai coordinatori di quel consulente.
La seconda graduatoria riguarda i gestori, e cioè le persone incaricate di costruire e seguire i prodotti finanziari, poniamo i fondi azionari.
Queste sono le graduatorie più note perché vengono pubblicate spesso dai giornali specializzati ma anche dalla stampa generalista nelle apposite sezioni: le classifiche dei più bravi e dei più ricchi interessano sempre il grande pubblico. In genere vengono pubblicate graduatorie che si riferiscono a una data precisa o a un intervallo temporale corto.

In effetti le persone sono abituate a pensare e a vivere all’interno di questi periodi temporali corti. Se però raccogliamo le graduatorie dei migliori, poniamo i migliori fondi azionari anno dopo anno, ci accorgeremo che le posizioni apicali in queste graduatorie cambiano molto di più di quelle degli sportivi. Al contrario di quelle dei consulenti che non sono pubbliche ma sono relativamente stabili, non soggette a mutamento, almeno se li classificate sulla base delle masse raccolte.
Il fatto è che non c’è un “più bravo” in assoluto, in tutte le circostanze. C’è il più capace ad adattarsi rapidamente e a cogliere l’ambiente di un dato momento, riuscendo magari a capire che in quel momento si è raggiunto un punto di non ritorno e riuscendo così ad anticipare i concorrenti. Potreste ovviare a questa sequenza di fotografie istantanee, anno dopo anno, facendo una graduatoria del successo dei fondi fin dalla nascita, così da avere una storia pluriannuale e un’amplissima finestra temporale. Ma anche in questo caso scoprite una cosa curiosa.

Consideriamo, per esempio, la lista statunitense dei migliori 25 fondi azionari: è la lista più ricca e consolidata del mondo finanziario. In prima posizione troviamo il Fidelity Growth Company, nato il 17 gennaio 1983. Da allora ha avuto un incremento medio annuo del 13,34%. Tale incremento è attribuibile alla bravura di un gestore superiore agli altri? In parte sì, ma è difficile dirlo perché ne ha avuti più d’uno. Perché è andato così bene, in media, per quasi quarant’anni? La causa principale è da attribuirsi in realtà al fatto che è sovra-pesato sul biotech e sulle tecnologie. Insomma è lo stile del fondo che ha contato. Se vogliamo continuare l’analogia con il tennis è come se un giocatore di tennis fosse l’unico a saper andare a rete e a fare bene il servizio, e mettessimo a confronto i suoi risultati con quelli di avversari che quando giocano non sanno scendere a rete o non sanno fare bene il servizio.
Questo fondo, per non raggiungere dimensioni eccessive e continuare ad avere successo, attualmente è chiuso a nuove sottoscrizioni. Questo crea un effetto “rarità” a beneficio di chi lo ha sottoscritto.
Il secondo in classifica è il Fidelity Select IT Services, nato il 4 febbraio del 1998. Anch’esso ha avuto un incremento medio superiore al 13% perché contiene tutti i campioni delle tecnologie, ragion per cui vale lo stesso discorso di prima. Il fondo dalla nascita ha avuto 11 gestori diversi e l’attuale c’è da circa un anno. Vince cioè lo stile del fondo, non il gestore/giocatore che sa scegliere i colpi migliori all’interno di un ventaglio di colpi aperto a tutte le opzioni.
Ovviamente quando i titoli tecnologici vanno male, e raramente capita anche a loro (e possono andare temporaneamente anche molto male come all’inizio del secolo), questi fondi non sono più per un certo periodo i primi nella graduatoria annuale. Crollano dalle prime posizioni e questo spiega la ciclicità di cui parlavo prima anche se in questo secolo sono quelli che hanno reso di più. Oscillare nella graduatoria dei fondi azionari migliori è il prezzo che si paga alla supremazia sui tempi lunghi. Si noti, tra l’altro, che questo fondo è nato proprio prima dello scoppio della bolla tecnologica dell’inizio secolo e comunque, col passare del tempo, ha prevalso per il settore a cui è stato dedicato.

L’illusione delle previsioni

In conclusione, tutto ciò dimostra che non c’è un gestore più bravo ma che alcuni gestori sembrano primeggiare sui tempi lunghi semplicemente perché si sono dedicati ai settori vincenti. Inoltre tutto ciò mostra quanto sia rilevante il ruolo del consulente nell’impostare il portafoglio del cliente, molto più dei gestori che costruiscono i prodotti. Tra l’altro si può, in linea teorica, fare a meno dei gestori se si comprano, tramite gli Etf, l’indice di un dato mercato o l’indice che raggruppa più mercati.
Ma non si può fare a meno dei consulenti finanziari perché le persone per solito hanno troppe distorsioni sistematiche, soprattutto legate alle interferenze delle emozioni che rendono il “fai da te” impraticabile in quanto inconsapevolmente auto-lesionista. Queste considerazioni ci portano all’illusione delle previsioni. Noi non potevamo prevedere mezzo secolo fa o anche in periodi più recenti quali titoli di singole aziende sarebbero andati meglio sui tempi brevi. Ma potevamo prevedere che tutto un settore avrebbe beneficiato dei cambiamenti nei modi di vita. In campo finanziario, questo rende le previsioni specifiche e a breve termine molto difficili mentre premia le previsioni a lungo termine.
Se ci riflettete è l’opposto di quello che succede nelle previsioni sull’andamento del tempo. (Pioverà tra dieci minuti? Tra un’ora? Un giorno? Una settimana? E così via…). Oppure pensate alle previsioni sulle prestazioni degli sportivi: più facili a breve che a lungo termine. Ma questa è un’altra storia su cui ritornerò più in dettaglio.