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Letta apre a ipotesi governo bis

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CITTÀ DEL MESSICO (WSI) – Un nuovo governo, volti nuovi nelle caselle chiave, un nuovo voto di fiducia. Con il passare dei giorni quello che nel gergo della Prima Repubblica si sarebbe dovuto chiamare rimpasto non riesce più. Gli equilibri sui quali era nato il governo Letta sono radicalmente mutati: Berlusconi è all’opposizione, il peso di Alfano e dei suoi è sproporzionato, alcuni ministri – tecnici e non – sono finiti nel mirino del nuovo corso renziano.

Poi c’è il caso De Girolamo, che rischia di travolgere come una valanga la maggioranza e di portarla dritto alle elezioni, uno scenario che – per primo il Quirinale – si cerca di evitare. Renzi e il premier hanno ormai entrambi chiaro che il «cambio di passo» – il mantra comunicativo di questa fase – non può essere solo una questione di programma. Per far camminare in fretta e bene le idee ci vogliono gambe forti e l’attuale esecutivo non sembra in grado di correre.

Qualche nostalgico dirà che l’unica soluzione possibile è una formula in voga nella prima Repubblica: un Letta-bis. Bruno Tabacci – fra quelli che difendono orgogliosamente quella stagione – lo definisce «un rimaneggiamento più ampio». Comunque lo si chiami, un governo in cui le caselle più importanti potrebbero cambiare volto. I bookmakers dei palazzi danno per certa l’uscita di Zanonato, Giovannini e De Girolamo, ma sarebbero in bilico anche Cancellieri, Saccomanni e la Bonino. In ossequio ai nuovi equilibri, Alfano potrebbe restare solo vicepremier e lasciare gli Interni, anche se non a Delrio, per il quale ora si vocifera un incarico da sottosegretario alla presidenza. L’equilibrio possibile è ancora tutto da definire. Ad esempio nel caso del Tesoro non è detto ci sia un politico con le caratteristiche giuste per apparire credibile agli occhi dei mercati. In ogni caso il Pd rivendicherà più visibilità. Basti dire che dei grandi ministeri di spesa oggi solo uno – l’Istruzione – è riconducibile a loro.

La definizione della nuova squadra non è una questione di ore. «Prima ci vuole l’agenda», dice Delrio. «Attendiamo la direzione del Pd di giovedì, poi discuteremo di come aggiornare la squadra di governo» dicono dallo staff di Letta. Nonostante Renzi continui a punzecchiarlo, il premier mostra calma olimpica, segno che fra i due c’è dialogo. «Ho fiducia in Renzi, i problemi del Paese vengono prima di quelli personali», fa sapere dai suoi collaboratori. Del resto, aggiunge Delrio, «i due non devono essere amici ma risolvere i problemi del Paese».

È probabile che tutto avvenga di qui a fine mese. Dopo la direzione ci sarà l’ultima messa a punto di «Impegno 2014» che Letta illustrerà in Parlamento. L’appuntamento potrebbe coincidere con l’annuncio di nuovi ministri e un voto di fiducia. «Vedremo come gestire tutti i passaggi», spiegano da Palazzo Chigi.

Che non ci sia alcuna fretta lo dimostra la decisione del premier di non rinunciare alla visita di Stato qui in Messico, la prima da quasi 25 anni. Ieri Letta, accompagnato dalla moglie, si è preso persino una giornata di riposo. Di prima mattina era a messa nella chiesa della Madonna di Guadalupe, poi alle piramidi di Teotihuacan. Oggi si vedrà con il collega Enrique Peña Nieto, suo coetaneo e protagonista di riforme che hanno permesso al Messico di crescere del 3,4% in un trimestre.

Renzi ripete ossessivamente – e a ragione – che «non c’è tempo da perdere», che per l’Italia ogni giorno perso è una chance in meno per riprendersi dalla stagnazione. Ma lui stesso è consapevole che quella delle elezioni può essere solo un’arma finale, e che prima di usarla occorre approvare le riforme che la gente aspetta da anni. Spiega uno dei fedelissimi: «Se firmiamo un buon patto di coalizione allora c’è spazio per porre le basi della Terza Repubblica.

Per Renzi è allo stesso tempo un atto di responsabilità e di generosità: invece di incassare il voto delle primarie, il suo bagaglio di consenso è a disposizione di un altro anno di governo». Un anno per cambiare la legge elettorale, superare il bicameralismo e il titolo quinto della Costituzione, quelle maledette regole che hanno minato la capacità dei governi di prendere decisioni senza subire i veti del più piccolo dei Comuni.

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ROMA (WSI) – Alla messa a punto della nuova agenda di governo potrà seguire anche un rimpasto della squadra dei ministri, ma la permanenza al ministero dell’Economia di Fabrizio Saccomanni non dovrebbe essere messa in discussione, in quanto garanzia di credibilità in Europa.

Lo dice in un colloquio con ‘Il Messaggero’ il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini.

Saccomanni, finito al centro delle polemiche per la questione degli scatti salariali agli insegnanti e il caos sulla tassazione sulla casa, era stato criticato anche da parte della nuova dirigenza del Partito democratico guidato da Matteo Renzi.

Intervistato ieri sempre da ‘Il Messaggero’ Saccomanni aveva parlato di attacchi gratuiti, assicurando la sua volontà di restare.

“Alla fine di questo percorso [riforma legge elettorale e nuovo programma] i partiti della maggioranza diranno al premier come la pensano. Poi si potrà, sulla base di quello, non mi scandalizzo, anche rinnovare la squadra”, afferma Franceschini.

Per Franceschini, tuttavia, Saccomanni resta una garanzia al ministero dell’Economia, essendo “la persona che più ha dato credibilità in Europa al nostro governo, e sappiamo quanto sia importante. Quindi non credo proprio che qualche errore gestionale del suo ministero possa mettere in discussione una della garanzia del governo in Europa”.
(Reuters)