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“Le Grandi dimissioni”: fenomeno cresce anche in Italia, che cosa è

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La pandemia ha profondamente trasformato l’organizzazione del lavoro delle azienda: si pensi per esempio al ricorso massiccio allo smart working. Ma ha anche dato origine a quel fenomeno che al di là dell’Atlantico è stato ribattezzato come “The Great Resignation”, ovvero le grandi dimissioni.

Le Grandi Dimissioni, che cosa è

Sono mesi ormai che, negli Stati Uniti, le dimissioni continuano ad aggiornare record: secondo i dati del Dipartimento del lavoro Usa, a novembre 2021, negli Stati Uniti, 4,53 milioni di lavoratori si sono licenziati. La decisione di dire addio al posto di lavoro non è motivata solo da questioni economiche.

Con l’aumento del carico di lavoro e la difficoltà di trovare un equilibrio tra vita privata e occupazione durante i vari lockdown, molti professionisti hanno iniziato considerare non più sostenibile il proprio stile di vita. La pandemia ha finito dunque per mettere sotto riflettori la qualità della vita al di sopra di quella che un lavoro poco gratificante può offrire, indipendentemente dalla remunerazione.

Non è un caso che, sempre negli Stati Uniti, si parli sempre più spesso di Yolo Economy: “You only live once”, ovvero si vive una volta sola. Insomma, i lavoratori dipendenti sembrano dunque meno disponibili a lavorare se le condizioni imposte non rispecchiano i loro valori. Questo  soprattutto tra i più giovani, quelli che hanno tra i 18 e i 25 anni.

E in presenza di una ripresa della domanda di lavoro, non è escluso che un numero sempre maggiore di persone occupate lasci la propria occupazione stabile per un’altra che presenti prospettive migliori. Uno studio McKinsey ha recentemente rivelato che il 40% dei lavoratori ha intenzione di cambiare professione nei prossimi mesi.

Fenomeno in crescita anche in Italia

Il fenomeno delle Grandi dimissioni non riguarda solo gli Stati Uniti. Milioni di persone in tutto il mondo stanno pensando di lasciare il proprio lavoro. Italia compresa.
Lo scorso ottobre, in un’analisi pubblicata su La Voce info, Francesco Armillei, assistente di ricerca presso la London School of Economics e membro del think-tank Tortuga, ha calcolato tra aprile e giugno 2021,  484 mila dimissioni su un totale di 2,5 milioni di cessazioni. Si parla di un +37% sul primo trimestre del 2021, +85% sul 2020 e +10% sul 2019.
Un fenomeno successivamente confermato dai dati del Ministero del Lavoro che, in un’analisi per il periodo che va dal 1 aprile al 10 novembre, ha comunicato che le dimissioni volontarie sono pari a 1.195.875 , con un aumento del 23,2% rispetto al medesimo periodo del 2019.

Questo fenomeno rischia di tradursi in un forte aumento delle spese per l’azienda. Secondo uno studio pubblicato su “Organization Science”, il costo stimato di un dipendente perso che guadagna 8 dollari l’ora si traduce in perdite per l’azienda che vanno da 3.500 e 25.000 dollari. Questi costi includono le spese di assunzione, il lavoro di formazione, il lavoro non portato a termine in attesa della sostituzione e la minore produttività.