Società

Laici: “Per quale motivo siamo importanti in Italia”

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Critica Liberale – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Nella caotica situazione politica attuale permane un’assenza: quella dei laici.
Si potrebbe ritenere il problema dell’esistenza di una rappresentanza politica dei laici un aspetto secondario e persino superfluo nell’attuale contesto, eppure mai come in questo momento dei laici ci sarebbe bisogno.

Certamente per capire le ragioni di questa affermazione bisogna prima definire chi siano i laici.

Intanto non sono soltanto coloro che chiedono con fermezza la netta separazione tra sfera religiosa e sfera pubblica, che tengono ben ferma la distinzione tra peccato e reato e che propugnano il rispetto delle diverse opzioni etiche.

Ancor più e forse prima di questo, sono coloro che ritengono che la direzione di una società non sia indipendente dalla somma dei comportamenti dei singoli.

Non sembri un concetto così scontato: il secolo scorso è stato dominato in questo paese (e non solo) da visioni politiche che hanno sempre attribuito la responsabilità dei processi storici o al disegno divino o alle leggi scientifico/economiche: in entrambi i casi si è volutamente deresponsabilizzato l’individuo rispetto alle scelte pubbliche.

La diseguaglianza, la mancanza di libertà, l’assenza di giustizia prescindevano dall’azione umana in primo luogo dei singoli e dovevano essere ricercate altrove, con l’ulteriore conseguenza che per risolvere o attenuare il disagio della condizione umana, era sufficiente la vittoria nel conflitto finale tra bene e male o la radicale modifica dell’organizzazione economica. L’essere umano, quindi, scompariva come soggetto attivo, restando il mero destinatario di eventi in qualche modo sottratti al suo quotidiano controllo. La colpa era sempre altrove e il comportamento individuale non aveva un peso tale da far pendere la bilancia.

Non sarà un caso se è sempre stato difficile scalfire da un lato la sprezzante considerazione della classe dirigente per il cittadino come minus habens e se, dall’altro, quel cittadino minus habens vagheggi sempre un uomo della provvidenza, un unto del signore che risolva ogni problema.

Per i laici è sempre stato vero il contrario: l’agire umano anche nel quotidiano non è mai stato estraneo alla vita e allo stato della società. Il comportamento individuale è essenziale per il perseguimento della giustizia, dell’uguaglianza e della libertà.

La laicità chiama all’assunzione di responsabilità individuale come parte di una responsabilità collettiva che plasma e trasforma le nazioni e l’intera comunità umana. Nessuna azione è quindi estranea al contesto in cui viviamo, per piccola che possa essere e sembrare.

La concezione della libertà dei laici risente – e non potrebbe essere altrimenti – di questo sfondo ideale. Con il limite del rispetto della libertà e della dignità altrui, tutte le opzioni etiche sono egualmente legittime e meritevoli di rispetto. Non esistono quindi, scelte di vita di serie B e, di conseguenza, non vi è posto per scelte di vita di serie A meritevoli di maggior considerazione e tutela, per quanto grande sia il numero delle persone che le condividono.

La visione laica, perseguendo la costante assunzione della responsabilità individuale come parte essenziale del destino collettivo, è cosciente dello stretto legame che intercorre tra i cd. diritti sociali e i diritti civili, poichè non possono darsi scelte libere – nei limiti in cui ciò è concesso agli esseri umani dalla loro propria condizione – sotto la spinta del bisogno materiale e della miseria morale.

Allo stesso tempo non ha necessità di una visione dogmatica delle scelte, ma, piuttosto di una visione pragmatica: politiche, azioni, sistemi economici e politici sono buoni nei e con i limiti in cui garantiscono la realizzazione degli obiettivi che la visione laica intende realizzare. Nel momento in cui non garantiscono lo scopo e addirittura si trasformano in un ulteriore fattore di disuguaglianza e ingiustizia debbono essere diversamente regolamentati e persino abbandonati.

La distinzione tra fini e mezzi è quindi essenziale nella visione laica della politica, che per tale motivo non può accettare i comodi libretti di istruzioni in voga in altre visioni politiche, ispirate a sistemi dogmatici e comunque riferite a entità in qualche modo trascendenti.

Ecco, quindi, che proprio in questo momento la necessità di una rappresentanza dei laici è quanto mai impellente: difficile sostenere che non sia giunto il momento di fare i conti con le conseguenze che la sottovalutazione e l’indulgenza nei confronti di comportamenti individuali hanno portato nella vita collettiva, unitamente all’accettazione dogmatica e cieca di un modello di sviluppo e di crescita economica che privato di ogni concorrenza (per quanto inaccettabile essa fosse), ha perso ogni remora e ogni decenza, assecondando esclusivamente l’avidità dei singoli.

Non bisogna mai dimenticare che la visione laica è marcata da una forte e necessaria tensione morale, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere da chi ritiene che possa esistere una laicità buona e una cattiva. La laicità è e basta, senza aggettivi. Non promette premi e non minaccia punizioni, non evoca giardini lussureggianti, paesi dei balocchi, fuochi eterni o gelo senza fine in un’altra dimensione, ma richiama costantemente alla necessità di essere parte di una medesima dimensione umana e di considerare ogni atto come un contributo al destino comune.

Quasi ogni visione politica è nata dalla volontà di combattere e diminuire quella parte della sofferenza umana che i mezzi della politica possono affrontare, ma poche sono consapevoli della necessità di una costante assunzione di responsabilità del singolo.

I laici sono sempre stati tacciati di eccessiva austerità, ma il frinire delle cicale oggi sta lasciando il posto a urla e lacrime. L’esito dovrebbe farci riflettere e cambiare. Che piaccia o no, questo è un programma politico che può e deve essere realizzato da una organizzazione politica che non sia disponibile a compromessi. E’ arrivato il momento di costruirla.

Si può obiettare che lo spazio laico è già occupato da qualche sigla, di scarso peso elettorale. Ma si tratta, per l’appunto, di mere sigle, ormai svuotate di vitalità. E’ innegabile che la diluizione in altri partiti o raggruppamenti sia stata, dopo la scelta del bipolarismo, anche una necessità, ma di questa necessità si è fatta sin troppa virtù.

Il risultato è che dietro la sigla non c’è più slancio, visione, tensione: in questo contesto non potranno essere le vecchie sigle a raccogliere la sfida della rappresentanza laica che pure oggi più di ieri può aggregare e contribuire a cambiare non solo il nostro Paese.

C’è, però, una condizione essenziale affinché lo spazio laico possa essere riconquistato: che i laici sappiano mettere in discussione anche sé stessi, recuperando generosità e abnegazione. Questa mancanza – e non certo l’austerità – è il nostro più grave difetto.

Copyright © Critica Liberale. All rights reserved