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La7 a De Benedetti? Ma no, andra’ semmai ai signori di via Solferino

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Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Milano – Quando tre anni fa arrivò a La7, Gio­vanni Stella fece subito capire co­me stavano le cose: «È una tv di fighetti» che per di più bruciava milioni su milioni. Cosa ti combina dunque Stella, che tutto è tranne che un fighetto? A una settimana dalla scon­­fitta delle elezioni ammi­­nistrative di Silvio Berlu­sconi annuncia che La7 è in vendita. E fa di più, an­zi troppo per una società che in fondo resta pur sempre quotata e sogget­ta alle limitazioni infor­mative che prevede la Consob. Di­ce ai quattro venti che in­tende cede­re il 40 per cento e che ciò avverrà entro la fine dell’anno. Dopo un pa­io di giorni non smenti­sce, ma par­la di «ipotesi di lavoro». Insomma, conferma. A questo pun­to dobbiamo fare un pas­so indietro, e occorre che ci seguiate, perché la tra­ma, come vedrete, è inte­ressante e ci porterà al Corriere della Sera.

La7 è della Telecom, og­gi e per i prossimi tre an­ni, guidata da Franco Ber­nabè. A sua volta la Tele­com è controllata da un trio di poteri forti italiani: Mediobanca, Generali e Intesa. A cui si associano gli spagnoli di Telefoni­ca, incastrati in Telecom perché pensavano di por­tarsela tutta a casa, ma che oggi si trovano con un titolo che vale meno della metà rispetto a quando lo acquistarono.

Mentre la Telecom vi­vacchia, stretta tra i debi­ti ereditati dal passato e la concorrenza spietata di Vodafone che le ha ruba­to il primato sui telefoni­ni, improvvisamente la sua La7 inizia a brillare. I conti stanno miglioran­do, i concorrenti (tra cui Mediaset) si sono messi paura e il titolo (un terzo di La7 è infatti quotato in Borsa) fa faville. Una ma­gia. Diciamo la verità, se per la grande Telecom Bernabè fosse riuscito a fare ciò che Stella ha fatto per la piccola La7, oggi qualche cen­tinaio di mi­gliaia di pic­coli azioni­sti dell’ex monopoli­­sta, brinde­rebbe. Ma questo è un altro discor­so. Ritornia­mo nel semi­nato.

Stella è riuscito a piazzare qualche bel colpo: uno in particolare. Ha preso a prezzi di saldo il numero uno dei Tg. En­rico Mentana non ha de­luso: ha incrementato gli ascolti e il suo prezzo da saldo si è rimpolpato. Tut­ti felici. Ma La7 non si è fermata e ha fatto capire di volere comprare tutto il comprabile sul merca­to: da Santoro a Fazio, dal­la Littizzetto alla Gabanel­li. Il titolo in Borsa avreb­be dovuto tremare, inve­ce guadagna il 20 per cen­to. L’umbro dalla barba rossa (Stella) e i mercati non sono né impazziti né ubriachi. La7 sta apparec­c­hiando la tavola per invi­tare una dama coi fiocchi. Tira fuori l’argenteria per portare a termine il corteggiamento. In finanza si dice: ha aperto il beauty contest. Che con la bellezza c’entra poco, e con i quattrini molto. Telecom infatti non ha un euro da spendere nella tv: e figuratevi voi se ce li ha per gli ingaggi d’oro.

La verità resta quella di Stella: La7 è in vendita. Ma la pista sulla quale ci ha condotto è quella sbagliata. Si è parlato infatti di un possibile interesse del gruppo De Benedetti. Naaaa . Ragioniamo per un momento insieme. Gli azionisti di Telecom e di La7 sono più o meno gli stessi di un altro grande gruppo editoriale, che peraltro è provvisto di tutto, tranne che della tv: la Rizzoli- Corriere della Sera. Vi sembra plausibile che l’azionista del Corriere e di La7 ceda la tv che sta rinascendo al suo principale concorrente? Certo dalle parti di via Solferino non abbondano i quattrini in cassa, ma lo stato di crisi è stato chiuso.

Prima o poi faranno qualche euro cedendo i periodici. E per di più le normative Antitrust hanno un tetto nel quale la Rcs rientra alla grande (il cosiddetto Sic prevede il divieto per i «giornalai» di comprare tv solo se fatturano più di due miliardi in Italia). Ai tempi di Paolo Mieli direttore del Corrierone si parlò a lungo di un possibile interesse per le tv di Telecom. E oggi quell’amore sembra riprendere corpo.

Sintetizziamo. Il numero uno della Telecom (Bernabè) e di La7 (Stella) si trovano tra le mani una televisione che fa acqua da tutte le parti. Mettono i conti più o meno in ordine. Inciampano in Mentana che fa capire loro come la fonte di perdite possa dare soddisfazioni. Vedono che Berlusconi (capo del governo e del principale competitor della loro tv) è in difficoltà. Gettano l’amo alle grandi e costose star della Rai (Santoro e non solo). E confezionano il pacchetto, buono per un grande editore che abbia particolari caratteristiche: non sia presente nelle tv e sia dunque libero da vincoli antitrust. Et voilà.

La Rcs è lì pronta a essere il candidato numero uno. Resta qualche problemino. Il più evidente di tutti sono gli investimenti necessari per far decollare La7. La Rcs può fare uno sforzo per comprarla, ma dovrà mettere mano al portafoglio per crederci. Molti degli attuali azionisti di via Solferino sarebbero favorevoli a mettere finalmente la mani su una tv che conti. Ma non tutti. Se la dovranno vedere tra di loro. E poi c’è Berlusconi. Bernabè, fino a oggi è riuscito a mantenere un certo equilibrio con i palazzi della politica. Ma vi immaginate una La7 con Santoro in prima serata, e compagnia cantando, come verrebbe vista da Palazzo Chigi? Bene. Ma la scommessa è che l’inquilino del palazzo romano cambi.

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Milano – A casa di Carlo De Benedetti ieri saranno fischiate a lungo le orecchie. Dopo mille discussioni in famiglia sull’opportunità o meno di fare un’offerta di acquisto di La 7, avere visto ieri l’effetto–Michele Santoro a piazza Affari avrà rimesso tutto in discussione. La sola ipotesi di un trasferimento armi e bagagli dalla Rai alla stanza contigua a quella di Enrico Mentana del conduttore di Annozero ha messo le ali al titolo di Ti media, la società di Telecom Italia che controlla La7.

Ieri sono passate di mano 35 milioni di azioni, pari al 2,4 per cento del capitale sociale, facendo lievitare i corsi del 17,56%. L’effetto Santoro sulla capitalizzazione di Ti Media è stato pari a 29 milioni di euro, cifra che da sola metterebbe fieno in cascina per qualsiasi trattativa. Ci sarà stata un po’ di speculazione, come sempre a piazza Affari e domani il titolo rimbalzerà indietro mangiandosi parte dei guadagni, ma quel che è accaduto ieri dimostra come intorno al terzo polo televisivo ci siano interessi reali.

Potrebbe ingolosire De Benedetti l’avventura, ma non sarà tutta in discesa.
Primo perché nel consiglio di famiglia non tutti sono d’accordo. Contrario ai rischi eccessivi dell’avventura televisiva il figlio maggiore dell’ingegnere, Rodolfo. L’esperienza finora vissuta non è stata entusiasmante. Il gruppo «Espresso» ha già una sua divisione tv. Gli impianti sono quelli acquisiti dalla vecchia Rete A, titolare di un canale analogico e due multiplex digitali.

In onda è stato messo prima il canale All Music e poi quello di Deejay Tv, che unisce il brand a quello dell’omonimo circuito radiofonico di proprietà. Finora l’attività televisiva del gruppo De Benedetti si è svolta in perdita (nel 2010 per 7,9 milioni di euro), anche se il fatturato non è così rilevante (18,3 milioni di euro). Pensare di acquisire La7 farebbe entrare in tutt’altra dimensione (nel 2010 262,8 milioni di ricavi e 46,1 milioni di perdita netta), sbilanciando fortemente il gruppo. In più secondo le norme antitrust della legge Gasparri recentemente prorogate, nessun editore di più di un canale televisivo nazionale può avere un quotidiano.

Era stata scritta per chiudere la porta a Silvio Berlusconi e per vietare alla Mondadori l’acquisizione di un quotidiano. Ma è il classico caso di una norma contro-personam che può anche funzionare a livello generale. Siccome De Benedetti ha più di un quotidiano (Repubblica e la rete Finegil) e già un canale tv, non può acquisire altre tv. Per farlo dovrebbe vendere o il quotidiano o Rete A. Più probabile questa ultima, anche se non sembra avere un grandissimo mercato. Fatto questo, ci sarebbe un secondo problema: De Benedetti non può acquisire Ti Media, perché al suo interno ci sono due canali tv nazionali (La7 e Mtv).

Quindi dovrebbe svuotare una società quotata in borsa acquisendo solo un ramo di azienda (quello di La7), e i tempi inevitabilmente sarebbero biblici. Forse la via più rapida sarebbe quella di una scissione societaria di Ti Media, con due titoli quotati uno solo per La7 e uno per Mtv e le attività internet (con appeal assai scarso). Terzo ostacolo sulla strada di De Benedetti: Franco Bernabè, che forse è tentato di vendere, ma non è detto che voglia vendere proprio all’ingegnere…

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