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LA STRATEGIA PERSIANA DEL BUSINESS ITALIANO

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(WSI) – Il duello delle ambasciate è cominciato ieri
mattina a Teheran con un centinaio di giovani,
ragazzi e ragazze, che hanno sfilato sul marciapiede
davanti alla sede diplomatica italiana. Innalzavano
cartelli con l’immagine di Edoardo
Agnelli e scritte in inglese: «È stato ucciso», «Figlio
dell’Islam».

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In serata, invece, davanti all’ambasciata
iraniana a Roma si sono riunite centinaia
di persone per la fiaccolata promossa dal
Foglio, cui hanno aderito diverse forze politiche,
dai Ds alla Margherita ai partiti del centrodestra,
e alla quale anche questo giornale ha
espresso solidarietà. Una protesta si è svolta anche
a Milano davanti al consolato dell’Iran. Ieri
sera in via Nomentana, bandiere
israeliane sventolavano
insieme al tricolore italiano
e alle bandiere arcobaleno
pacifiste.

Grandi assenti alla manifestazione
di Roma
erano i ministri Fini e
Martino, insieme al
leader dell’opposizione
Romano Prodi. La frattura
italo-iraniana dopo le dichiarazioni di
Ahmadinejad sulla «cancellazione» di
Israele sembra essere, se non ricomposta, tornata
dal terreno della piazza a quello della diplomazia
ufficiale. Ieri pomeriggio l’ambasciatore
iraniano a Roma Bahram Ghasemi ha incontrato
anche il leader dell’Unione. Poche
ore prima Prodi aveva pranzato con l’ambasciatore
israeliano Ehud Gol. Sempre ieri è
giunta la notizia, diffusa dal Time, che anche
Bahram sarebbe stato colpito dalla purga diplomatica
voluta da Ahmadinejad che negli
ultimi giorni ha coinvolto 40 diplomatici.

Quanto al ministro degli Esteri, ha così spiegato
la sua assenza: «la mia presenza fisica potrebbe
determinare da parte iraniana conseguenze
lesive dei nostri interessi nazionali». Del
resto gli «interessi nazionali» in Iran non mancano
affatto: lo scorso luglio l’Eni ha investito 329
milioni di dollari nel giacimento petrolifero di
Darquain, nel Sud-est dell’Iran, diventando il
primo partner commerciale di Nioc, la compagnia
petrolifera iraniana. La Fiat ha firmato un
accordo con la Pars Industrial Developement
Foundation per l’apertura di uno stabilimento
che dovrebbe produrre 100
mila automobili all’anno (ma la previsione
è di arrivare a 250 mila).Teheran,
insomma, rappresenta il primo
partner nel Medio Oriente per diverse
imprese italiane, tra cui Montedison,
l’Edison gas (il territorio iraniano
gode del più grande giacimento di
gas nel mondo) e la Banca Nazionale
del Lavoro che ha siglato con la Bank Marzaki
Jonuhori un finanziamento di 100 milioni di dollari
per favorire le esportazioni di piccole e medie
aziende italiane a Teheran.
Legami commerciali importanti, per cui Roma
già in passato ha accettato di pagare un prezzo
diplomatico, infastidendo gli Stati Uniti.L’amministrazione
Bush ha infatti rinnovato l’Ilsa
(Iran-Libya Sanctions Act) che vieta investimenti
sul territorio degli Stati Uniti a qualsiasi azienda
che investa più di 20 milioni di dollari in Iran.

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