Società

LA NOIA
DEL PROLETARIO MONTEZEMOLO

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(WSI) – Luca Cordero di Montezemolo, attorniato da una piccola guardia scelta di suoi collaboratori gentile quanto decisa, si mette il cappotto, fa un cenno ai suoi e se ne va. Più o meno alle cinque della sera. Fassino non era arrivato nemmeno a metà della sua relazione che Montezemolo già sbadigliava. Uscendo, parla solo ai microfoni del Tg1. Di Fiat, naturalmente («Siamo assolutamente convinti dei nostri diritti e della validità della put option», dice alle telecamere). E su Fassino al terzo congresso dei Ds, dove il presidente di Fiat e Confindustria s’è presentato alla guida d’una “proletaria” Panda? Niente, neanche una parola.

Neanche il suo copilota, il suo vicepresidente e presidente di Bnl Luigi Abete, vuole commentare la relazione del segretario. Sarà perché, quanto meno, resta pur sempre il segretario del maggiore partito della sinistra. Montezemolo, comunque, non era seduto in prima fila, nel parterre de roi, come al decennale di An, ma in una platea stile levellers della rivoluzione inglese (quella di Cromwell) che l’organizzazione della Quercia aveva approntato per i suoi ospiti. Nessuno escluso. Il pacchetto di mischia di Confindustria si completava con il vicepresidente Ettore Artioli, che ha la delega per il Sud ed è rimasto fin quasi alla fine (ma anche lui ha parlato solo di Fiat).

Un po’ più su, seduti su sedie che non brillano per comodità, il duo ex Rai Tre Michele Santoro e Sandro Ruotolo, che confabulava con l’ex presidente di viale Mazzini e oggi deputato ulivista Roberto Zaccaria. Accanto a Montezemolo, invece, e da lui separati solo da poche scale la delegazione Uil, capeggiata dal segretario generale Luigi Angeletti. Angeletti, naturalmente, la relazione di Fassino l’ha sentita fino alla fine. Come il segretario della Cisl Savino Pezzotta, d’altronde, che però al Palalottomatica è venuto da solo e che, a dirla tutta, non vedeva l’ora di raggiungere la comunità di Sant’Egidio, a Trastevere, dove in serata prenderà parte a una preghiera e a una riflessione in comunità. Entrambi comunque, proprio come Montezemolo, al congresso Ds si sono presentati in qualità di ospiti, pur se illustri. Pezzotta, tra l’altro, si è seduto appena due sedie più in là del presidente della Camera Casini e del sottosegretario Gianni Letta e solo due file più su del vicepresidente di Forza Italia Tremonti. Un altro uomo politico dalla bocca cucita, sulla relazione di Fassino, per non dire dello stesso Letta che ai giornalisti diceva «Sono qui in veste di lavoratore e non di dichiaratore…».

Guglielmo Epifani, invece, era seduto in primissima fila, accanto all’intero stato maggiore della Quercia, tra i capogruppo di Camera e Senato Violante e Angius. Dietro di lui, mischiati ai delegati, l’intero stato maggiore della segreteria Cgil (Di Salvo, Cantone, Agnello Modica, Ghezzi, Casadio, Fammoni, Guzzonato e molti altri), appena una primissima fila più a destra, la stessa di Prodi, il suo predecessore alla guida della Cgil, l’attuale sindaco di Bologna Sergio Cofferati, che aveva detto: «Per la presidenza dei Ds voterò D’Alema».

Naturalmente, il primo commento a botta calda di Epifani, applaudito e omaggiato dai congressisti di affetto, strette di mano e sorrisi (ben più freddo l’atteggiamento dei delegati verso il Cinese…), è di favore e plauso, per Fassino (le poche cose che non lo convincono le rinvia, per una più attenta analisi, all’intervento che terrà al congresso sabato mattina): «La relazione contiene parole forti e radicali, c’è un’analisi del declino che è la stessa della Cgil, l’apprezzamento del lavoro fatto in questi mesi, dall’accordo con la Confindustria agli accordi territoriali, la sottolineatura dell’accordo unitario dei metalmeccanici e delle regole della democrazia». Epifani naturalmente apprezza anche il passaggio sulla legge Biagi fatto da Fassino rivendicandola come «battaglia propria fatta contro la precarietà», che ha invece provocato la reazione irata del sottosegretario al Welfare Sacconi.

A indispettire un po’ il segretario della Cisl, invece – che interverrà oggi a una tavola rotonda – il passaggio dedicato alla regolamentazione per legge della rappresentanza sindacale. «Contro questa ipotesi ci batteremo fino in fondo», replica secco Pezzotta: «La Cisl difende la sua storia, che è fatta di lotta per l’autonomia sindacale». Ma se Pezzotta giudica comunque «interessante e tesa a definire un profilo riformista per i Ds, oltre che ricca di attenzione per i problemi dell’economia» la relazione di Fassino, il segretario della Uil Angeletti tende a ridimensionare le parole di Fassino sulla rappresentanza sindacale: «L’importante è che siano i sindacati a dire quale legge è meglio fare», spiega. E aggiunge: «Condivido molto le parole del segretario specie quelle rivolte a sottolineare che in Italia è scoppiata una questione salariale, per i lavoratori, che lo stato sociale va riformato ma anche rilanciato e che per trovare risorse lo Stato deve combattere l’evasione fiscale». Direbbe Fassino citando Mitterrand, i riformisti non sono la destra della sinistra. Tanto meno sindacale.

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