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LA MINA CONDUIT

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(WSI) –
Un «condotto» verso il nulla. È
stato eloquente il titolo dell’Economist
sulla questione conduit,
che sta rubando la scena ai mutui
subprime americani. Se infatti in
Italia solo UniCredit presenta
uno small conduit fuori bilancio –
che secondo Morgan Stanley non
può destare preoccupazioni – in
Europa la pratica di nascondere
questi veicoli sembra essere molto
più diffusa.

Come afferma Mps «sarà probabilmente
ostico anche per le banche
centrali riuscire ad avere in
tempo reale un quadro preciso
dell’entità degli asset in circolazione
e dei soggetti coinvolti, trattandosi
di veicoli che non rientrano
nei bilanci bancari e quindi
non tali da offrire un adeguato livello
di trasparenza».

Alla fine di marzo, secondo Citigroup,
nei conduit europei erano
presenti oltre 500 miliardi di dollari
di Abcp. Il mercato globale
delle Abcp è stimato sui 1.200 miliardi.
Ma l’ingegneria non si è fermata
ai conduit semplici: la finanza
strutturata ha dato alla luce i
Siv, Structured Investment Vehicles,
simili ma con una leva maggiore,
utilizzati per arbitraggi.

Moody’s, a maggio, stimava i volumi
di alcuni dei maggiori Siv europei:
Solitaire di Hsbc possiede
attività per 17 miliardi di dollari
ed è esposto per il 70% ad asset
americani. Amstel di Abn, con un
volume di 14,9 miliardi di dollari,
presenta un esposizione a
Cdo/Cbo/Clo per l’84 per cento.
Una delle più attive in questo
mercato è Deutsche Bank. A marzo,
in un documento depositato
presso la Sec (la Consob americana),
Deutsche stimava un’esposizione
a perdite su prodotti strutturati
per 2,3 miliardi di dollari.

E pochi giorni fa si è rivolta per
la prima volta alla nuova «discount
window», aperta dalla
Fed per gestire la crisi, per un
prestito dall’entità imprecisata.
A Deutsche fanno riferimento tre
conduit (Bills, Rheingold e Rheinmain)
per un totale, secondo una
stima di Moody’s datata ottobre
dello scorso anno, di 12 miliardi
di dollari.
Secondo Domenico Picone, analista
di Dresdner Kleinworth, «se
il fermento sulla finanza strutturata
persisterà, è probabile che
molti conduit europei e americani
si troveranno a vendere i loro asset
per far fronte alle scadenze
delle commercial paper».

Oggi è
diventato difficilissimo trovare investitori
disposti a rifinanziare le
commercial paper. Per cui i veicoli
sono stati costretti ad appoggiarsi
sulle banche sponsor, alle quali sono
venute in aiuto le banche centrali,
chehannoaccettatocomegaranzia
titoli che non solo non avevano
acquirenti, ma che non erano
voluti neanche come collateral.
Oltre a essere in una crisi di liquidità,
siamo in una crisi di fiducia,
«anche di fronte ad asset con
rating molto elevato», che sta
«comportando la preferenza verso
approdi sicuri rappresentati
dai titoli governativi Usa e tedeschi», conclude Mps.

Sullo stesso tema leggere anche l’analisi di Antonio Cesarano:
PULIZIA ETNICA IN BORSA

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