Società

LA GUERRA
DELLA PUBBLICITA’

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) –
Passano i giorni ma la notizia continua a tenere banco nel mondo web, in quello della pubblicità e della finanza, fra le associazioni che si occupano di tutela della privacy. Stiamo parlando della decisione di Google di acquistare per 3 miliardi e 100 milioni di dollari Doubleclick, la società leader sul mercato dei banner pubblicitari e delle inserzioni a pagamento in Rete. Gli analisti – basandosi sui bilanci – stimavano il valore di Doubleclick in circa 700 milioni dollari, Microsoft per acquisirla aveva offerto ( pare) due miliardi. Google ha battuto tutti sborsando una cifra apparentemente del tutto sproporzionata al valore commerciale di ciò che andava a comprare.

Il problema è che, come sempre accade nel mondo degli affari, non bisogna mai fermarsi alle apparenze. “La mossa è geniale. Hanno messo le mani più o meno sul 50% del web” è il commento di Massimo Marchiori docente italiano di informatica e ricercatore del Mit ( Massachusetts Institute of Technology). Secondo Marchiori per “capire la notizia” bisogna considerare che stiamo andando verso la “fusione” di due grandi mercati pubblicitari precedentemente separati. Finora Google ha venduto spazi e inserzioni basandosi sulle attività dei propri prodotti e sulla navigazione nel suo motore di ricerca.

Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca sul
link INSIDER

Doubleclick invece ha lavorato per “conto terzi”, inserendo spazi promozionali nei siti che ne facessero richiesta. Insomma – fino ad oggi – se volevi utilizzare la Rete per promuovere i tuoi prodotti avevi davanti due diversi grandi fornitori cui rivolgerti. Da ora in avanti ce ne sarà uno solo. Si sta creando un nuovo gigantesco monopolio?

E’ questa la domanda che rimbalza fra gli operatori del Web, soprattutto quelli più interessati a una “dimensione aperta” e libera di Internet, quelli che temono che troppe “informazioni personali” riguardanti le nostre navigazioni finiscano in un’unica gigantesca banca dati. Già perché Doubleclick, proprio per la sua attività di soggetto che vende pubblicità, in questi anni ha raccolto moltissime informazioni sull’uso delle Rete, diventando anche una delle principali fonti per misurare il traffico e gli accessi e la redditività di un sito. Ha fatto insomma da grande “auditel” ( per fare un paragone con il nostro sistema televisivo) mondiale dei comportamenti informatici, dicendoci quali iniziative avevano avuto successo e quali invece erano fallite.

Contemporaneamente Google ha monitorato l’altro “canale di navigazione”, quello delle ricerche operate da ciascuno di noi sulla rete. La fusione comporterà una “conoscenza totale” da parte di un’unica società delle scelte fatte in Rete da ciascuno di noi con il proprio personale indirizzo Ip. “ Fino ad oggi la garanzia ci veniva dalla concorrenza fra società in competizione fra loro, potevi scegliere fra diversi motori di ricerca. Cosa accadrà adesso? E’ questa la domanda che i ricercatori si fanno.
E nessuno ha una risposta definitiva.

Sono inquieti anche i pubblicitari. Cosa accadrà al mercato? Che ripercussioni avrà l’apparizione di questo gigante (Google/Doubleclick) sui prezzi delle inserzioni?” Sono queste le domande che Marchiori propone all’attenzione dei cittadini. Certo è singolare, quasi uno scherzo del destino, che a lamentarsi per la “posizione dominante” acquisita da Google nel mondo informatico sia oggi persino Microsoft, la compagnia che negli ultimi vent’anni ha spadroneggiato in questo settore. Intanto gli avvocati di Google si preparano alle battaglie legali che sicuramente saranno ingaggiate con gli antitrust Usa ed europei. Molto dipenderà dall’attenzione che verrà sull’argomento dai media e dai comportamenti dei cittadini/navigatori. Si mobiliteranno in difesa di una Rete libera e plurale?

Copyright © La Rai News 24 per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved