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LA FED TAGLIA, L’EUROPA SPERA

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La Fed ha tagliato il tasso di interesse americano in modo salomonico. Solo un quarto di punto anziché mezzo punto, portandolo a un livello minimo: l’uno per cento, livello inferiore all’inflazione.

C’è chi teme che questo ribasso non sia sufficiente a generare stimoli adeguati, per sorreggere i primi passi di ripresa dell’economia americana. Ma la Fed non è così pessimista, e ricorda come gli effetti sulla domanda dei consumatori dei tagli fiscali di Bush debbano ancora intervenire. Inoltre il deprezzamento del dollaro è destinato a generare un aumento delle esportazioni americane. Queste sono favorite dal fatto che i prezzi interni non hanno risentito dell’impatto negativo che, solitamente, si determina quando una moneta si svaluta.

L’economia americana è in un certo senso protetta dalle fluttuazioni della sua moneta poiché molte materie prime sono fatturate proprio in dollari. Inoltre, la produttività del settore dell’alta tecnologia continua a svilupparsi. Una parte dei ribassi di prezzi, che fanno gridare alla deflazione, dipendono non da una domanda debole, ma da questi sviluppi.

Discorso simile vale per una parte del calo di occupazione. E’ perciò difficile giudicare con gli schemi tradizionali la situazione congiunturale degli Stati Uniti. D’altra parte, per stabilire se questo nuovo taglio di Alan Greenspan sia più o meno efficace bisogna attendere almeno sei mesi: quelli occorrenti per modificare le decisioni di investimento, in relazione al nuovo costo del denaro.

Nelle prossime settimane l’economia americana continuerà a dare segnali contraddittori: e lo avrebbe fatto anche se il tasso di interesse fosse stato tagliato di mezzo punto. Una sforbiciata di questa portata avrebbe però privato la Fed di un’arma di riserva residua, l’ultima pallottola o quasi della politica monetaria.

Una cosa è certa. Gli europei non si possono aspettare la soluzione dei propri problemi economici dagli Stati Uniti: tagli fiscali e riduzione dei tassi servono agli americani per evitare la recessione e consentire un recupero, non ad alto ritmo. Il benessere dell’Europa dipende dalla nostra capacità interna di crescita.

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