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La Fed non ha fretta di alzare i tassi, corre Wall Street

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NEW YORK (WSI) – I toni da colomba usati oggi dalla Federal Reserve hanno messo il turbo agli indici, che hanno virato in positivo non appena il mercato ha capito che la banca centrale americana non è impaziente di alzare i tassi di interesse pur avendo rimosso la parola “paziente”. Il governatore Janet Yellen ha comunque lasciato aperte le porte di una stretta monetaria, magari giĂ  a giugno ma per i trader il primo rialzo dei tassi dal 2006 si sposta piĂą avanti nell’anno.

Il Dow Jones ha recuperato la soglia psicologica dei 18.000 punti: l’indice delle 30 blue chip ha finito in rialzo dell’1,09% a 18.044,01, l’S&P 500 ha aggiunto l’1,21% a 2.099,38, il Nasdaq e’ salito dello 0,92% a 4.982. Il petrolio ad aprile ha interrotto la serie di sei sedute consecutive in calo archiviando un +1,2 dollari a 44,66 dollari al barile.

Nel comunicato della Federal Reserve al termine della riunione del Federal Open Market Committee, pur eliminando la parola “pazienza”, i governatori hanno sottolineato di ritenere come “improbabile” un aumento dei tassi gia’ nella riunione di aprile e in conferenza stampa la presidente Janet Yellen ha ulteriormente legato l’inizio della manovra sul costo del denaro a ulteriori miglioramenti del mercato occupazionale e a una “ragionevole fiducia” da parte del comitato direttivo in un ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo di lungo termine dell’inflazione al 2%.

Dopo che l’euro era rimasto in zona 1,065 dollari prima della pubblicazione del comunicato, la divisa comune ha poi e riconquistato di slancio quota 1,08 dollari e tratta a 1,0836 dollari, sui massimi di giornata.

Sulla scia di toni “dovish” della Federal Reserve, i Treasury hanno allungato il passo provocando il peggiore calo giornaliero per i rendimenti del decennale dallo scorso ottobre. Per il rendimenti del titolo a due anni e’ stato il piu’ amplio declino dal 2010. Il decennale ha finito all’1,945%, minimi del 6 febbraio.

Finora le aspettative di un rialzo dei tassi si sono tradotte in un balzo del dollaro, alimentando così i timori sull’impatto che il caro dollaro potrĂ  avere sugli utili della Corporate America. Intervistato da Bloomberg Patrick Spencer, vice presidente di Robert W. Baid & Co, a Londra, afferma: “Praticamente, il valore piĂą alto del dollaro ha portato gli investitori a scontare giĂ  parte degli effetti di un aumento dei tassi. (A nostro avviso) Yellen guarderĂ  all’apprezzamento del dollaro, alla debolezza dell’economia globale, e eliminerĂ  la parola “pazienza”, ma assicurerĂ  ai mercati che non alzerĂ  i tassi almeno fino a quando non sarĂ  necessario”.

Fatto sta che lo S&P, dopo aver piĂą che triplicato il proprio valore dal minimo nel 2009, si conferma tra i mercati azionari dei paesi avanzati peggiori del 2015. E non aiuta certo sapere che i clienti degli ETF hanno ritirato nel corso di questo trimestre $14 miliardi circa da Wall Street, facendo confluire nei mercati internazionali $29 miliardi e che, stando a un recente sondaggio di Bank of America, la percentuale di gestori di fondi che possiede la minore quantitĂ  di azioni Usa di quelle che compaiono negli indici benchmark globali sia al massimo dal 2008.

A livello societario, in forte calo Adobe Systems dopo che le stime sugli utili e sulle vendite del secondo trimestre si sono confermate inferiori a quelle del consensus degli analisti. Bene Oracle dopo che la societĂ  ha deciso di aumentare il dividendo. FedEx ha battuto le stime degli analisti con i suoi utili trimestrali mentre i ricavi hanno leggermente deluso così come le guidance per l’intero anno. Gli analisti tuttavia fanno notare che l’outlook del colosso delle spedizioni – considerato un barometro dell’economia Usa – è tradizionalmente cauto.

(Na-Mt)