Società

La casta del sindacato. Assegni mensili da capogiro

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Cerco studente che sia andato a le­zione da Sergio D’Antoni. Giuro: lo voglio trovare. Qualcuno me lo segna­­li, mi faccia scrivere o telefonare: vo­glio avere la prova che l’ex sindacali­sta della Cisl ha avuto una grande car­riera da professore, come la sua pen­sione lascia intendere. Eh sì: perché da quando ho scoperto che D’Antoni riceve dall’Inpdap un assegno mensi­le di 5233 euro netti (netti!) al mese (103.148 euro lordi l’anno) come ex docente universitario non mi do pace: voglio parlare con qualcuno che sia andato a lezio­ne da lui.

Qualcuno che si sia ab­beverato alle fonti di così costoso sapere. Se entro una settimana non lo trovo, sarò costretto a un gesto malsano: mi rivolgerò a «Chi l’ha visto?» e lancerò un ap­pello in Tv.

Guardando ieri la prima pagi­na del Giornale sui sindacalisti che diventano ricchi organizzan­do gli scioperi ho fatto un salto sulla sedia: alcune persone cita­te, infatti, non solo ricevono il già abbondante stipendio parlamen­tare ma ad esso uniscono una pensione maturata grazie alla mi­tica legge Mosca, quella che ha consentito a 40mila persone fra sindacalisti e dirigenti di partito di vedersi riconoscere con un col­po di bacchetta magica contribu­ti di fatto mai versati.

Privilegio su privilegio: lo vedete che a orga­n­izzare scioperi conviene davve­ro? I lavoratori no, loro ci perdo­no soldi e, in casi come questi, an­che la faccia. I loro capi, invece, ci guadagnano. In carriera. In bene­fit assortiti. E, di conseguenza, in conto in banca.

Prendete Franco Marini, l’ex presidente del Senato, una vita da democristiano, sempre lì a pe­dalare fra un vino d’Abruzzo e una dichiarazione in Tv. Ebbene a voi, leggendo il Giornale di ieri, sarà sembrato esagerato il com­penso mensile che si è assicurato difendendo gli operai: 14.557 eu­ro, che corrisponde per l’appun­to all’indennità da senatore. Ma per la verità non è quello il solo de­naro che riceve dalle casse pub­bliche: infatti egli percepisce an­che una pensione Inps di circa 2500 euro al mese, che gli piove in tasca dal 1991, cioè da quando aveva 57 anni. Merito della legge Mosca, che evidentemente se ne è sempre impipata dell’allunga­mento dell’età lavorativa chiesto ai cittadini comuni…

Fra l’altro, visto che si parla di di­fensori del popolo, ci sia permes­so di ricordare che della legge Mo­sca beneficia anche il compagno Cossutta: la incassa dal 1980, cioè da quando aveva 54 anni (avete presente il 1980? Tanto per dire: in Urss c’era ancora Breznev, a Sanremo Bobby Solo cantava «Ge­losia » e il capitano del Milan era Aldo Maldera…). Dal 2008, poi il compagno Cossutta ha unito alla pensione Inps maturata grazie al­la legge Mosca anche il vitalizio parlamentare (9604 euro al me­se).

E per non farsi mancare nulla al momento dell’uscita dal Parla­mento s’è assicurato anche la li­quidazione- monstre di 345mila euro, tutti in una volta. Un vero re­cord. Dimenticavo: la liquidazio­ne d­ei parlamentari viene chiama­ta tecnicamente «assegno di rein­serimento » o «assegno di solida­rietà». E, a differenza delle liquida­zioni dei normali lavoratori, è esentasse. Si capisce, con la solida­rietà bisogna essere generosi…

345mila euro di liquidazione. La pensioncina Inps grazie alla legge mosca e 9604 euro come vita­­lizio parlamentare: lo vedete? Pro­clamarsi paladini degli operai conviene. Salire sulle barricate de­gli scioperi è un affare. Infatti non c’è niente che renda in Italia come l’attività sindacale: fra Caaf, patro­nati, corsi di aggiornamento pro­fessionale, trattenute e balzelli va­ri Cgil, Cisl e Uil gestiscono ogni anno un patrimonio gigantesco, che fra l’altro viene amministrato con le stesse regole della cassa del coro alpino di Montecucco o della bocciofila di Pizzighettone.

Non esistono bilanci consolidati, non esistono organi di controllo. E per di più c’è la possibilità, gestendo quel tesoro, di diventare in un amen parlamentari, europarla­mentari o mal che vada presidenti della Regione Lazio… Non male, no?
A conti fatti organizzare sciope­ri è come fare bingo. Alle spalle dei lavoratori. In effetti: alla ricchezza dei sindacati (l’ultimo vero organi­smo della Prima Repubblica) si unisce la ricchezza dei sindacali­sti. Che, come si è detto, riescono ad accumulare prebende, inden­nità, stipendi, pensioni e benefici di varia entità.

Come quelli che ab­biamo citato qui, a cominciare na­turalmente dall’uomo che amava la Jacuzzi e i vestiti di Brioni, il sin­dacalista Sergio D’Antoni. Lui, in­fatti, come si è detto oltre all’inden­nità da parlamentare (14.269 eu­ro lordi al mese) incassa la pensio­ne Indpad da ex professore (5.233 euro netti al mese): ma sapete da quando la incassa quest’ultima? Da quando aveva 55 anni. E sape­te perché quella pensione è così al­ta?

Perché, grazie al meraviglioso meccanismo dei contributi figura­tivi, a 55 anni risultava pensionabi­le con 40 anni di anzianità. Tutto regolare, tutto a norma di legge. Si capisce. Ma a me resta il dubbio: l’ex sindacalista Cisl, non solo è stato un grande docente, come di­mostra la sua pensione d’oro. È stato anche un docente molto pre­coce. A 15 anni già saliva in catte­dra e insegnava. E allora è possibi­le c­he io non riesca a trovare nean­che uno che è andato a lezione da
lui?
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