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LA BORSA E’ SALITA IRREALISTICAMENTE TROPPO?

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(WSI) – In questi giorni sui mercati si respira un’aria di grande disorientamento, persino chi aveva previsto la ripresa delle Borse, a questo punto è un po’ spaventato. Prima sui mercati avevano tutti una paura terribile e vendevano qualsiasi cosa, adesso accade il contrario: si compra tutto e con grande entusiasmo.

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Ieri un operatore molto esperto mi ha confessato: da anni non ero cosi preoccupato. Mercati azionari che salgono da tre mesi con un’economia reale che non riparte, reazioni positive anche se i dati sulla disoccupazione Usa sono i peggiori da 25 anni, petrolio che continua a battere record su record, dollaro che sprofonda. Secondo me – dice sempre l’amico operatore – se nelle Borse non si danno una calmata, nelle prossime settimane rischiamo di fare prima o poi un botto terribile. E che soprattutto può tornare ad innescare quelle paure che oggi sembrano dimenticate.

Se invece le borse si ridimensionassero di un 10-15 per cento tutto sarebbe più sano e si potrebbe affrontare serenamente la seconda parte dell’anno. Quella che, mese più o mese meno, dovrebbe far vedere al mondo qualche spiraglio vero di ripresa. Ma, a parte il disorientamento dell’amico, cosa sta succedendo?

Partiamo dal dollaro, che sembra stia sorprendendo tanti. In realtà era prevedibile che il dollaro venisse progressivamente pilotato verso il ribasso dagli stessi americani. Sono infatti loro per primi che, potendo gestire una valuta che rappresenta molto della finanza mondiale, hanno interesse ad avere una moneta debole per attrarre masse di denaro, ogni giorno sempre più necessarie per sottoscrivere le loro emissioni. Ed infatti si vede che le emissioni, azionarie ed obbligazionarie di queste settimane, vengono coperte senza problemi. Anzi, con grande soddisfazione degli emittenti e della Fed che solo due mesi fa non sapeva come trovare soldi.

Come se non bastasse, il dollaro basso spinge le esportazioni e mai come ora gli Stati Uniti hanno bisogno di vendere loro merce all’estero. E’ chiaro che questo indebolisce le riserve di chi ha in pancia tanti dollari, però basta continuare a dire pubblicamente che il dollaro tornerà forte e almeno per il momento non si vedono incrinature su quel fronte. Il petrolio é invece chiaramente già travolto da fenomeni speculativi. Non ci sono ragioni per un barile a 70 dollari e infatti gli esperti lo danno presto in ribasso. O comunque in un range tra i 40 e i 60, che é un livello fisiologico di medio termine.

Venendo alle borse ed a questo inimmaginabile aumento del 45 per cento nel giro di poche settimane, le spiegazioni sono tre.

1) La voglia di riprendere un po’ di rischio equity era ed é tanta, specie a prezzi che – almeno in termini assoluti – sembrano attraenti, il rendimento delle obbligazioni prive di rischio é ormai bassissimo e la paura di “perdere un treno” é enorme. La prima ragione é in fondo il contraltare dei crolli forse eccessivi di gennaio e febbraio. Tutto veniva buttato via senza troppi ragionamenti. Le situazioni, specie delle banche, venivano drammatizzate, i prezzi crollavano. Però o il mondo é destinato a finire o le General Electric, qualche energetico, qualche farmaceutico o alimentare un futuro lo avranno, ed ecco che sono spuntate le eccezioni. Poi le eccezioni si sono allargate ed é iniziata una sorta di corsa all’equity.

2) La seconda ragione é evidente e riguarda sia i gestori professionali che i singoli. Quando si vede che i propri soldi rendono meno dell’uno per cento (nel reddito fisso) non puoi non cercare altre forme di investimento, sopratutto se far rendere i soldi é il tuo mestiere.

3) La terza forse é la più convincente: quanta gente si é fatta prendere dal panico che ha attraversato il mondo tra ottobre e febbraio? Tantissima. Però era panico, non ragionamento ed appena si é visto che il recupero (dei mercati) era robusto e che l’amico o il collega coraggioso comprava le Citicorp o le Unicredito ai prezzi di inizio marzo, in molti hanno temuto di essere un po’ troppo fifoni. E si sono accodati.

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