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L’Articolo 18 vale veramente 200 punti di spread?

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Roma – L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori vale davvero 200 punti di spread come sostengono i tecnici raccolti intorno al tavolo della riforma del lavoro? Se così fosse il governo avrebbe indubbiamente il dovere di procedere a una drastica riforma del mercato del lavoro, con o senza il sindacato, come annuncia in queste ore il Presidente del Consiglio Mario Monti.

Nessuno ha la sfera di cristallo, ma un pronostico è possibile se si guarda alla esperienza di altri Paesi. Ci ha pensato il gruppo di ricerca di Adapt (Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del Lavoro e le Relazioni Industriali), che ha indagato l’andamento dello spread in Spagna a seguito di una analoga riforma del mercato del lavoro presentata dal governo Rajoy come una svolta epocale nelle relazioni industriali e di lavoro.

Ebbene, come documenta lo studio redatto da Francesca Fazio e Emmanuele Massagli, la riforma spagnola del mercato del lavoro e’ valsa appena 6 punti di spread senza far registrare, ad oggi, ulteriori significative diminuzioni.

“Eppure – si legge nel report – quello spagnolo e’ stato un intervento incisivo e particolarmente aggressivo, come ha ammesso il Ministro dell’Economia De Guindos. Un intervento avvenuto in un contesto simile a quello italiano in termini di rigidità e dualismo nel mercato del lavoro.

“La prossima discesa – diceva Roberto Mania su Repubblica la settimana scorsa – passa, secondo il governo Monti, da un intervento netto e chiaro sul mercato del lavoro compreso l’articolo 18, perché questo può dare il segno della discontinuità e può “regalarci” – stando alle stime dei tecnici al tavolo del lavoro – altri duecento punti di affidabilità, quasi tornando alla situazione pre crisi”.

Anche la Spagna ha visto aumentare, sebbene meno che in Italia, il differenziale di rendimento tra i propri titoli decennali a 10 anni e quelli tedeschi in piena crisi. E’ pertanto interessante utilizzare la Spagna come banco di prova e verificare la reazione sul mercato finanziario all’indomani
dell’approvazione della riforma.

La riforma del mercato del lavoro italiano e, in particolare, l’eventuale cancellazione dell’articolo 18, rappresenta sicuramente un cambiamento importante, in grado di condizionare i mercati; tuttavia, secondo il report dell’ADAPT, “attribuire la discesa di 200 punti base dello spread all’intervento sull’articolo 18 pare eccessivo”.

Al di la’ dei mercati finanziari, l’economia reale impone la maggiore valorizzazione del lavoro e del capitale umano giovanili per ristabilire un percorso di crescita e inclusione. “Le similitudini fra Spagna e Italia continuano su questo fronte”, ricordano Fazio e Massagli: “In Spagna il tasso di disoccupazione giovanile è al 48%, in Italia 20 punti percentuali inferiore (28%), ma pur sempre molto preoccupante, soprattutto con riferimento alla disoccupazione relativa: il tasso di disoccupazione giovanile italiano è triplo rispetto a quello adulto.

“E’ quindi comprensibile che il focus delle riforme del lavoro nei due Paesi graviti attorno alla questione giovanile. La risposta spagnola è andata nella
direzione di diminuire la disparità fra giovani e adulti nel mercato del lavoro, riducendo il costo del licenziamento; quella italiana farà probabilmente lo stesso, assieme all’introduzione di un contratto
unico”.

L’esperienza tedesca, però, è quella che più di tutte indica la via per la maggiore uguaglianza fra giovani e adulti nel lavoro: la Germania è, infatti, l’unico paese ad avere tassi di disoccupazione giovanile e adulta quasi uguali (rispettivamente l’8% e il 7%). Vale allora la pena, come sottolineato oggi sul Corriere della Sera anche da Alesina e Giavazzi, investire sull’apprendistato a
patto che (come in Germania) sia realmente formativo e non volto ad ottenere forza lavoro a basso costo (come invece accade in Italia).