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L’ABUSO DEI DATI PRO FORMA RESTA UN PROBLEMA

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La stagione della pubblicazione degli utili da parte delle societa’ americane e’ appena terminata e gia’ risorgono le polemiche sulla correttezza degli utili pro forma.

Questi ultimi hanno la funzione di rendere confrontabili i risultati attuali a quelli passati ed escludono percio’ alcune operazioni straordinarie, come, ad esempio, le acquisizioni di altre aziende.

Le societa’ di Wall Street hanno pero’ cominciato a utilizzare indiscriminatamente gli utili pro forma, anche nei casi in cui non sarebbe stato richiesto, includendo o escludendo componenti straordinarie a loro piacimento, in modo da modificare i risultati e renderli migliori agli occhi degli investitori.

In alcuni casi dietro un utile pro forma si nasconde addirittura una perdita netta.
Questo ha finito per generere molta confusione tra gli investitori e gli stessi operatori di Wall Street, che non riescono piu’ a interpretare i risultati.

Un esempio del caos generato dall’abuso dei risultati pro forma e’ dato dal calcolo dell’utile medio dell’indice S&P 500 per il terzo trimestre.

Per gli analisti consultati da Thomson Financial/First Call sarebbe stato di $10,78 per azione.

Per la societa’ Standard & Poor’s, autrice dell’omonimo indice, sarebbe stato invece di $9,17 per azione.

Infine per la Sec (l’organo di vigilanza della Borsa americana), che usa i parametri contabili GAAP (General Accepted Account Principles = Principi Contabili Universalmente Accettati), e’ stato di $6,37 per azione.

Ovviamente, partendo da utili diversi, anche multipli come il P/E (rapporto prezzo/utili) risulteranno completamente differenti.

Un altro caso di abuso dei risultati pro forma e’ stato quello di Enron. La societa’ ha escluso dal risultato del terzo trimestre la performance di tre partnerships e $1 miliardo legato a un errore contabile di sette anni prima (destando non poche perplessita’), riuscendo in questo modo a registrare un utile in linea con le aspettative.

Il mese scorso, il presidente della SEC, Harvey Pitt, aveva gia’ affrontato il problema in un discorso all’Organizzazione del Certified Public Accountant (l’Organizzazione dei Commercialisti), sostenendo che “le pubblicazioni degli utili trimestrali e annuali sono ormai statiche e spesso obsolete e non sempre capaci di essere interpretate da sofisticati esperti, ancor meno da comuni investitori”.