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Iva: il regime dei minimi fa fatturare di meno

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Roma – Sulla Stampa di oggi Barbara D’Amico ci racconta cosa sta succedendo al regime dei minimi per le Partite Iva. Doveva servire per sgravare dal fisco chi stava cominciando una carriera da professionista, invece li costringe a fatturare di meno:

“Perché gli under 35 che aprono la loro prima partita Iva possono sì godere di agevolazioni fiscali realmente vantaggiose (volute dal governo Berlusconi e fatte proprie dai consulenti di Monti), a patto però che i compensi e i ricavi annuali non siano superiori ai 30 mila euro all’anno. Superando quella soglia di almeno il 50% tutti i benefici del regime (un’imposta sostitutiva unica dell’Irpef al 5%, la possibilità di mantenere questo status per almeno cinque anni, l’esenzione dall’Irap e nessun assoggettamento agli studi di settore) svaniscono per far posto al regime fiscale ordinario”.

I tecnici spiegano:

“Facciamo l’esempio di un giovane under 35 il cui reddito sia di 28 mila euro l’anno: con il regime dei minimi paga 1400 euro di tasse. Con il regime ordinario però, quello stesso reddito sarebbe tassato per quasi 6.960 euro», spiega Giorgio Razza dell’Associazione italiana dottori commercialisti. Anche se per pagare di più quel contribuente dovrebbe aver sforato i suoi introiti del 50%, il peso fiscale si fa sentire.

«E’ vero quando si dice che la differenza tra il regime agevolato e quello ordinario a volte è un abisso – continua Razza- Ad esempio, chi passa dai 15 ai 28 mila euro è fortemente penalizzato, inoltre bisogna tener conto della pressione contributiva che in questo calcolo non c’è».

Un reddito intorno ai 15 mila euro, infatti, sopporta in regime ordinario una pressione fiscale del 23% cui deve aggiungersi quella contributiva per la pensione del 27,72%. «In pratica la metà del reddito se ne va in tasse», conclude Razza.

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