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L’Italia è seconda in Europa nella classifica delle “Ipo mancate”

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L’Italia è seconda in Europa nella classifica delle “Ipo mancate”

L’Italia è il Paese europeo in cui si osserva il maggior numero di grandi imprese che decidono di non imboccare la strada della Borsa, dietro al solo Regno Unito.
Si tratta di un “listing gap” fatto di 2.911 imprese tricolore non quotate, contro le 3.524 britanniche e le 2.833 aziende tedesche. E’ quanto emerge da uno studio realizzato dalla consultancy Oxera per la Commissione europea.

A frenare le Ipo in Italia sarebbero due grandi fenomeni. Il primo, fa parte della tradizione imprenditoriale della Penisola: la forte incidenza della conduzione familiare, che, ai massimi livelli, si esprime in colossi come Ferrero e Benetton, entrambe non quotate in Borsa.
Il secondo fenomeno che frena le Ipo è meno noto: la crescente facilità di accesso ai capitari provenienti dal private equity. Il numero di società europee che ricevono investimenti di private equity è aumentato, infatti, del 21% fra il 2010 e il 2018, mentre la dimensione media degli investimenti è lievitata del 51% da 6,8 a 10,3 milioni di euro.

 

“In Italia è emerso un grave divario nelle quotazioni” potenziali, ma mai realizzate e questo fenomeno “sta aumentando”, ha commentato Reinder Van Dijk, partner di Oxera. “La società quotata in borsa è una figura in significativo declino in tutto il continente e, sebbene l’Italia non sia stata la più colpita, la crescita del mercato è piatta. Con i fondi di private equity che cercano di distribuire grandi quantità di capitale, i mercati pubblici si trovano ad affrontare un’intensa concorrenza da parte dei mercati privati per fornire capitale alle imprese“, ha aggiunto l’esperto.

Per incoraggiare le aziende a conduzione familiare a quotarsi Oxera suggerisce di abbassare la quota minima di flottante, attualmente fissata al 25% dell’azionariato in molti Paesi (in Italia è al 35% per il segmento Star, 25% per l’Mta, 10% per l’Aim). Questo provvedimento potrebbe diminuire il timore, diffuso presso questa tipologia di società, di perdita del controllo da parte della famiglia fondatrice.

Oxera, inoltre suggerisce di rimuovere gli ostacoli nelle regolamentazioni nazionali che impediscono l’emissione di due classi di azioni, laddove solo una delle due tipologie dà diritti di voto al possessore (e dunque di incidere sulle decisioni della società). In tal senso, il modello indicato è quello svedese, il cui mercato “ha un regime molto più flessibile verso l’uso di azioni a doppia classe”; in Svezia, inoltre si osserva “il più alto rapporto tra capitalizzazione di mercato e Pil in Europa, oltre ad aver registrato il più grande aumento netto delle nuove quotazioni dal 2010 al 2018”.