Economia

Italcementi ai tedeschi di Heidelberg. Quale il futuro dei dipendenti in Italia?

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ROMA (WSI) – E’ una delle principali società scambiate su Piazza Affari e leader del calcestruzzo made in Italy. Ma ora passa alla concorrenza straniera, esattamente tedesca. E’ Italcementi, ennesima azienda del made in Italy che passa in mani straniere: precisamente ai tedeschi di Heidelberg, che hanno raggiunto un accordo con Italmobiliare, la holding che fa capo alla famiglia bergamasca Pesenti, per rilevare la quota di controllo del 45%. Valore della transazione: 1,67 miliardi di euro.

Fibrillazione sui mercati, il titolo Italcementi che ha segnato un rally superiore a +52% oltre i 10,00 euro.

Stando ai termini della transazione, HeidelbergCement pagherà €10,60 per azione alla famiglia italiana Pesenti per acquistare la loro quota di controllo, per poi lanciare un’Opa allo stesso prezzo per azione, puntando ad acquistare il restante 55%, che è quotato in Borsa. Il prezzo ha un valore a premio del 71% rispetto al valore medio del titolo negli ultimi tre mesi di contrattazione.

Martedì Italcementi ha chiuso con un balzo +6,4% a €6,59.

Italcementi è il quinto produttore mondiale di cemento, dotato di una capacità produttiva superiore alle 60 milioni di tonnellate. Lo scorso anno, ha sofferto una perdita netta di €50 milioni, su un fatturato di €4,2 miliardi.

Le sinergie annuali che saranno create con l’accordo saranno di 175 milioni a partire dal 2018, stando a quanto ha riferito HeidelbergCement, che ha aggiunto che l’acquisizione darà vita al secondo maggiore produttore di cemento al mondo.

Stando a un rapporto Unimpresa (del 2014) pubblicato da La Repubblica, “a Piazza Affari gli investitori esteri hanno conquistato il 41,8% del totale delle azioni, per un valore superiore a 215 miliardi di euro”.

Di fatto, quattro società italiane quotate su dieci sono in mani straniere.

“Nell’ultimo anno le azioni italiane quotate in Borsa hanno visto crescere la capitalizzazione complessiva di 159 miliardi di euro nell’ultimo anno: da gennaio 2013 a gennaio 2014, il capitale delle spa quotate del nostro Paese è passato da 354,7 miliardi di euro a 514,3 miliardi in crescita di 159,5 miliardi (+45%). Mentre il 53% delle imprese (anche le non quotate) è controllato dalle famiglie, sul listino tricolore cresce il peso degli azionisti “non italiani”, che ora hanno partecipazioni di imprese quotate della Penisola pari a 215,1 miliardi, il 41,8% del totale. Predominante, seppur in leggera diminuzione, il peso delle famiglie nel capitale delle aziende (quotate e non) con partecipazioni pari a 893 miliardi, in aumento di 111,7 miliardi”.

HeidelbergCement, al momento quarto produttore mondiale di cemento, ha riportato lo scorso anno un giro d’affari di €12,6 miliardi. Attraverso l’acquisizione di Italcementi, il colosso tedesco proseguirà la sua fase di espansione nei mercati emergenti dell’Europa, in Nord Africa e in Medio Oriente.

I tedeschi pagheranno una combinazione di contanti e azioni per la partecipazione detenuta dai Pesenti che, attraverso la finanziaria Italmobiliare, deterranno alla fine una quota tra il 4% e il 5,3% del colosso che risulterà dalla fusione.

Inclusi i debiti, l’accordo valuta Italcementi a €7 miliardi.

Preoccupazioni sono state perà espresse dai sindacati. In una nota i segretari nazionali di FenealUil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, Fabrizio Pascucci, Riccardo Gentile e Marinella Meschieri hanno scritto: “L’accordo con il quale Italcementi ha ceduto il 45% del Gruppo ai tedeschi di Heidelberg ci preoccupa nel metodo e nel merito, e getta ombre inquietanti sul futuro della società e sul destino dei circa 3.000 dipendenti italiani”.

Ancora: “Il metodo è semplicemente da stigmatizzare perché tutta l’operazione è stata fatta tenendo all’oscuro le organizzazioni sindacali, non considerando quindi le più elementari norme di buone relazioni industriali. Ci chiediamo a questo punto a cosa servano i Cae (Comitati Aziendali Europei),creati proprio allo scopo di garantire lo scambio di informazioni fra i lavoratori all’interno dei gruppi multinazionali, per evitare comportamenti scorretti come questi”. (Lna)