Società

IRAQ, PIANGERE A OCCHI APERTI

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Andare avanti, tenere duro, non mollare, non lasciarsi intimidire, non dargliela vinta, come è sempre facile fare le guerre e fare i duri con le vite degli altri. “Se nella caserma di Nassiryah – mi scrive un lettore di repubblica. it – domani andassero a montare la guardia i politici che oggi invitano a non mollare e rovesciano inondazioni di lacrime sui caduti, sarebbero ancora così decisi a tenere duro?”. Vecchia storia questa, dei vecchi che mandano i giovani a morire per loro, degli strateghi e degli ideologhi da redazione e da ministero che compilano i loro tronfi piani, scrivono i loro editoriali, pronunciano i loro discorsi tonanti, e il mattino dopo consultano le statistiche dei caduti come fosse l’andamento della Borsa o delle quotazioni dei Bpt.

La “causa” è sempre giusta e non c’è mai stata guerra nella storia, neppure le più ignobili, che non sia stata presentata come una sacrosanta impresa, per la libertà, per la giustizia, per la Patria, per la democrazie, per il Dio vero, nessuna. Anche i soldati dell’Armata Rossa in Afghanistan distribuivano di giorno coperte e pagnotte alle gente affamata che poi abbatteva i loro elicotteri di notte.

Ma il difficile è piangere con gli occhi aperti, onorare il sacrificio, abbracciare le vedove e le madri, aiutare le famiglie (a proposito, le famiglie dei caduti avranno aiuti finanziari straordinari, soldi, maledetti soldi dallo Stato, per andare avanti ora che lo stipendio del maresciallo o del tenente non ci saranno più?) e poi subito dopo chiedersi a che cosa sia servito e a che cosa serviranno i futuri sacrifici inevitabili.

E qui si potrebbe dire, senza ricominciare daccapo la discussione sull’Iraq e questa guerra nella quale anche noi siamo impaniati, che un senso almeno la morte di quegli uomini ha avuto. Agli occhi del mondo, quel mondo che guarda i nostri soldati come simpatici comprimari ammirati soltanto per la loro capacità di cuocere sontuose spaghettate ovunque si accampino mentre gli Americani mangiano le porcherie d’ordinanza nella plastica delle razioni da campo (dichiarazione di un ufficiale americano al Washington Post) la strage irachena potrà servire almeno a spazzare via i luoghi comuni, le barzellette sui carri italiani che hanno solo la marcia indietro, sulle navi italiani che hanno il fondo di vetro per vedere dove è finito il resto della flotta, le leggende dell’Armata Sagapò,”I love you” l’esercito di dongiovanni baffuti più abile nell’inseguire le ragazze del posto che il nemico.

Come direbbe lo Shylock del Mercante shakespeariano, Nassiryah ha dimostrato che se feriti, sanguiniamo anche noi, se colpiti da una bomba, moriamo anche noi, se assaliti da un camion bomba, saltiamo per aria anche noi, come gli Yankees, i Brits e gli Iracheni. In questa guerra – che da ieri si deve chiamare guerra e non missione umanitaria o fiera di beneficenza perché quando ti sparano addosso è una guerra – abbiamo avuto anche noi il nostro “pugno di morti”, e più degli altri, perché in rapporto al numero di militari e Carabinieri sul campo, l’Italia ha ora avuto più perdite di America, Inglesi, Polacchi o Ucraini.

Abbiamo dimostrato, e della dimostrazione si sarebbe fatto volentieri a meno, che non abbiamo nessuna dispensa speciale, non godiamo di nessuna protezione automatica, soltanto per il fatto di essere Italiani e amati dalla popolazione, come abbiamo sentito ripetere con insistenza leggermente nauseabonda in tutti gli show televisivi in stile mamma del milite ignoto, perché basta uno su cento o su mille che non ti ami, perché tornino a casa 18, o anche più, bare.

Noi lo sapevamo già che i nostri soldati, Carabinieri in testa, sanno morire e lo fanno senza pensarci due volte, e per due soldi, quando il potere politico di turno permette a loro di combattere davvero le Mafie o devono misurarsi con il terrorismo interno. Ma il resto del mondo forse lo scopre adesso e quando Bush ringrazia Ciampi per il sacrificio degli orgogliosi e coraggiosi figli d’Italia, un permaloso potrebbe chiedergli, ma perché, Mister President, lo scopre adesso che i nostri figli possono essere orgogliosi e coraggiosi come sanno essere i suoi e come lei, imboscato dal papà durante il Vietnam, e renitente alla leva come Clinton, non è mai stato? E’ un complimento o un dubbio, quello che lei esprime, Mister President?

Se molleremo, se ce ne andremo, se non terremo duro, sarà per le stesse ragioni che inchiodarono i nostri disgraziati fanti e alpini sull’Isonzo a farsi massacrare dalle offensive dello sciagurato generale Cadorna e che invece spinsero le armate italiane a non immolarsi in massa nella guerra di Mussolini, sarà perché i nostri orgogliosi, coraggiosi e non fanatici soldati capiscono molto in fretta, con il naso dei fregati in troppe guerre, quando una causa è davvero giusta e quando invece serve soltanto le ambizioni, le fantasie e i disegni dei capetti.

Fino a quando i nostri Carabinieri e Bersaglieri (che non sono la stessa cosa, come credeva ieri la Cnn americana che descriveva il “caratteristico piumaggio” dei Carabinieri) crederanno di essere in Iraq per una ragione seria e vera, e non per soddisfare i teoremi di qualche invasato a Washington, continueranno a morire. E pure a mangiare meglio dei Marines.

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